Consuma,
25 agosto 1986
Cara Melania,
ho aspettato un bel po' prima di scriverti, per farmi passare la tristezza e la rabbia che mi hai fatto provare
con la tua lettera. Hai ragione, spesso non capisco bene quello che mi scrivi.
Cosa intendi per esempio quando scrivi che ogni tre secondi ho una crush? Mi
schiaccio e mi frantumo per qualcuno secondo te? Il vocabolario di inglese
almeno dice questo! Preferisco pensare che tu sia solo stressata e che non
intendessi ferirmi e quindi mi sforzo di far finta di nulla e di perdonarti:
non si butta via un’amicizia come la nostra per un’incomprensione!
Eccomi qui, dunque, sempre
più disperata e giù di morale, confinata nella casa di vacanza dei nonni con
mio cugino Arturo: un luogo ameno di prati e campi e se ricordi che la nonna
qui non ha nemmeno la televisione e il telefono, potrai capire che non è che ci
sia tanto da divertirsi!
È l’ultima volta che mi
faccio rimandare, giuro, anche se forse dovrei essere almeno un po’ sollevata
visto che ieri ho finito il programma di geografia economica.
Le uniche due cose decenti
che ho fatto in questi giorni (a parte studiare, naturalmente) sono state leggere
il libro di Daile Carneige “Come trattare gli altri e farseli amici” e l’uscita
di ieri pomeriggio per fare un giro in macchina e un salto in paese con Arturo,
Dafne (l’unica mia amica di qui. È arrivata qualche giorno fa, tutta
spumeggiante e bionda ossigenata. Ogni anno il confronto con lei è una spina
nel fianco, ma quest’anno finalmente non mi sono sentita inferiore) e Luca (il
nipote di una vecchietta che abita vicino ai nonni). Io e Dafne abbiamo
imbroccato tre ragazzi di Firenze mentre Arturo e Luca giocavano a calcino in
un bar. Approfittando del fatto di essere in paese, ho telefonato a Mauro, che
mi ha aggiornato sulle ultime novità della compagnia: lui si è messo con una
ragazza (dice che non la conosco) e Alessio si è messo con la Tamara ed è
addirittura andato al mare con lei ed i suoi genitori! Ora capisco la frase
scritta dalla Tamara sulla cartolina che mi ha spedito: “Tanti saluti e baci da
Tamara e Alessio”. E io che mi domandavo chi fosse questo Alessio! Lì per lì,
quando Mauro me lo raccontava, ero contenta per loro, ma ora no! Non chiedermi
perché, ma non sono felice che si siano formate queste coppie. Forse volevo restare
al centro dell’attenzione di Mauro e di Alessio e ora mi sento spodestata e ho
solo voglia di presentarmi alla compagnia, al ritorno dalle vacanze, talmente
carina da far strabiliare tutti. Non voglio certo che Alessio e Tamara si
lascino, perché voglio bene a tutti e due, ma sono confusa e inspiegabilmente
gelosa.
I miei genitori e i miei zii
vengono a trovarci il fine settimana per portarci la spesa, la posta e le notizie
del "mondo civilizzato". È stato proprio così, per caso, leggendo una pagina de
“La Nazione” dove l’ortolano aveva incartato delle verdure, che ho scoperto che
alla fine di luglio è morta la mia amica-prof. che mi ha dato ripetizioni di
matematica e fisica. È stata coinvolta in un incidente mentre andava in
vacanza. Questa scomparsa mi fa riflettere ancora una volta sul perché se ne
vadano spesso le persone migliori e non sai che malinconia vedere la sua
immagine tutta sbertucciata su quella pagina di giornale! Non riuscivo a
crederci e ho letto e riletto quell’articolo con gli occhi pieni di lacrime, sperando
incoerentemente che non fosse vero. Mi sono tornati alla mente i pomeriggi
afosi nella piccola cucina di casa sua, quando mi seguiva mentre facevo gli
esercizi e la sua voce dolce che mi richiamava all’attenzione quando sbagliavo
qualche passaggio. Non aveva nessuno, Mel, a parte i suoi genitori: non un
fidanzato e, credo, nemmeno tanti amici. Adesso penso spesso a quella cucina vuota
e al fatto che lei non ci sia più: in un momento è sparita lei e tutto il mondo
delle sue emozioni e pensieri.
Per fortuna è arrivata anche
qualche novità piacevole. I miei mi hanno portato una cartolina di Leonardo,
che scrive: “Spero che ti faccia piacere ricevere questa cartolina. Ti auguro
un buon finale di vacanze. Leonardo”. Abbastanza neutra come frase, ma prova a
indovinare l’illustrazione? Un notturno di Livorno con sopra scritto BACI BACI
BACI. Allora forse gli piaccio davvero e la mia sensazione non era sbagliata! Speravo che ci fosse
anche la lettera di risposta di Carmine, il ragazzo di Ischia di cui ti ho
scritto, ma invece nulla! Più ci penso e più mi dico che sono stata proprio
scema: potevo passare due settimane memorabili e invece …
come vedi le tue brontolate
non mi fanno desistere dal raccontarti le cose come stanno! Forse, come dice la
tua mamma, sono innamorata dell’amore o forse mi sento felice se piaccio ai
ragazzi. Magari potrei provare a parlarne con Arturo, per sentire il suo punto
di vista. Sai, sono contenta che Arturo sia qui con me! In queste vacanze piano
piano siamo diventati più amici che cugini: lo rimbambisco con mille
chiacchiere su Flavio appena posso! Comunque, da quando ho cominciato a
confidarmi con Arturo, anche lui mi racconta tante cose personali e ha smesso di
avere quell’aria sempre perfettina da Bravo: non è meglio così? A proposito di
Flavio! Prima di partire per la Consuma l’ho rivisto! Con i suoi immancabili
“Lee” e la maglia rosa, i capelli lunghi: era fantastico! Passava sotto casa
mia con il ragazzo della Beatrice, proprio mentre ero affacciata alla finestra
con la mamma. Avrei voluto gridare “Mamma, guarda Flavio!”. Scioglimento totale
misto a malinconia: avrei voluto parlarci, ma mica potevo chiamarlo dalla
finestra! Il cuore ha tremato prima ancora che gli occhi lo vedessero. A piedi,
senza la sua immancabile Vespa, chissà perché? Forse perché adesso ci vuole il
casco? Con gli occhi in tilt ho seguitato a guardarlo fino a che non è
scomparso dietro la casa in pietra all’angolo. In quel momento ho pensato alla
canzone di Baglioni “Chissà se mi pensi”. Che faccia avrà fatto quando ha
ricevuto la mia cartolina? Vorrei avere il coraggio di parlargli senza farmi
prendere dall’agitazione e confessargli il mio amore, senza avere paura ogni
volta che possa accorgersi di come mi batte forte il cuore: sembra che voglia
volarmi fuori dal petto! Con gli occhi cerco di mandargli dei messaggi, cerco
di comunicargli i miei entusiasmi, ma forse lui non se ne accorge perché a
volte faccio fatica a guardarlo. Chissà
se lui mi vuole almeno bene? Chissà se un giorno mi dirà che vuole stare con me!
Forse hai ragione, Mel: ho proprio la testa piena di confusione e tanta voglia
di piangere!
A parte questo, sarai
contenta di sapere che, oltre all’aspetto estetico, mi sono messa in testa di
migliorare su molti altri fronti e ho cominciato a studiare di più l’inglese e
il tedesco (almeno mi sarà utile per la scuola!).
Il 5 settembre ho gli esami
di riparazione: sensazioni miste fra panico e tranquillità.
Chiudo questa lettera con una
super novità: quando torno a Firenze vado a ritirare il motorino al concessionario! I mei mi hanno comprato un Sì rosso. Sono già andata con il babbo a
comprarmi il casco, un Nava 3 bianco. 100.000 lire per proteggere la mia
testolina!
Ti copio un testo che ho
trovato sul libro che sto leggendo: si tratta di “Father forgets” di W.
Livingstone Larned. Carnegie raccomanda di non criticare e non condannare,
perché così facendo si possono ferire le persone. La prossima volta che vorrai
brontolarmi, fallo gentilmente!
Scrivimi presto Mel, e dimmi
tutto di te, di quello che ti preoccupa e senza limitarti: ce la metterò tutta
per capire e, se non ci riuscirò, ti chiederò di spiegarmi. Quali discorsi
strani ti fa Stefano? Non farmi pensare male!
Pamela (confusa e incasinata, forse, ma che ti vuole un mondo di bene!)
Pa🍎nia
Ascolta, figlio: ti
dico questo mentre stai dormendo con la manina sotto la guancia e i capelli
biondi appiccicati alla fronte.
Mi sono introdotto nella tua camera da solo: pochi minuti fa, quando mi sono
seduto a leggere in biblioteca, un’ondata di rimorso mi si è abbattuta addosso,
e pieno di senso di colpa mi avvicino al tuo letto. E stavo pensando a queste
cose:
ti ho messo in croce, ti ho rimproverato mentre ti vestivi per andare a scuola
perché invece di lavarti ti eri solo passato un asciugamani sulla faccia,
perché non ti sei pulito le scarpe. Ti ho rimproverato aspramente quando hai
buttato la roba sul pavimento. A colazione, anche lì ti ho trovato in difetto:
hai fatto cadere cose sulla tovaglia, hai ingurgitato cibo come un affamato,
hai messo i gomiti sul tavolo.
Hai spalmato troppo burro sul pane e, quando hai cominciato a giocare e io sono
uscito per andare a prendere il treno, ti sei girato, hai fatto ciao ciao con
la manina e hai gridato: “Ciao papino!”
e io ho aggrottato le sopracciglia e ho risposto: “Su diritto con la schiena!” E tutto è ricominciato da capo nel
tardo pomeriggio, perché quando sono arrivato eri in ginocchio sul pavimento a
giocare alle biglie e si vedevano le calze bucate.
Ti ho umiliato davanti agli amici, spedendoti a casa davanti a me. Le calze
costano, e se le dovessi comperare tu, le tratteresti con più cura. Ti ricordi più
tardi come sei entrato timidamente nel salotto dove leggevo, con uno sguardo
che parlava dell’offesa subita?
Quando ho alzato gli occhi dal giornale, impaziente per l’interruzione, sei
rimasto esitante sulla porta. “Che vuoi?” ti ho
aggredito brusco.
Tu non hai detto niente, sei corso verso di me e mi hai buttato le braccia al
collo e mi hai baciato e le tue braccine mi hanno stretto con l’affetto che Dio
ti ha messo nel cuore e che, anche se non raccolto, non appassisce mai. Poi te
ne sei andato sgambettando giù dalle scale. Be’, figlio, è stato subito dopo
che mi è scivolato di mano il giornale e mi ha preso un’angoscia terribile.
Cosa mi sta succedendo?
Mi sto abituando trovare colpe, a sgridare; è questa la ricompensa per il fatto
che sei un bambino, non un adulto?
Non che non ti volessi bene, beninteso: solo che mi aspettavo troppo dai tuoi
pochi anni e insistevo stupidamente a misurarti col metro della mie età. E
c’era tanto di buono, di nobile, di vero, nel tuo carattere! Il tuo piccolo
cuore così grande come l’alba sulle colline.
Lo dimostrava il generoso impulso di correre a darmi il bacio della buonanotte.
Nient’altro per stanotte, figliolo. Solo che son venuto qui vicino al tuo letto
e mi sono inginocchiato, pieno di vergogna.
È una misera riparazione,
lo so che non capiresti questo cose se te le dicessi quando sei sveglio. Ma
domani sarò per te un vero papà.
Ti sarò compagno, starò male quando tu starai male e riderò quando tu riderai,
mi morderò la lingua quando mi saliranno alle labbra parole impazienti.
Continuerò a ripetermi, come una formula di rito: “è ancora un bambino, un
ragazzino!”. Ho proprio paura di averti sempre trattato come un uomo. E invece
come ti vedo adesso, figlio, tutto appallottolato nel tuo lettino, mi fa capire
che sei ancora un bambino.
Ieri eri dalla tua mamma, con la testa sulla sua spalla. Ti ho sempre chiesto
troppo, troppo.
"Pam & Mel", di Daniela Darone
Foto di Maria Orlova da Pexels