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martedì 4 febbraio 2025

"Clizia T. - Lo spessore dei sogni" - Sedicesimo capitolo




COSA SUCCEDE, CLIZIA?

Usciamo dalla portafinestra che dà sul giardino e Patrizia ci guida verso una piccola costruzione in cemento, riparata da alberi frondosi.

- Un tempo era un capanno per gli attrezzi, poi l’abbiamo fatto modificare e sistemare come laboratorio per me, quando è nata Gaia. Volevo stare a casa ad occuparmi delle mie figlie e non avevo più tempo per andare al mio laboratorio, così ho trasferito tutto qui. Beh, una versione più in piccolo, ma ugualmente soddisfacente.

Entriamo e Patrizia accende le luci. C’è un tavolo grande con rotoli di catene varie, scatoline trasparenti di perle e pietre dure, fermagli, gancetti, pinze di varie misure, fili trasparenti, forbicine e attrezzi strani. Su tutto troneggia una mega lampada a braccio snodabile. Su un tavolino di legno laterale più piccolo invece ci sono dei gioielli che ha realizzato Patrizia.

- Ecco la mia collezione – ci spiega lei, sorridendo – si tratta solo di bigiotteria in questo caso, ma ogni pezzo è unico e così non troverete mai un’altra persona che abbia il vostro stesso gioiello.

- Su mamma, non ti sminuire – le fa Serena – la tua è alta bigiotteria! È stata anche fotografata per degli importanti giornali di moda.

- Era tanto tempo fa, tesorine mie – risponde lei, facendo un gesto con la mano, come a minimizzare i complimenti.

Io e la mamma ci avviciniamo per ammirare le creazioni di Patrizia. Ci sono due begli anelli a fascia, un braccialetto con migliaia di piccole pietre dure pendenti, lunghe collane e un sacco di orecchini dalle forme più disparate. Patrizia si avvicina e ci mette una mano sulle spalle.

- Voglio che abbiate delle mie creazioni. Scegliete qualcosa che vi piace.

- Oh, no! Noi … – comincia la mamma, imbarazzata. Spero che non mandi a monte tutto perché ho visto un braccialetto che mi fa una gola terribile. Patrizia sembra indovinarlo; probabilmente ha seguito i miei sguardi insistenti in quella direzione.

- Su, non fate complimenti! Sarete delle ottime modelle per rilanciare la mia attività: vi chiederanno tutti dove avete acquistato i vostri gioielli! Vediamo un po’ … per te, Clizia, vedo bene questo braccialetto, che si intona magnificamente con il tuo top di seta … fra parentesi, cara, è una stoffa bellissima … e per te, Giorgia … mi piacerebbe regalarti questi orecchini con le perle di fiume. Ti staranno magnificamente, con la tua carnagione chiara e i tuoi capelli scuri. Vedete, è questo che mi piace del mio lavoro. Pensare che le mie creazioni renderanno ancora più affascinanti le donne che le indosseranno.

- Grazie Patrizia, sono magnifici – commenta la mamma con gli occhi che le brillano. Li prova davanti ad un piccolo specchio: le donano davvero molto e la rendono ancora più bella. Patrizia ha un occhio speciale! Anche a me sta bene il braccialetto, le pietruzze danzano tintinnando ogni volta che muovo il polso e resto a rimirarlo per un po’.

- Andiamo - mi prende in giro Gaia - se stai tutto il tempo a guardarlo lo consumerai! – commenta ridendo. Lì per lì rimango stupita da quella frase e alzo gli occhi a guardare le due sorelle, che mi fissano con un sorriso sulle labbra: più aperto quello di Gaia e un po’ più timido quello di Serena. Subito dopo le ragazze mi trascinano fuori di lì, mentre Patrizia prende sottobraccio la mamma, e ci avviamo alla luce della luna verso la villa.

Quando rientriamo mi appiccico a Gaia e Serena, cercando di non sembrare troppo gomma da masticare. Loro non fanno che girare qua e là per la grande sala, presentandomi a tutti, ma il risultato è una macedonia di visi e nomi che non ricorderò mai.

- Sai già in che sezione sarai? – mi chiede Serena – la mamma mi ha detto che abbiamo la stessa età, forse saremo in classe insieme.

- Sarebbe fantastico! Qui non conosco nessuno.

- Beh, conosci noi. Ti presenteremo i nostri amici. Magari domani potremo andare a scuola, a chiedere in segreteria.

- Ok, grazie. Sono tornata oggi dal mare e non sono ancora andata a informarmi.

- Anche noi siamo tornati da pochi giorni! Voi dove siete stati?

- A Viareggio, con mia nonna Therese ... – rispondo a fior di labbra, dandomi della stupida per aver toccato l’argomento. Adesso magari si chiederanno perché non c’erano i miei genitori, oppure … Invece loro si limitano ad annuire, sorridendo. - Voi invece?

- Noi siamo andati qualche giorno in Svizzera per un festival jazz, dato che la mamma ci teneva tanto, e poi a Malta e Gozo, perché ci teneva tanto il babbo! – concludono ridendo – Il babbo non ha solo la passione per i cavalli, gli è rimasta anche quella per la barca a vela. Anche se Malta è piaciuta anche a noi. Siamo state in delle calette stupende per fare il bagno e abbiamo visitato tutti i locali del porticciolo di Mgarr. Da lì si vedevano delle coloratissime imbarcazioni tipiche … la mamma avrà fatto tremila foto. Ti va di vederle?

- No che non le va! – le risponde Gaia – perché invece di fossilizzarci a vedere fotografie non andiamo in giardino a giocare a ping pong? Questa festa è di una noia mortale! Nessuno si accorgerà se ce la filiamo!

Accetto con entusiasmo: il ping pong mi fa sentire più a mio agio e sorrido con riconoscenza a Gaia. Le seguo in giardino e, appena davanti al tavolo da ping pong, uno scricchiolio di passi ci avverte di una nuova presenza.

- Non è che possiamo fare un doppio? – ci chiede un ragazzo occhialuto.

- Vieni Ruggero! Stai scappando anche tu dalla festa? Come ti capisco …

- Ma no, è una bellissima festa, io …

- Non mentire, Ruggero! Non c’è bisogno! Dai, giochiamo, fai coppia con me? – gli chiede Gaia. Ruggero sembra contento della proposta e malgrado la tenue luce mi sembra di vederlo arrossire un po’.

Iniziamo a giocare e dai discorsi capisco che Gaia conosce Ruggero fin dai tempi della scuola materna. I suoi genitori hanno un ristorante in piazza e non sono potuti venire, così hanno mandato solo lui. Mi sembra un tipo tranquillo, così gli scocco un sorrisone quando mi fa i complimenti per come gioco.

Dopo tre partite vediamo arrivare la mamma, accompagnata da Patrizia.

- Ah, ecco dove vi eravate rintanati! È davvero così tremenda questa festa? – chiede Patrizia alle sue figlie, con un broncio semiserio.

- Ma cosa dici, mamma? – le risponde Gaia ridendo – è solo che è piena di bacucchi e c’è una musica improponibile!

- Tu ti diverti solo con i cavalli, Gaia!

- Sì, hai ragione – ride lei.

- Spero di non interrompere una partita – fa allora la mamma – ma noi dovremmo andare, Clizia.

- Ci mancano tre punti e le stracciamo queste mocciose, vero Ruggero? Possiamo finire e conquistare la medaglia? – chiede Gaia.

La mamma e Patrizia si siedono su una panchina a chiacchierare, e Gaia e Ruggero ci stracciano davvero. Fanno proprio una bella coppia di giocatori e credo che a Ruggero non dispiacerebbe fare coppia con Gaia anche nella vita. Dopo poco salutiamo tutti e ci avviamo all’uscita, accompagnate dalla signora Patrizia.

Mentre attraversiamo la strada per tornare a casa nostra restiamo in silenzio.

- Cosa succede, Clizia? – mi chiede la mamma a un tratto, mentre tira fuori le chiavi per aprire il portone.

- Niente.

- Questo non è un niente niente, è un niente qualcosa – mi risponde, mentre si ferma ad osservarmi.

- Mi chiedevo solo cosa ci facessimo là. Quello non è il nostro posto, mamma – rispondo, facendo spallucce – Ci sono stati momenti in cui mi sono sentita in imbarazzo e non mi è piaciuto.

- Uhm, sì, capisco … solo imbarazzo? O forse anche un po’ di invidia? Però … - la mamma parla a tratti, quasi scegliendo le parole, forse non sa nemmeno lei esattamente cosa vuole dirmi, ma ha un pensiero preciso in testa, lo vedo dagli occhi.

- Però? – la incoraggio allora io.

- Però vedi, il punto è che devi guardare oltre. Tu sei abbagliata, Clizia, e anche un po’ spaventata, forse. Devi … dobbiamo rivedere tutto nella giusta prospettiva. Ora siamo ancora un po’ scossi da tutto quello che è successo, ma tu non sei Cenerentola, e noi siamo davvero, davvero fortunati per tante cose. E non devi mai sentirti fuori posto: tu sei una ragazzina fantastica, non imprigionarti in quello che pensi debba essere il tuo mondo.

- Mamma, ti voglio bene – le dico solamente, spianandole la ruga pensierona che le si è formata durante questa chiacchierata – sai che non vorrei aver scelto nessun’altra mamma, vero? Lo sai che dalla nuvolina dove ero prima di nascere ti ho vista e ti ho scelta fra milioni di mamme in vendita al mercato delle mamme? – mi affretto a dirle, riproponendole il gioco che facevamo quando ero piccola. Non vorrei avesse capito male i miei sentimenti.

- Lo so – mi risponde lei sorridendo – domani allora andrai a scuola con Serena a vedere se siete in classe insieme?

- Si, ma mi sono scordata di fissarci.

- Non importa, tanto domani mattina per ringraziare della bella serata e dei regali ricevuti porteremo a Patrizia un bel mazzo di rose … il roso della nonna ha bisogno di essere sfoltito, no? – mi dice, strizzandomi un occhio – Ci deve essere ancora da qualche parte un po’ di retina colorata per confezionare il mazzo.

- A proposito, le tue torte se le sono pappate in un battibaleno. Quando sono tornata su con Gaia e Serena c’erano solo i vassoietti con le briciole!

- Niente male per un’imbranata in cucina, no? – mi fa allora la mamma, prima di darmi un bacio e spedirmi a letto.

Entro in camera mia. La nonna dorme con il suo solito soffietto da piccola locomotiva, ma ormai ci sono abituata. Mi chino su di lei e la guardo dormire: ha il viso rilassato. Forse sta facendo un bel sogno. Per oggi rinuncio al mio letto e scivolo nel lettone con lei, cercando di non fare rumore, per non svegliarla. È strano, ma non ho voglia di dormire. Incrocio le braccia dietro la nuca e mi metto a pensare, fissando il soffitto. Ripenso alla nostra vecchia vita. Non che fossimo ricchi, però ce la godevamo abbastanza. A parte il mutuo da pagare, non rinunciavamo a cose piacevoli: un fine settimana a sorpresa fuori città per esempio, un teatro, un pranzo in qualche trattoria fuori porta la domenica, un vestito particolare per la mamma, il profumo preferito del babbo, qualche regalo extra per me … insomma, usavamo i soldi per vivere piacevolmente, pur non sperperandoli. Le nostre spese non erano mai esagerate e non avevamo mai chiesto prestiti per comprare qualcosa che non potevamo permetterci. Ora invece era entrata in vigore l’austerità: niente spese, a meno che non fossero davvero necessarie. E per fortuna avevamo una piccola somma messa da parte per gli imprevisti!

Vabbè, mi sa che è ora di dormire o domani sarò uno straccio! Prima però controllo i messaggi sul cellulare: ce n’è solo uno di Erina.


Già, fra pochi giorni anche Erina torna dal mare. Dovrò farle un regalo per il suo compleanno. Si può catalogare come “spesa estremamente necessaria”? Bisognerà che mi inventi qualcosa.


Continua ...




"Clizia T. - Lo spessore dei sogni", di Daniela Darone

Foto di Jenny K. su pexels

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