LA LETTERA DI THERESE
Rientro a casa in un lago di sudore. Mi sono piccata che sarei andata fino a scuola a piedi, ma non sono esattamente due minuti di strada e per di più è quasi tutta in salita. Comunque in segreteria mi hanno confermato che sarò in classe con Serena: III A. Lista dei libri presa. Ora non mi resta che fare un salto in Via San Gallo al negozio di libri usati.
Rientrando trovo il babbo, d’umore neutro, e la mamma seduta al tavolo che prende appunti da un libro di cucina. Mi ricordo improvvisamente della busta di Therese e vado a prenderla. Il babbo ha un moto di sorpresa e mi scruta come se dovesse carpirmi chissà quale segreto. Gli restituisco uno sguardo in codice che dice “non so nulla di particolare: è solo una busta” e vado dalla mamma.
- Allora? L’hai sfangata? – le chiedo. Chissà perché, ma da quando li vedo fragili, mi sento più un’amica che una figlia.
Alza gli occhi: sembra stanca, dubbiosa e pure un po’ impaurita.
- Mah, è avanzata un sacco di roba: o mangiano poco, oppure ho fatto una schifezza! Tu che dici?
- Ma col menu differenziato di Gioia?
- Verdure grigliate e formaggio alla piastra: abbastanza facile.
- Gli altri?
- Carne ai ferri, verdure grigliate anche a loro. Niente primo. Macedonia e sorbetto al limone comprato già fatto. Patrizia mi ha detto che potevo fare quello che mi pareva, scegliendo fra primi e secondi. Non fanno pasti composti da tutte le portate, per fortuna! Forse non sono così interessati al cibo … beh, eccetto Gaia e Letizia: loro sì che mangiano! Per fortuna che in frigo avevano dei budini di cioccolato. Comunque oggi sono libera. Andy sarà al maneggio tutto il giorno e poi ha una cena con degli amici, Patrizia e le figlie hanno impegni vari e non ci sarà nessuno a casa. Mi hanno detto che per cena si arrangiano. Non è che non hanno il coraggio di dirmi che l’esperimento è andato male?
- Ma no, mamma! Dai, studiati qualcosa di buono per domani. Se dovevano darti una brutta notizia te l’avrebbero già data, no?
- Grazie, Clizia. Vi siete divertite al balletto ieri?
- Oh, sì, molto. Peccato solo che la nonna sia ripartita.
- Già … è dispiaciuto molto a tutti, come sempre ... cos’è quel foglio?
- La lista dei libri di scuola. Credo che la troverai deprimente: quando andiamo a cercare i libri usati?
La mamma aggrotta le sopracciglia.
- Suppongo che potremmo farlo stasera. La nonna mi ha preparato un sughetto ai fiori di zucca per la pasta che farò domani. Lo nasconderò in un tegamino e lo tirerò fuori come un coniglio dal cilindro!
- Mamma! Questo è barare!
- Macché! Ho seguito attentamente il procedimento mentre la nonna lo preparava e la prossima volta sarò in grado di farlo anche io. Vedi? Ho pure il mio quadernino degli appunti … dai, vai a prepararti! Ma perché non sei andata in moto con lo zio a scuola? Ti saresti risparmiata la sudata!
- Me la volevo cavare da sola.
- Però! – mi fa la mamma, senza riuscire a nascondere un’aria compiaciuta. Solo allora diamo un’occhiata al babbo. Ha letto il messaggio di Therese ed ora è davanti alle vetrate della sala e scruta attentamente il panorama. Io e la mamma ci guardiamo interrogative. Tiene la busta stretta, serrandola con forza.
- Vieni con noi, Pietro? – gli chiede la mamma. C’è una pausa e la risposta tarda ad arrivare.
- No … io … devo andare a riprendere la macchina dal meccanico – conclude velocemente, prima di uscire dalla stanza. Dopo un attimo rientra, con un sorriso strano.
- Beh, siamo una famiglia e ci siamo sempre detti tutto. Penso che dovreste leggere anche voi queste righe di Therese.
Ci porge la busta e la mamma, con un cenno, mi fa capire che devo prenderla. Non so cosa aspettarmi, perché il babbo sembra commosso e colpito da quello che ha letto. Il biglietto nella busta è un semplice foglio piegato a metà, dove Therese ha scritto poche righe nella sua bella calligrafia. Nel foglio piegato ci sono dei soldi.
Mio caro Pietro,
mi conosci, sai che sono una donna di molte azioni e pochi sermoni. Ricordi quando da ragazzo me lo cantilenavi per prendermi in giro? Non cambierò certo ora, che sono vecchia. Ho affidato a Clizia questa lettera, in modo che te la consegnasse quando fossi partita, altrimenti non l’avresti mai presa. Lo so come sei fatto. Nella busta ci sono dei soldi. Accettali. Non sono un prestito, né un regalo. Sono tuoi, e basta. Dimenticavo, il conto del meccanico è saldato!
Ti abbraccio amore mio. Mamma Therese
Mamma Therese. Mamma Therese. Di tutte le parole, queste due sono quelle che mi danzano nella testa, sembrano fare un grand jeté, un’arabesque, poi una piroetta, e finire in un plier …. Mamma Therese. Queste due parole mi fanno commuovere fino alle lacrime. Rimaniamo tutti e tre ammutoliti e con gli occhi lucidi. Non sappiamo cosa dirci. Ogni cosa sembra stupida. Alla fine io e la mamma ci avviciniamo al babbo e ci stringiamo, per un attimo. Corrente di calore umano. Bello.
- Andiamo tutti e tre a riprendere la macchina. Poi vi accompagno fino in Piazza della Libertà, così se trovate i libri almeno non fate il viaggio di ritorno cariche di pesi.
- Clizia, perché non chiami Erina? Potete fare un giro in centro insieme. Io e il babbo potremmo sbrigare delle commissioni e tornare a prenderti dopo.
Faccio spallucce.
- Forse è meglio di no. Insomma – continuo velocemente, vedendo gli sguardi dubbiosi dei miei – magari non troviamo subito tutti i libri al primo negozio e dobbiamo fare un salto da qualche altra parte … poi in fondo ci siamo viste alla festa. Mi farebbe più piacere, dopo essere stati in centro, tornare qui e andare in biblioteca a cercare dei libri. Serena mi ha detto che per le vacanze estive le avevano dato da leggere due libri di Calvino. Dovrei leggerli anche io, dato che saremo nella stessa classe. La professoressa potrebbe voler fare una verifica all’inizio della scuola: se non li leggo, come faccio?
- Beh, a questo non avevo pensato. Brava Clizia! – mi dice la mamma, osservandomi compiaciuta. Non avessi avuto la coscienza sporca, forse non avrei fatto parola di Calvino con i miei!
- Oh, la nonna ti ha regalato la sua coccinella! Ma come hai fatto a convincerla? – mi chiede la mamma, notando la catenina che porto al collo.
- Mah! Si vede che alla fine si è decisa! – rispondo, arrossendo un po’.
Dopo la parte che mi ha fatto lo zio e il discorso serio della nonna, ora mi tengo fissa questa coccinella al collo per ricordarmi della promessa che ho fatto a me stessa: basta cavolate. Sono cresciuta. Voglio aiutare i miei. Voglio conquistarmi quello che mi piace, impegnarmi. Essere coraggiosa. Inventarmi modi per essere contenta. E sentirmi questa collanina al collo mi ricorda che devo filare dritta, o la nonna racconterà tutto ai miei e loro si infurieranno e probabilmente sarò in punizione per tutta la vita. Amen. La nonna, alla fine, più che regalarmi una collanina, mi ha messo un collare anti-scemenza … wow! Astuta Annalena!
Continua ...
"Clizia T. - Lo spessore dei sogni", di Daniela Darone
Foto di Markus Spiske su Unsplash
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