Cara
Pamela,
sono
nei guai, per vari motivi. Te li elenco, perché così cerco di mettere ordine
nelle mie idee.
Ho
deciso per la scuola, ma sono comunque piena di dubbi. Ho pensato di cambiare e
di iscrivermi al liceo classico. Sai che era una delle possibilità che avevo
preso in considerazione quando dovevamo scegliere la scuola, per quell’idea che
avevo di diventare un’insegnante. Visto che è un proposito che non
ho abbandonato, ho deciso di buttarmi. Ci provo, con un pizzico di follia, anche
se non sarà facile: devo recuperare latino e greco, di cui so poco (dico poco e
non nulla perché ho cominciato a prendere lezioni private per sostenere gli
esami per l’ammissione. Meno male che la nostra vecchia professoressa delle medie ci aveva insegnato un po' di latino!).
Quel
tipo di cui ti ho parlato, ricordi? Quello che mi piace e che incontro ogni
giorno? Quello che conosco solo di vista? Beh, finalmente l’ho conosciuto e,
ora che ci ho parlato, non faccio che pensarlo. In realtà è successo tutto per
caso una mattina. Ci siamo incrociati, come al solito: io camminavo normalmente
verso l’edificio dove faccio lezione, lui correva in senso opposto al mio, con
lo zaino che gli rimbalzava sulla schiena e stretta nella mano la maniglia della
solita cartellina da cui sbuca sempre una lunga riga. Deve essere un
ritardatario cronico perché non c’è giorno che cammini normalmente. Insomma,
per schivare una signora e il suo cagnolino, ha scartato velocemente verso di
me, continuando a correre. Solo che la riga si è infilata fra la tracolla della
mia borsa e il mio fianco, lui non se ne è accorto lì per lì e ha proseguito,
ma subito dopo entrambi abbiamo sentito uno strattone e ci siamo dovuti
fermare: la riga si è spezzata, il manico gli è rimasto in mano e la cartellina
è volata via, atterrando ai miei piedi! Lui ha guardato prima la sua riga
spezzata e poi me, con la faccia stralunata.
“NOOOO
... ma che fai? Ora come faccio per il compito?”
“Guarda
che hai fatto tutto da solo! – gli ho risposto un po’ indispettita – a momenti
mi infilzavi con quella riga!”
“Scusa.
È che sono in ritardo …”
“Sai
che novità!”
Gli
è apparso un mezzo sorriso, mentre sentivamo suonare la campanella della sua scuola.
“Un
altro ritardo … il prof mi ucciderà. Vabbè, entro alla seconda ora e aspetto
che apra la cartoleria. Almeno compro una riga nuova.”
Non
sapevo bene cosa fare dopo questo scambio di battute. Ovviamente me ne sarei
dovuta andare, ma non ne avevo voglia, anche perché, mi sono detta, quando mi ricapita
un’occasione così? Quindi, dato che ero in ampio anticipo come al solito (dici
che non siamo compatibili? È già un segnale di allarme?) gli ho detto che sarei
rimasta con lui a fargli compagnia finché non apriva la cartoleria. Quindi
posso dirti che si chiama Stefano, fa la quarta e mi ha detto che va al CAT
(non sapevo cosa fosse e mi sono limitata ad annuire come se avessi compreso
tutto. In realtà sono andata a controllare su internet appena sono rimasta
sola: è il nostro vecchio istituto tecnico per geometri). Mi ha raccontato che
abita vicino alla scuola ma, nonostante questo, arriva perennemente in ritardo
alle lezioni! I suoi escono presto di casa per andare al lavoro e lo svegliano
per tempo, ma lui puntualmente si riaddormenta ed è poi costretto a scapicollarsi.
Gli ho chiesto come mai avesse sempre tanto sonno e lui ha risposto che la sera
spesso va a correre. Gli ho fatto notare che fare sport dopo cena non sia il
massimo per un buon sonno (oddio, come mi sono sentita nonna Abelarda subito
dopo averlo detto!), ma lui non ci ha fatto caso. Ha alzato le spalle con
noncuranza.
“Cerco
di definire il perimetro.”
“Il
perimetro?”
“Già.
Sai cos’è, no? La linea di contorno, la misura …”
“So
cos’è il perimetro, grazie …”
“Sì,
certo che lo sai: con quel vocabolario di greco sottobraccio sei il ritratto
della secchiona! Comunque hai ragione, ci metto sempre un secolo per addormentarmi,
ma da quando uso una macchina per il rumore bianco va molto meglio ….”
Non
ho potuto evitare di spalancare gli occhi e aggrottare la fronte e lui è
scoppiato a ridere.
“Mi
sa che tu non sei della mia generazione. Dimmi la verità, da quale epoca vieni?
Scommetto che sei una baby boomer! Fammi indovinare, sei nata nel 1960?”
Sono
diventata di tutti i colori e sono ammutolita.
“Tranquilla”
- mi ha detto, strizzandomi un occhio – “a me lo puoi dire. Se però non vuoi
farti scoprire, comincia almeno a digitare sul cellulare coi pollici. Scrivono
con l’indice solo le vecchiette …”
In
quel momento è arrivato il tizio della cartoleria a tirare su il bandone e lui
a quel punto mi ha detto che doveva andare e che tanto ci saremmo scontrati di
nuovo il giorno seguente.
Mentre
mi riavviavo per la mia strada, un po’ confusa ed euforica, ho sentito di nuovo
la sua voce e mi sono voltata. Si era riaffacciato alla porta del negozio e
tutto sorridente mi ha detto:
“Scommetto
che a te piacerebbe il rumore marrone, baby boomer! Un giorno possiamo
ascoltarlo insieme!” – e subito dopo è sparito di nuovo dentro il negozio.
Solo
in quel momento mi sono accorta che non gli avevo detto il mio nome! Ecco, ti
ho citato tutto il nostro dialogo, parola per parola, dato che l’ho ripassato
mentalmente almeno un milione di volte (se avessi ripetuto con la stessa frequenza
le declinazioni latine adesso di sicuro le saprei meglio ...). Per tutto il
giorno mi sono sentita allegra, ma anche un briciolino indispettita, chissà
perché … e comunque la cattiva notizia è che da quel giorno non l’ho più visto
(non è che ha cambiato strada per non incontrarmi più?!). Ecco. E ora mi mangio
le mani perché potevo chiedergli dove abitava … vabbè, mica andavo sotto casa
sua … in realtà sì, ci sarei andata, facendo finta di passare di lì come per
caso … almeno per vedere il suo campanello, o il portone dove entra, o per
cercare di indovinare quali fossero le sue finestre … però la cosa più ovvia
sarebbe stata dargli il mio numero di cellulare, visto che era entrato in
argomento … e accidenti! Il fatto che sapesse che digito i messaggi con
l’indice vuol dire che mi ha tenuta d’occhio quando ogni giorno ci incontravamo
e che forse devo sembrargli almeno un po’ carina … anche se a pensarci bene, ti
viene da osservare anche qualcuno che giudichi parecchio strano … oh mamma, sto
impazzendo! Dimmi sinceramente: sragiono? Più che le classiche farfalle nello
stomaco tipiche dell’innamoramento, mi sembra di avere nel cervello un criceto
che corre sulla ruota!
Ti mando un grande abbraccio amica mia, Mel
P.S. Non stare ad arrovellarti e non piangere più per me: io e te, vicine o lontane, resteremo sempre amiche. Anzi, sorelle. E comunque non c'è niente di definitivo!
Pa🍎nia