LA FAMIGLIA FELICITA’
Mentre mi aiutava a prepararmi, la nonna Annalena mi ha detto di farla finita di lamentarmi e di dispormi di buona volontà per andare a questa festa.
- La mamma era così contenta dell’invito! Cerca di sforzarti un po’, no?
- Sforzarsi di andare a una festa? Non suona benissimo …- le ho risposto, torva.
Comunque adesso siamo qui davanti al cancello della villa. Sì, proprio una villa, a due piani, con delle arcate che incorniciano splendidamente delle enormi vetrate e un cancello a punte aguzze con tanto di colonnine di pietra sormontate da leoni. Non mi stupirei se ci fosse pure il ponte levatoio e lo stemma di famiglia. Si vedono milioni di luci accese dai vetri delle finestre e la musica, le chiacchiere e le risate arrivano fino a noi.
Mi è toccato vestirmi per bene, data l’occasione, ma è stata un’impresa: non trovavo proprio niente nell’armadio che mi andasse di indossare! Alla fine mi sono messa un paio di sandali, dei pantaloni rossi alla caviglia (di una minigonna neanche a parlarne, con queste gambe bianche) e un top nero. Però continuavo ad avere l’impressione che mancasse qualcosa che rendesse speciale il mio outfit. La nonna allora ha sfoderato il suo estro: ha tirato fuori dal suo cassettone un enorme foulard variopinto a tinte forti. Ci ha pensato un po’ su e poi ha iniziato ad annodarlo alla mia vita, ha fissato la parte posteriore e anteriore al collo realizzando un drappeggio e un fiocco a chiusura. Li per lì ero dubbiosa, ma quando mi sono vista allo specchio l’effetto era originalissimo.
Vestita così sembro anche più grande: non conoscevo le doti da stilista della nonna! Da un foulard ha creato uno splendido top sblusato; deve essere merito della passata esperienza nel negozio di stoffe. “Ci sono un sacco di risorse dentro di noi”, mi ha borbottato mentre si dava da fare a sistemare il foulard “dobbiamo solo avere la buona volontà di far lavorare il cervello.”
La mamma invece indossa il suo mitico tubino nero senza maniche che le sta benissimo, il capo spalla per cui ha speso una fortuna quando ancora avevamo due stipendi che entravano in casa. Un paio di sandali con il tacco alto, chignon e collana di perle completano il look.
Dopo una vita che aspettiamo impalate al cancello con le torte in mano, finalmente qualcuno ci apre. Mi immagino già una cameriera con tanto di crestina sulla testa, e invece appare sulla porta una donna alta e magra con una tempesta di riccioli biondissimi. Abbronzatura da pubblicità. Vestito lungo blu cangiante. Una magnifica collana con un pendente tutto tempestato di strass. Nessun altro gioiello. Sto ancora decidendo se possa trattarsi di diamanti o semplici zirconi, quando la vedo scendere dai gradini in pietra indossando dei sandali dal tacco vertiginoso, con un’agilità da campionessa, quasi portasse delle scarpe da ginnastica. Viene personalmente ad aprirci il cancello, accogliendoci con un sorriso.
- Benvenute! Dovete scusarci, ma oggi si è guastato il cancello automatico! Che tempismo, eh? – così dicendo intanto ci fa entrare e saluta la mamma con un bacio, come fosse una vecchia amica.
- Tu devi essere Clizia! – dice, scandendo il mio nome come una poesia – Sei adorabile, piccola musa.
Solo in quel momento si rende conto delle torte e io vorrei averle divorate tutte mentre la mamma non vedeva. Ma che idea le è venuta di presentarsi da queste persone con due torte? Nemmeno fossimo amici intimi che si ritrovano ad una festicciola! Ho il vago sospetto che la mamma stia pensando le stesse cose e questo mi rende ancora più nervosa. Qualcuno ha una pala per sotterrarmi? Mi sa che anche la mamma pensava a una festa molto meno chic! La signora però ci leva dall’imbarazzo.
- Che profumo delizioso! – esclama, prendendo le torte - È un pensiero molto carino da parte vostra. Venite, accomodatevi.
Dentro ci sono già diverse persone che chiacchierano e bevono da bicchieri dai lunghi steli. Mi guardo in giro ansiosa e mi rilasso un po’, vedendo che i partecipanti sono tanti, delle età più disparate e soprattutto non sono tutti infiocchettati e tirati a lucido.
- Vorrei presentarti le mie figlie, Clizia, ma purtroppo sembrano disperse – così dicendo si guarda intorno e lancia lunghe occhiate alla sala.
– Scusatemi un attimo, vado a cercarle.
Io intanto mi guardo intorno e mi sembra di essere piombata dritta dritta in un film: siamo nel bel mezzo di un immenso salone con un magnifico soffitto affrescato e le vetrate si aprono su un giardino curatissimo. C’è addirittura un pergolato su cui si arrampicano delle rose magnifiche, un piccolo tavolo tondo in pietra circondato da sedie dagli alti schienali, vialetti ghiaiosi e una statua di un piccolo angelo sullo sfondo. Guardo la mamma a bocca aperta.
- Finirai per slogarti la mascella, Clizia! Chiudi la bocca! - mi prende in giro lei, e sgrana gli occhi come a rispondere alla mia espressione meravigliata.
Esattamente al centro della sala, una scala a chiocciola porta al piano di sopra, dove penso ci siamo le camere, e sul lato opposto a dove siamo adesso s’intravedono delle scale che dovrebbero portare ad una taverna, o almeno così immagino. Proprio da quelle scalette vediamo ricomparire i riccioli ribelli della signora Patrizia. Punta decisa verso di noi e ci raggiunge, dopo essersi fermata a salutare qualche ospite che le rivolge la parola.
- Giorgia, Clizia …- ci chiama, tendendo le mani verso di noi con un sorriso - venite, vi prego, la mia famiglia è nel living. Mio marito sta preparando un cocktail e le mie figlie danno una mano con le tartine. Purtroppo la nostra cameriera, Conchita, è … in vacanza, diciamo … e dobbiamo cavarcela da soli”.
Pensando stia scherzando, scoppio in un’allegra risata, ma lo sguardo stupito della signora mi blocca. Non stava scherzando! Conchita esiste davvero! Non come la nostra cameriera immaginaria Marisa su cui fantastichiamo io e la mamma!
Seguiamo Patrizia giù per le scale in pietra e … alla faccia della taverna che mi ero immaginata! C’è un vero e proprio salotto, con un lunghissimo tavolo in legno circondato da sedie dallo schienale imbottito, mega tappeti in terra di un blu da andare fuori di testa, mobili antichi accostati a poltrone in pelle moderne e poi un mobile al centro della stanza, anche quello moderno, che separa la sala da una cucina in muratura stile “sono straricco ma in cucina mi piace evocare la mia bisnonna che amava il rustico”. Dal soffitto, qua e là, in punti strategici e studiati, pendono delle luci che fanno pensare ad una cascata di stelle. Oh. Mio. Dio! Allora il salone di sopra per loro è un ingresso?!
Una piccoletta bionda con i capelli a caschetto ed il visino paffuto sporco di cioccolata si gira verso di noi: sta mangiando un gelato da un’enorme tazza che tiene in bilico pericolosamente sulle ginocchia e in cui rimesta con un cucchiaione degno di un gigante. Ci rivolge un sorriso a duemila denti, anche quelli tutti marroni di gelato. Le altre figlie sono tutte impegnate a spalmare tartine e a preparare caraffe di centrifugati e succhi. Quello che deve essere il marito invece è intento a shakerare qualcosa in perfetto stile barman. Tutti interrompono le loro occupazioni e ci vengono incontro.
- Lei è Letizia, la più piccola – comincia le presentazioni la padrona di casa – e loro invece sono Allegra, Serena, Gaia, Gioia e mio marito Andy. Vi presento le nostre nuove vicine, Giorgia e Clizia.
Cinque mani si protendono a stringere le nostre, mentre cerco di abbinare i nomi alle persone che mi sono state presentate! Accidenti! Mi sono già dimenticata chi è chi. L’unico facilmente identificabile è il marito, ovviamente: la risposta italiana a Richard Gere, cavolo! Ci assomiglia da morire: magnifici capelli grigi-brizzolati, occhi intensi, camicia rosa pallido su cui spicca un’abbronzatura da manuale. Ci irradia con il suo sorriso smagliante.
- Complimenti. Avete una bellissima famiglia e una casa magnifica! – esclama la mamma, per rompere l’imbarazzo che si sta creando.
- Grazie. È stato il mio nonno a far costruire questa casa, noi l’abbiamo solo rimodernata un po’, non è così Andy?
- Mia moglie è troppo modesta. In realtà ha dato a questa villa un fascino particolare, mixando l’antico e il moderno e creando un connubio fantastico, a mio parere. A me piace il design, lei invece preferisce lo stile più vissuto, le tranquille atmosfere dello stile floreale inglese … ecco perché si è innamorata di me: un tipico ragazzo inglese di campagna! – conclude ridendo, mentre ci accomodiamo sulle poltroncine di pelle.
- Oh, adoro l’Inghilterra; ci sono stata da ragazza. Posso chiederle di quale zona è?
- Sono del Norfolk. Patrizia mi ha detto che anche suo marito non è italiano, non è così? Mi dispiace che non sia potuto venire.
- Mio marito in realtà è nato in Italia, ma sua madre era francese … è francese … e … beh, lui aveva un impegno di lavoro stasera.
- Oh, gli affari! Di cosa si occupa suo marito?
Vedo la mamma che si agita sulla poltrona.
- Beh, Pietro è un perito tessile … si occupa di processi produttivi, controllo qualità, tutte quelle cose lì ...
- Interessante – commenta Andy, porgendo alla mamma un calice di prosecco e a me un bicchiere di succo d’arancia.
- Beh, ma voi come avete fatto a conoscervi? – si affretta a chiedere la mamma, per sviare l’argomento lavoro.
- Ci siamo conosciuti in barca a vela. Patrizia era in vacanza e io ero lo skipper! Per me è stato amore a prima vista! Per lei ho lasciato il mare e ho ripreso una vecchia passione che avevo da ragazzo: i cavalli. Abbiamo un maneggio sopra Fiesole.
- Il babbo è matto come un cavallo per i cavalli! - fa la piccina mangiatrice di gelato.
- Letizia! – la riprende la sua mamma con espressione contrariata – non essere impertinente, ti prego!
- Ah, eccetto Gaia, le mie figlie non condividono la mia passione – risponde Andy, dando un’arruffata ai capelli della piccina. – Sono convinto che, se ci mettessero un po’ d’entusiasmo e di sana determinazione, anche in loro potrebbe nascere l’amore per i cavalli … ma loro non vogliono nemmeno provarci, purtroppo …
La più magra delle figlie, credo sia la maggiore, mi guarda facendo roteare gli occhi … oh oh … la mamma, senza saperlo, ha toccato il tasto dolente della famiglia Felicità. Decido di salvare la situazione.
- E lei signora Patrizia, che lavoro fa?
Lei sta per aprire bocca per rispondere, ma il marito la precede.
- Mia moglie fa il lavoro più importante: è un’eccellente madre. Ha il suo daffare a gestire una famiglia così numerosa, ma riesce a destreggiarsi! - conclude, avvicinandosi a lei e mettendole un braccio sulle spalle – Siamo una squadra, noi sette!
- Beh, certo, a tempo pieno faccio la mamma, ma Clizia forse voleva sapere qualcosa di me. Creo gioielli. Ho anche un mio laboratorio, proprio qui, dove …
- Dove non va mai, perché è sempre occupata con noi: la sua tribù – commenta la figlia secca, tenendo le braccia conserte e la testa alta, con lo sguardo rivolto alla madre. Il sorriso della signora Patrizia si spenge quasi al rallentatore.
- Oh, Gioia voleva dire che la mamma è capace di grandi sacrifici per noi! – commenta con leggerezza quella che credo sia Gaia, assestando una manata alla sorella – Perché non mostri alle nostre ospiti il tuo covo, mamma? Sono sicura che a Clizia piacerà un sacco. Anzi, veniamo anche io e Serena con voi – conclude con un sorrisone.
- Perché no? Lo farò volentieri - risponde lei, ma sembra quasi che l’entusiasmo di poco prima si sia affievolito.
Continua ...
"Clizia T. - Lo spessore dei sogni", di Daniela Darone
Foto di Keith Mapeki su Unsplash
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