MADBALL!
- Antonio! Ti vogliono al
telefono!
Mi alzo incuriosito dal
divano per sentire chi c’è. E’ una giornata a dir poco super ultra barbosa.
- Ehi, cacchetta, che
facevi?
Alzo gli occhi al cielo,
riconoscendo la solita educazione di Lana, ma al contempo sono contento di
sentirla. E’ l’unica con un po’ di brio fra quelli che frequento ora. Beh, in
realtà la cerchia di amici si è un po’ assottigliata al momento, ma non stiamo
tanto a sottilizzare.
- Guardavo la tv, ma
niente in particolare. Facevo quello che manda la mamma fuori di testa: zapping
furioso.
- Oddio, sei
irrecuperabile!Tipico preadolescente annoiato e debosciato.
- Ma come parli?
- Non so, ho letto
qualcosa in qualche giornalino di mamma … senti, vengo al dunque: mi servi per
una partita di madball. Ci manca un giocatore.
- Madball? -
- Oddio, ma perché
continuo a parlare con te? Madball? - ripete facendomi il verso - cosa essere?
Io troglodita non sapere. Sei un poppante, d’altronde vai ancora alle
elementari … Poche storie: scarpe da ginnastica, scendi al portone, passo a
prenderti io.
- In macchina?
- Quale macchina? Mica ho
la patente! In bici, no? Tanto è vicino, dobbiamo solo arrivare alla palestra
della mia scuola. Hai dieci minuti per prepararti, a partire da cinque minuti
fa!
Clic. Malgrado mi tratti
in questo modo, Lana mi piace un sacco. M’infilo le scarpe all’istante.
- Mamma, vado a giocare a
madball o qualcosa del genere – le dico affacciandomi alla porta di cucina. Lei
è lì che lavora la pasta per il pane: è nel suo periodo “naturalista,
biologico, torniamo ai vecchi tempi se vogliamo vedere i nuovi” ...
- Grazie al cielo! –fa,
senza smettere di impastare – almeno ti schiodi da quella poltrona: ci hai
fatto la forma! E dov’è che andresti?
- Solo qui alle scuole
medie. Passa a prendermi Lana.
- Che nome strano … ma
carino, no?
Alzo le spalle con
noncuranza.
– Veramente non ci ho mai
pensato … beh, lei di sicuro è strana e i genitori lo sono in genere, per
definizione! - le rispondo, sgranando gli occhi.
- Molto spiritoso. Beh,
perché non la inviti a fare merenda da noi un giorno? Potrei farvi la
schiacciata o delle pizzette. Mi piacerebbe conoscerla: al telefono sembra così
simpatica.
- Uhm … prima esercitati a
fare la fornaia, poi vediamo … Ops! Suonano alla porta! Vado!
- Non fare tardi!
Non appena scendo nel
cortiletto, Lana mi fa subito segno battendo il dito sull’orologio, come se
fossimo in ritardo. Decido di ignorare la provocazione, per una volta.
-Senti, ma non è che ci
sono i tuoi amici teppisti, lì fuori nel cortile? Mica avrei tanta voglia di
litigare …- le dico, saltando il classico ciao.
- Ex amici, please …
comunque tranquillo, nessuno ti darà più fastidio. Ho detto a tutti che sei il
mio ragazzo.
- Coosa? Mi spaccheranno
la faccia! Ma sei impazzita?
- No, non lo faranno. Perché
sanno che sei figlio di un magistrato, che tua madre è nei servizi segreti e che
ti fanno pedinare da alcune guardie del corpo da quando è successo il fattaccio
…
- Ma non è vero!
- Certo … ma loro non lo
sanno!
- Sei incredibile, io …
- Sì grazie, lo prendo
come un complimento. Forza, sali pivello!
- Però quella faccenda
dell’essere il tuo ragazzo … - le dico, mentre lei comincia a pedalare,
traballando un po’.
- Beh? Che c’è? Mica ti
dispiace, no? L’ho fatto per levarmi di torno uno della III C!
A questo punto fa una
brusca frenata e si gira a guardarmi.
–Perché, ci sono problemi?
La sua faccetta mi scruta,
impertinente, con la bocca serrata e gli occhi luccicanti pronti alla
battaglia. E’ buffa, grintosa e … beh, anche molto carina, in effetti. Mica ci
avevo mai pensato. Così salto giù dal portapacchi della bici e le vado vicino.
- Nessun problema. Solo ci
sono due condizioni.
- Ah sì? Sarebbero? –
chiede, guardandomi con condiscendenza.
- Primo: se sei la mia
ragazza, preferisco essere io a portare te – le dico, mentre la faccio scendere
gentilmente dalla bici – e secondo: non potrai più chiamarmi cacchetta, come
fai di solito.
- Primo: un po’ vecchio
stile, ma può andare. In effetti, è meglio se pedali tu. Secondo: mi sembra
ragionevole.
- Ah, e poi devi farmi
sapere se posso dire ai tuoi amici che vado ancora alle elementari.
- Beh, non credo che te lo
chiederanno, dopotutto sembri più grande. Però puoi dirlo senza problemi. Sono
un’anticonformista, io. Adesso poi va di moda il fidanzato più giovane …
- Allora è andata. Sei la
mia ragazza.
- Beh, solo per finta, che
credi! – fa lei, salendo in piedi sul portapacchi.
Quando arriviamo, non c’è
ombra di nessun teppista, e passando per il giardino della scuola arriviamo
alla palestra.
- Ragazzi, ho portato un
novellino. Si chiama Antonio.
- Ehi, ma non è il suo
ragazzo? – bisbiglia una.
- Già. E sembra pure
carino, eh?
- Come ti butta, bello?-
mi fa un tipo con un’enorme tuta da ginnastica, dandomi il cinque e
stringendomi il braccio.
- Sì, beh, iniziamo le
presentazioni – comincia Lana, vedendo che sono un po’ frastornato
dall’accoglienza - Allora, questo qui è Rap. Il motivo del soprannome te lo
lascio immaginare …
Per tutta risposta il tipo
si mette a rappare un pezzo inventato da lui.
- Benvenuto fratello,
questa scuola è un fardello, se non sai rappare, prova almeno a giocare, ah ah,
mh mh -
- Sì, grazie Rap. Non so se
hai indovinato, ma non è il primo della classe, anche se va benissimo a musica.
Il Prof. adora il genere, dice che è una forma di poesia metropolitana e bla
bla bla…
Gli sorrido per fargli
capire che ho apprezzato e mi volto verso la ragazza vicino a lui.
- Questa è Lucinda,
nemmeno lei un fulmine di guerra a scuola, ma mitica nello sport e nel fare i
capelli.
- Tanto che m’importa? –
risponde scuotendo la testa e facendo spallucce – quando finirò la scuola,
andrò a fare la parrucchiera nel salone di mia cugina. L’ho detto anche ai
prof., almeno mi passano senza fare tante storie …
- Lui invece è Einstein:
genio in tutto, perfino nello sport – continua Lana, indicando un tipo che
porta gli occhiali legati con l’elastico.
- Che ci devo fare? Mi
viene naturale – ammette soddisfatto.
- E per finire lei è
Tristana, contraddizione in termini. Per vendicarsi dei suoi genitori che le
hanno dato un nome così assurdo, è quella più allegra di tutti! Infatti, si fa
chiamare Gaia. Attento al fischio quando ride: potresti diventare sordo, quindi
rispetta la distanza di sicurezza. Bene, ci siamo tutti. Sai di cosa si parla
tesoruccio?
Con un gesto della mano mi
mostra il campo.
- Come vedi è un campo da
basket, con una rete da pallavolo. Ogni squadra deve cercare di fare canestro,
che nel madball si chiama mango, e impedire che ce lo facciano gli altri
fregandoci la palla. Rap? Qualcosa da dire?
- Sì fratello. Le cose
migliori sono le mischie. Purtroppo però durano massimo otto secondi!
-Ma come si fa a
oltrepassare la metà campo? – chiedo a Rap, per chiarirmi le idee.
- Semplice! Basta lanciare la palla sopra la rete. Occhio
anche ai falli. Dopo tre sei fuori, out, finito, kaputt. Ok?
- Appunto, vedi di non
farti mandar fuori anche stavolta, eh Rap? Si gioca al meglio dei tre set. Dai,
facciamogli vedere il bloccaggio.
- Ok fratello. Guarda me e
impara. Se ti bloccano, occhio che non ti sollevino da terra: è PROIBITO, OK? E
se ti buttano in terra, che è comunque irregolare, puoi sempre tirargli …
- Sì va bene, penso abbia
capito – taglia corto Lana -se ti bloccano, o difendi la palla o la passi a un
compagno. Niente sgomitate, strattonate, calci, eccetera. E la palla è questa,
dolcezza.
- Ehi Lana, ma dov’è che
l’hai trovato un tipetto così carino? – le chiede Lucinda, ridacchiando e
passandomi ai raggi X.
- Nelle patatine …
andiamo, non perdiamo tempo ragazzi – risponde Lana, asciutta.
- Fai la sbruffona ma si
capisce che sei cotta come un fegatino. Non è vero, ragazzi? Voi che dite?
Lana le assesta una
manata, ma diventa tutta rossa.
– Piantala di dire scemenze
o ti rapo i capelli a zero, parrucchiera dei miei stivali!
- Certo che sei sempre
aggressiva, eh? Soprattutto quando ho ragione – sghignazza Lucinda - Va bene,
meglio giocare. Rap, facciamo squadra insieme a Gaia? Lasciamo Einstein al
novellino e a Lana.
A parte le battutine, che
m’imbarazzano, ma che mi divertono comunque, questi ragazzi sono davvero
simpatici! E poi Lana è così sciolta che anch’io, che di solito sono timido,
non ho nessuna paura di fare la figura dell’imbranato e mi butto nella mischia
del gioco. Semplicemente ci provo. Ogni tanto Rap mi richiama all’ordine,
perché faccio qualche errore, ma non m’importa. Siamo qui solo per divertirci e
fare una bella sudata. E la cosa migliore è che posso finalmente scaricare
l’enorme energia che sento dentro e che spesso non so come buttar fuori. Fra un
set e l’altro scherziamo sui difetti degli altri e sul punteggio, ma tutto è
fatto senza quella competizione esagerata che ti leva il gusto dello sport.
Quando Einstein fischia la fine del terzo set vorrei solo ricominciare. Incredibile,
ma questo pomeriggio il cervello non mi ha frullato nemmeno un po’ ed è la
prima volta dopo tanto tempo.
- E allora testolina? Ti
sei divertito, eh? –mi fa Lana, con gli occhi scintillanti – sei sudato come un
cinghialotto.
- Lo so. Sembro una
fontana, vero?
- Bleah, sei disgustoso –
Lana strabuzza gli occhi e fa una boccaccia, ma mi passa lo stesso la mano nei
capelli.
- Allora che te ne sembra?
–mi fa Gaia, facendo un sorriso e scoprendo degli enormi dentoni.
- E’ la cosa più
divertente che abbia fatto da un pezzo!
Si guardano l’un l’altro
per un attimo e sembra che si parlino senza aprire bocca.
–Se è così sei in squadra,
novellino – mi dice Lucinda, a nome di tutti.
- Cioè?
- Dobbiamo sostituire un
ringambone, che all’improvviso ci ha dato buca. Ci manca un ragazzo in squadra,
altrimenti niente campionati a giugno.
- Beh, veramente ho appena
cominciato – rispondo, sentendo dentro una felicità e un entusiasmo sconosciuti
da tempo - fino a stamani non sapevo nemmeno cos’era il madball …
- Sei tu quello giusto,
fratello! Sei in gamba. Veloce, scattante, sveglio – continua Rap.
- Ma sono solo …
- Solo? – mi fanno in
coro.
- Beh, sono solo alle
elementari – rispondo, cercando di non sprofondare.
- Beh, ma non ci sono
regole così ferree- spiega Einstein - e poi a settembre andresti comunque alle
medie, no? Che vuoi che sia: mese più, mese meno …
- Allora ok. Insomma … mi
piace un sacco … se per voi va bene …
Poi mi prende un dubbio e
non riesco a fare a meno di chiedere.
- Ma chi era il
ringambone?
- Oh, solo il “guerriero”
- mi fa Gaia, con noncuranza.
- Chi? – rispondo
sgranando gli occhi - Ma non si chiamava così quel bulletto che ….
La risata di Gaia mi
stende, mentre tenta di controllarsi. Dopo una partenza con un fischio
assordante tipo sirena, continua a essere scossa dai singhiozzi fino alle
lacrime, mentre cerca di continuare a parlare.
- Scusa novellino, è solo
che hai fatto una faccia così buffa! Prima sembravi un semaforo da quanto eri
rosso … poi sei sbiancato di colpo! Comunque tranquillo, stavo solo scherzando.
Non era il “guerriero”! Era un mio compagno di classe, che non potrà più
giocare finché non avrà voti più decenti. E’ una lotta dura fra lui e i suoi
genitori!
- Ah, mi sento
meglio!
Mentre io e Lana torniamo
a casa in bici, penso che oggi il mio quaderno con le api custodirà finalmente
le confidenze di una giornata speciale. Spero sia solo l’inizio di tante pagine
piene di sorrisi … ah, e la prossima volta magari mi faccio insegnare da Rap
qualche altro bloccaggio efficace … non si sa mai!