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giovedì 21 gennaio 2016

"Antonio. Punto e a capo!" - diciottesimo capitolo


MADBALL!

 
- Antonio! Ti vogliono al telefono!
Mi alzo incuriosito dal divano per sentire chi c’è. E’ una giornata a dir poco super ultra barbosa.
- Ehi, cacchetta, che facevi?
Alzo gli occhi al cielo, riconoscendo la solita educazione di Lana, ma al contempo sono contento di sentirla. E’ l’unica con un po’ di brio fra quelli che frequento ora. Beh, in realtà la cerchia di amici si è un po’ assottigliata al momento, ma non stiamo tanto a sottilizzare.
- Guardavo la tv, ma niente in particolare. Facevo quello che manda la mamma fuori di testa: zapping furioso.
- Oddio, sei irrecuperabile!Tipico preadolescente annoiato e debosciato.
- Ma come parli?
- Non so, ho letto qualcosa in qualche giornalino di mamma … senti, vengo al dunque: mi servi per una partita di madball. Ci manca un giocatore.
- Madball? -
- Oddio, ma perché continuo a parlare con te? Madball? - ripete facendomi il verso - cosa essere? Io troglodita non sapere. Sei un poppante, d’altronde vai ancora alle elementari … Poche storie: scarpe da ginnastica, scendi al portone, passo a prenderti io.
- In macchina?
- Quale macchina? Mica ho la patente! In bici, no? Tanto è vicino, dobbiamo solo arrivare alla palestra della mia scuola. Hai dieci minuti per prepararti, a partire da cinque minuti fa!
Clic. Malgrado mi tratti in questo modo, Lana mi piace un sacco. M’infilo le scarpe all’istante.
- Mamma, vado a giocare a madball o qualcosa del genere – le dico affacciandomi alla porta di cucina. Lei è lì che lavora la pasta per il pane: è nel suo periodo “naturalista, biologico, torniamo ai vecchi tempi se vogliamo vedere i nuovi” ...
- Grazie al cielo! –fa, senza smettere di impastare – almeno ti schiodi da quella poltrona: ci hai fatto la forma! E dov’è che andresti?
- Solo qui alle scuole medie. Passa a prendermi Lana.
- Che nome strano … ma carino, no?
Alzo le spalle con noncuranza.
– Veramente non ci ho mai pensato … beh, lei di sicuro è strana e i genitori lo sono in genere, per definizione! - le rispondo, sgranando gli occhi.
- Molto spiritoso. Beh, perché non la inviti a fare merenda da noi un giorno? Potrei farvi la schiacciata o delle pizzette. Mi piacerebbe conoscerla: al telefono sembra così simpatica.
- Uhm … prima esercitati a fare la fornaia, poi vediamo … Ops! Suonano alla porta! Vado!
- Non fare tardi!
 
Non appena scendo nel cortiletto, Lana mi fa subito segno battendo il dito sull’orologio, come se fossimo in ritardo. Decido di ignorare la provocazione, per una volta.
-Senti, ma non è che ci sono i tuoi amici teppisti, lì fuori nel cortile? Mica avrei tanta voglia di litigare …- le dico, saltando il classico ciao.
- Ex amici, please … comunque tranquillo, nessuno ti darà più fastidio. Ho detto a tutti che sei il mio ragazzo.
- Coosa? Mi spaccheranno la faccia! Ma sei impazzita?
- No, non lo faranno. Perché sanno che sei figlio di un magistrato, che tua madre è nei servizi segreti e che ti fanno pedinare da alcune guardie del corpo da quando è successo il fattaccio …
- Ma non è vero!
- Certo … ma loro non lo sanno!
- Sei incredibile, io …
- Sì grazie, lo prendo come un complimento. Forza, sali pivello!
- Però quella faccenda dell’essere il tuo ragazzo … - le dico, mentre lei comincia a pedalare, traballando un po’.
- Beh? Che c’è? Mica ti dispiace, no? L’ho fatto per levarmi di torno uno della III C!
A questo punto fa una brusca frenata e si gira a guardarmi.
–Perché, ci sono problemi?
La sua faccetta mi scruta, impertinente, con la bocca serrata e gli occhi luccicanti pronti alla battaglia. E’ buffa, grintosa e … beh, anche molto carina, in effetti. Mica ci avevo mai pensato. Così salto giù dal portapacchi della bici e le vado vicino.
- Nessun problema. Solo ci sono due condizioni.
- Ah sì? Sarebbero? – chiede, guardandomi con condiscendenza.
- Primo: se sei la mia ragazza, preferisco essere io a portare te – le dico, mentre la faccio scendere gentilmente dalla bici – e secondo: non potrai più chiamarmi cacchetta, come fai di solito.
- Primo: un po’ vecchio stile, ma può andare. In effetti, è meglio se pedali tu. Secondo: mi sembra ragionevole.
- Ah, e poi devi farmi sapere se posso dire ai tuoi amici che vado ancora alle elementari.
- Beh, non credo che te lo chiederanno, dopotutto sembri più grande. Però puoi dirlo senza problemi. Sono un’anticonformista, io. Adesso poi va di moda il fidanzato più giovane …
- Allora è andata. Sei la mia ragazza.
- Beh, solo per finta, che credi! – fa lei, salendo in piedi sul portapacchi.
 
Quando arriviamo, non c’è ombra di nessun teppista, e passando per il giardino della scuola arriviamo alla palestra.
 
- Ragazzi, ho portato un novellino. Si chiama Antonio.
- Ehi, ma non è il suo ragazzo? – bisbiglia una.
- Già. E sembra pure carino, eh?
- Come ti butta, bello?- mi fa un tipo con un’enorme tuta da ginnastica, dandomi il cinque e stringendomi il braccio.
- Sì, beh, iniziamo le presentazioni – comincia Lana, vedendo che sono un po’ frastornato dall’accoglienza - Allora, questo qui è Rap. Il motivo del soprannome te lo lascio immaginare …
Per tutta risposta il tipo si mette a rappare un pezzo inventato da lui.
- Benvenuto fratello, questa scuola è un fardello, se non sai rappare, prova almeno a giocare, ah ah, mh mh -
- Sì, grazie Rap. Non so se hai indovinato, ma non è il primo della classe, anche se va benissimo a musica. Il Prof. adora il genere, dice che è una forma di poesia metropolitana e bla bla bla…
Gli sorrido per fargli capire che ho apprezzato e mi volto verso la ragazza vicino a lui.
- Questa è Lucinda, nemmeno lei un fulmine di guerra a scuola, ma mitica nello sport e nel fare i capelli.
- Tanto che m’importa? – risponde scuotendo la testa e facendo spallucce – quando finirò la scuola, andrò a fare la parrucchiera nel salone di mia cugina. L’ho detto anche ai prof., almeno mi passano senza fare tante storie …
- Lui invece è Einstein: genio in tutto, perfino nello sport – continua Lana, indicando un tipo che porta gli occhiali legati con l’elastico.
- Che ci devo fare? Mi viene naturale – ammette soddisfatto.
- E per finire lei è Tristana, contraddizione in termini. Per vendicarsi dei suoi genitori che le hanno dato un nome così assurdo, è quella più allegra di tutti! Infatti, si fa chiamare Gaia. Attento al fischio quando ride: potresti diventare sordo, quindi rispetta la distanza di sicurezza. Bene, ci siamo tutti. Sai di cosa si parla tesoruccio?
Con un gesto della mano mi mostra il campo.
- Come vedi è un campo da basket, con una rete da pallavolo. Ogni squadra deve cercare di fare canestro, che nel madball si chiama mango, e impedire che ce lo facciano gli altri fregandoci la palla. Rap? Qualcosa da dire?
- Sì fratello. Le cose migliori sono le mischie. Purtroppo però durano massimo otto secondi!
-Ma come si fa a oltrepassare la metà campo? – chiedo a Rap, per chiarirmi le idee.
- Semplice!  Basta lanciare la palla sopra la rete. Occhio anche ai falli. Dopo tre sei fuori, out, finito, kaputt. Ok?
- Appunto, vedi di non farti mandar fuori anche stavolta, eh Rap? Si gioca al meglio dei tre set. Dai, facciamogli vedere il bloccaggio.
- Ok fratello. Guarda me e impara. Se ti bloccano, occhio che non ti sollevino da terra: è PROIBITO, OK? E se ti buttano in terra, che è comunque irregolare, puoi sempre tirargli …
- Sì va bene, penso abbia capito – taglia corto Lana -se ti bloccano, o difendi la palla o la passi a un compagno. Niente sgomitate, strattonate, calci, eccetera. E la palla è questa, dolcezza.
- Ehi Lana, ma dov’è che l’hai trovato un tipetto così carino? – le chiede Lucinda, ridacchiando e passandomi ai raggi X.
- Nelle patatine … andiamo, non perdiamo tempo ragazzi – risponde Lana, asciutta.
- Fai la sbruffona ma si capisce che sei cotta come un fegatino. Non è vero, ragazzi? Voi che dite?
Lana le assesta una manata, ma diventa tutta rossa.
– Piantala di dire scemenze o ti rapo i capelli a zero, parrucchiera dei miei stivali!
- Certo che sei sempre aggressiva, eh? Soprattutto quando ho ragione – sghignazza Lucinda - Va bene, meglio giocare. Rap, facciamo squadra insieme a Gaia? Lasciamo Einstein al novellino e a Lana.
A parte le battutine, che m’imbarazzano, ma che mi divertono comunque, questi ragazzi sono davvero simpatici! E poi Lana è così sciolta che anch’io, che di solito sono timido, non ho nessuna paura di fare la figura dell’imbranato e mi butto nella mischia del gioco. Semplicemente ci provo. Ogni tanto Rap mi richiama all’ordine, perché faccio qualche errore, ma non m’importa. Siamo qui solo per divertirci e fare una bella sudata. E la cosa migliore è che posso finalmente scaricare l’enorme energia che sento dentro e che spesso non so come buttar fuori. Fra un set e l’altro scherziamo sui difetti degli altri e sul punteggio, ma tutto è fatto senza quella competizione esagerata che ti leva il gusto dello sport. Quando Einstein fischia la fine del terzo set vorrei solo ricominciare. Incredibile, ma questo pomeriggio il cervello non mi ha frullato nemmeno un po’ ed è la prima volta dopo tanto tempo.
- E allora testolina? Ti sei divertito, eh? –mi fa Lana, con gli occhi scintillanti – sei sudato come un cinghialotto.
- Lo so. Sembro una fontana, vero?
- Bleah, sei disgustoso – Lana strabuzza gli occhi e fa una boccaccia, ma mi passa lo stesso la mano nei capelli.
- Allora che te ne sembra? –mi fa Gaia, facendo un sorriso e scoprendo degli enormi dentoni.
- E’ la cosa più divertente che abbia fatto da un pezzo!
Si guardano l’un l’altro per un attimo e sembra che si parlino senza aprire bocca.
–Se è così sei in squadra, novellino – mi dice Lucinda, a nome di tutti.
- Cioè?
- Dobbiamo sostituire un ringambone, che all’improvviso ci ha dato buca. Ci manca un ragazzo in squadra, altrimenti niente campionati a giugno.
- Beh, veramente ho appena cominciato – rispondo, sentendo dentro una felicità e un entusiasmo sconosciuti da tempo - fino a stamani non sapevo nemmeno cos’era il madball …
- Sei tu quello giusto, fratello! Sei in gamba. Veloce, scattante, sveglio – continua Rap.
- Ma sono solo …
- Solo? – mi fanno in coro.
- Beh, sono solo alle elementari – rispondo, cercando di non sprofondare.
- Beh, ma non ci sono regole così ferree- spiega Einstein - e poi a settembre andresti comunque alle medie, no? Che vuoi che sia: mese più, mese meno …
- Allora ok. Insomma … mi piace un sacco … se per voi va bene …
Poi mi prende un dubbio e non riesco a fare a meno di chiedere.
- Ma chi era il ringambone?
- Oh, solo il “guerriero” - mi fa Gaia, con noncuranza.
- Chi? – rispondo sgranando gli occhi - Ma non si chiamava così quel bulletto che ….
La risata di Gaia mi stende, mentre tenta di controllarsi. Dopo una partenza con un fischio assordante tipo sirena, continua a essere scossa dai singhiozzi fino alle lacrime, mentre cerca di continuare a parlare.
- Scusa novellino, è solo che hai fatto una faccia così buffa! Prima sembravi un semaforo da quanto eri rosso … poi sei sbiancato di colpo! Comunque tranquillo, stavo solo scherzando. Non era il “guerriero”! Era un mio compagno di classe, che non potrà più giocare finché non avrà voti più decenti. E’ una lotta dura fra lui e i suoi genitori!
- Ah, mi sento meglio! 
 
Mentre io e Lana torniamo a casa in bici, penso che oggi il mio quaderno con le api custodirà finalmente le confidenze di una giornata speciale. Spero sia solo l’inizio di tante pagine piene di sorrisi … ah, e la prossima volta magari mi faccio insegnare da Rap qualche altro bloccaggio efficace … non si sa mai!