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sabato 1 giugno 2024

"Terzo piano con ascensore" - Seconda e ultima parte

 Questa volta non rientrerò in casa, non farò finta di nulla, perché ho paura di questa spirale di ostilità che cresce e rischia di degenerare.  

-        Mi soffochi col tuo amore, Lara! Diventi odiosa! Mi stai sempre addosso, non mi lasci vivere! – le urla.

Un attimo dopo un fragore di vetri rotti mi strappa un grido, mentre qualcosa vola giù dal loro terrazzo e si schianta nel giardino al piano terra, a pochi centimetri da un grasso gatto: il vaso di ciclamini bianchi è un ammasso di cocci rotti, terra sparsa e fiori scomposti. Alcune finestre si aprono, la gente si affaccia, le voci si rincorrono. 

Sento la porta del loro appartamento che sbatte, qualcuno che corre giù per le scale. Mi precipito come posso davanti alla porta di Lara, suono il campanello e intanto busso, la chiamo. Mi apre quasi subito e la scruto, allarmata: è pallida, ma non è ferita, sta bene.

-        Non è niente – mi dice lei, con voce piatta, ma è scossa da tremiti.

-        Vieni un attimo da me. Ti faccio un tè.

-     No, grazie – mi risponde con uno sguardo allucinato - Mi serve solo un cacciavite. Me lo presta?

 


A metà pomeriggio guardo dallo spioncino. Vedo Lara sul pianerottolo che svita la targhetta di ottone. Ai suoi piedi una grossa valigia. Dopo un attimo viene verso la mia porta e mi suona il campanello. Aspetto un po’ prima di aprire, mica voglio che pensi fossi lì a spiarla, e faccio la faccia più sorpresa che mi riesce.

- Sono venuta a restituirle il cacciavite – e poi, stringendosi nelle spalle, continua – e a salutarla.

- Te ne vai?

- La forza la deve trovare da sé. E anch’io, forse, ho una dipendenza: affettiva, verso di lui. La butta via lei, per favore? – mi chiede, porgendomi la targhetta coi loro nomi incisi - Qui non voglio lasciare proprio nulla di me.

Lo scricciolino insicuro, in questo momento, è sparito. Lara è piena di rabbia: è quella che la tiene su e le dà la forza. Ormai l’amore si è rotto, ha lasciato spazio a un inizio di repulsione. 

-        Ci penso io – le dico, prendendo la targhetta – Sai dove andare? Puoi stare un po’ da me, se vuoi.

-      No, grazie. Ho bisogno di andar via di qui … - risponde, mentre si china a raccogliere un sacchetto. - Le lascio questo ... è tutto sciupato, ma mi dispiaceva buttarlo … - dice, porgendomi un foglio di giornale accartocciato dove ha raccolto i resti del vaso di ciclamini che le avevo regalato.

La voce sembra mancarle un attimo, magari la paura si fa strada e allenta il coraggio. Io invece voglio che rimanga salda nella sua decisione, che non vacilli sotto il peso di una sofferenza feroce. Prendo il cartoccio e rimango ad osservare i cocci del vaso, la poca terra raccolta, i fiori sciupati e la loro radice tuberosa.

-        Certo che a prima vista sembra proprio malconcio – rispondo - però, guarda questa strana patata bitorzoluta. La vedi? È la radice del ciclamino, la sua riserva di sostanze nutritive. Al ciclamino non importa se perde i suoi fiori, se il caldo estivo lo secca: sa che può sopravvivere e trovare il modo per germogliare e rifiorire in una pianta rigogliosa e forte. Ha bisogno solo di un buon terreno e di un ambiente luminoso. Sono sicura che a febbraio questo ciclamino fiorirà nuovamente, regalandomi un coloratissimo inverno.

Lara arrossisce un po’ e mi stringe in un abbraccio, prima di salire in ascensore. 



Mi affaccio alla finestra per seguirla con lo sguardo e mi rendo conto che il tempo è cambiato. Il cielo terso di stamani ha lasciato il posto a dei nuvoloni neri che promettono tempesta. Lara cammina svelta trascinando la valigia. La sua coda di cavallo che dondola è l’ultima cosa che vedo prima che giri l’angolo.


Testo di Daniela Darone
Prima immagine: Foto di Vlada Karpovich www.pexels.com
Seconda immagine: Foto di Nick Karvounis su Unsplash