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Sirolo |
Tempo fa ho ritrovato un quadernino di quando ero piccola, pieno
zeppo di testi di canzoni dei cartoni animati e di filastrocche e poesie. Ho
sempre amato scribacchiare nei quadernini, e rivedere quelle pagine e quella
calligrafia, mi ha fatto fare un balzo indietro nel tempo. Rileggendo quelle
pagine, ho riavvertito le stesse sensazioni di quel periodo, le stesse
atmosfere. Mi è tornata, vividissima, l’immagine della mia nonna e dei
pomeriggi passati a casa con lei. Venivo, in qualche modo, esiliata da casa mia
e spedita a casa della nonna per non disturbare mio fratello mentre studiava.
In realtà io stavo zitta zitta, ma forse il fatto che io giocassi, mentre lui
era invece intento allo studio, lo infastidiva. Così scendevo le scale e mi
rifugiavo da lei. Spesso guardavo i cartoni animati in salotto. Mi sedevo su
una sedia e appoggiavo davanti a me il mio quadernino, sulla grande tavola
rettangolare. Un po’ guardavo la televisione, un po’ scrivevo. Di tanto in
tanto, la nonna veniva a vedere cosa facevo, per controllare che non stessi
combinando una marachella. Fu durante una delle sue “capatine” che iniziammo a
trascrivere delle filastrocche. Lei le recitava a memoria, io le scrivevo.
Per tutto il periodo nel quale sono andata a scuola, era normale
imparare a memoria le poesie. Ora mi sembra si faccia molto meno. Forse
imparare una poesia a memoria può sembrare inutile. Magari sembra più proficuo
capirla, analizzarla. Eppure credo che imparare a memoria delle poesie, o piccoli
brani di libri molto amati, possa essere una grande ricchezza. Qualche anno fa
sono andata nelle Marche e mi è successa una cosa “strana”, che si è ripetuta
anche quest’anno, mentre ero in montagna, durante un temporale. Ricordo una
sera d’estate di qualche anno fa, affacciata a una terrazza di Sirolo … avevo svuotato
la mente: i pensieri tacevano, ero solo intenta ad ammirare il paesaggio, a
seguire con gli occhi i contrasti fra le gradazioni dei colori del mare, il verde del monte, le falesie bianche che diventavano rosa. D’un
tratto, senza che lo volessi, mi salì alle labbra la poesia di Leopardi
“L’Infinito”. Magari sarà stata la vicinanza di Recanati, ma quella poesia
sgorgò naturalmente dalla mia mente. Anche se l’ho sempre amata molto, la assaporai
come mai nella vita. Non fu come recitarla, fu come se in quel momento l’avessi
davvero “capita”, come se avessi stabilito un contatto intimo fra ciò che
sentivo io in quel momento e ciò che aveva sentito Leopardi. Non so, forse non
riesco nemmeno a comunicarvi l’esatta sensazione che provai. Fu un momento
magico. E la stesa cosa si è ripetuta quest’estate in occasione di un forte
temporale in montagna. Nel primo pomeriggio il cielo si era fatto
improvvisamente scuro, e mentre guardavo il giardino, dietro i vetri della
cucina, mentre guardavo il vento che scuoteva i rami del ciliegio, che sferzava
il rosmarino e la salvia, mentre la pioggia correva sulla strada, di nuovo una
poesia mi ha fatto visita e mi sono trovata a rotolarmi in bocca le parole di
Pascoli:
“E cielo e terra si mostrò qual era:
la terra ansante, livida, in sussulto.
Il cielo ingombro, tragico, disfatto:
bianca bianca nel tacito tumulto
una casa apparì sparì d'un tratto;
come un occhio, che, largo, esterrefatto,
s'aprì e si chiuse, nella notte nera”.
(Il lampo, Giovanni Pascoli)
Allora, mi sono
detta, la poesia è davvero necessaria. La poesia ci fa visita quando siamo
emozionati, affascinati, preoccupati, quando la quotidianità si fa un attimo da
parte. In America hanno istituito una festa, che si celebra ogni anno in aprile:
si chiama“Poem in Your Pocket Day” Ogni cittadino interessato sceglie una
poesia, la porta con sé e la condivide con gli altri, durante la giornata: a
scuola, ai giardini, al lavoro, nei negozi. Visto che abbiamo adottato
Halloween, perché non importiamo anche questa festa qui da noi? Nel frattempo
pensiamo a tutti i benefici che la poesia, ma anche le filastrocche, possono
portare ai nostri figli. E’ ormai risaputo che imparare a memoria e recitare
insieme poesie e filastrocche aiuta lo sviluppo del linguaggio, insegna il
concetto di ritmo, intonazione, musicalità, aiuta nella trasmissione delle
tradizioni popolari, è un modo per veicolare e dimostrare l’affetto e le
emozioni. Se è vero che siamo una società che si sta sempre più piegando a
correre e a mantenere ritmi che lasciano poco (o punto) spazio al “vuoto”
(inteso in senso proficuo, un vuoto che porta creatività, un lasciare la mente
a maggese), qual è un dono più prezioso del regalare il proprio tempo?
Regaliamo tempo ai nostri figli per recitare insieme una filastrocca, mimarla,
ballarla, declamarla guardandosi negli occhi, magari mentre si gioca al
cavalluccio. Sono istantanee preziose, che un giorno saranno care e
rafforzeranno il vostro legame. E poiché la carta è usurabile, voglio
trascrivere qui, in questo blog, le filastrocche che ho raccolto da bambina. Le
affido alla rete, e spero che voi attingerete a piene mani a questi post e le
divulgherete a vostra volta.
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Giacomo Leopardi, Recanati |
L’Infinito, Giacomo Leopardi
Sempre caro mi fu quest'ermo colle,
e questa siepe, che da tanta parte
dell'ultimo orizzonte il guardo esclude.
Ma sedendo e mirando, interminati
spazi di là da quella, e sovrumani
silenzi, e profondissima quiete
io nel pensier mi fingo; ove per poco
il cor non si spaura. E come il vento
odo stormir tra queste piante, io quello
infinito silenzio a questa voce
vo comparando: e mi sovvien l'eterno,
e le morte stagioni, e la presente
e viva, e il suon di lei. Così tra questa
immensità s'annega il pensier mio:
e il naufragar m'è dolce in questo mare.