Siamo tigri, Pamela! Questa è la foto del disegno che mi ha regalato Arturo. |
Cara Pamela,
come sono stata felice di ricevere la tua lettera! Come
stai? Sapessi che nostalgia mi prende in dei momenti! Vorrei poter essere di
nuovo con te e poter vedere questo Flavio di cui mi scrivi, che evidentemente
ti ha proprio rubato il cuore! Ho attaccato in camera mia l’immagine delle “Tre
Grazie” di Rubens che mi hai mandato. Ogni tanto la guardo e mi sembra
rappresenti un ponte di collegamento fra noi, il segno tangibile che non mi
sono sognata la mia vita di prima. Ma basta, non voglio stare a lagnarmi.
Qualcosa di interessante ho fatto anche io e voglio raccontartelo.
Adele sta diventando la mia migliore amica (di qui,
ovviamente. Non fare il broncio: sai che, più che un’amica, ti considero una sorella)
e così passiamo molto tempo insieme. Più volte sono stata a casa sua e lei è
venuta da me. Ho avuto così occasione di conoscere i suoi genitori (Mauro e
Maddalena), che sono molto più aperti e festaioli dei miei (non ci sono quasi
più le mamme dei nostri tempi, ora sembrano tutte eternamente giovani e vestite
come ragazze!) e suo fratello Arturo (si chiama come tuo cugino! Ma non chiedermi se è carino: fa la quinta
elementare!). Il suo babbo è professore in un liceo e la sua mamma è una
psicologa. Una sera mi hanno invitata a rimanere a cena da loro. È stata una
cena diversa da come me l’aspettavo. Mauro, tutto sorridente, mentre
inforchettava gli spaghetti mi ha
chiesto all’improvviso:
“E allora Melania, dicci un po’: sei felice?”
“Credevo fosse sua moglie la psicologa”, mi è venuto
da rispondergli, sorpresa. Si sono messi tutti a ridere e mi sono stupita io
stessa della mia risposta: non conoscendolo bene, a mente fredda, non mi sarei
mai sognata di rispondere così, ma invece le parole mi sono proprio sgorgate di
bocca, anche se subito dopo mi sono sentita un po’ sfacciata. Lui invece non ha
fatto minimamente caso al mio inziale imbarazzo e ha risposto che in realtà lui
si stupiva che nessuno ci facesse delle
domande così fondamentali! Sinceramente mi ha spiazzata! Secondo te, Pamela, cosa
rende la gente felice o infelice? Mauro ha detto che nei paesi ricchi la
felicità è in diminuzione, che ci sono sempre più malattie mentali, episodi di ansia
e depressione, dipendenze da droghe … Sua
moglie, Maddalena, mi ha raccontato che si sono fatti strada dei fenomeni che
mai ci saremmo sognati in passato: uno di questi si chiama Hikikomori: giovani
che si isolano da qualunque relazione sociale e non escono più di casa,
addirittura per anni! (A te non potrebbe MAI succedere, credo che se potessi abiteresti
fuori, magari in un bosco, se non fossi così freddolosa. Sei il manifesto
vivente di Walden e saresti stata un’ottima amica di Thoreau!). Insomma, questi
ragazzi in pratica rifiutano la società e il mondo, perché non sanno adattarsi
al sistema sociale, non si sentono in grado di sopportare la pressione e le
aspettative della scuola e del mondo lavorativo. Da qui è nato un piccolo
dibattito a cena, dove ci siamo chiesti cosa fosse più importante: l’unicità di
una persona o la necessità di conformarsi a un gruppo? Io e Adele abbiamo detto
che forse questi ragazzi sono particolarmente introversi, o forse si
rinchiudono in casa per ribellarsi a una società che non approvano. Secondo Maddalena
però non è un buon metodo per protestare contro qualcosa che non condividi:
bisogna avere il coraggio delle proprie idee e, se occorre, bisogna trovare la
forza di prendere in mano la situazione e cercare di cambiarla. Già, è vero, le
abbiamo viste sui libri le foto delle manifestazioni contro la guerra del
Vietnam o le dimostrazioni non violente di Martin Luther King! Ti ricordi?
Maddalena dice che anche in questo periodo ci sono esempi di ragazzi che si
impegnano per portare avanti le proprie idee, ma che molti invece sembrano un
po’ apatici e disinteressati alle grandi questioni del mondo. Forse a volte manca
un po’ di spirito critico, la capacità di pensare con la propria testa o
semplicemente la voglia di farlo. O forse ci manca il tempo. Penserai che sia
impazzita. Eppure è vero. Quello che ho notato in questa società è proprio la
mancanza di tempo. La pressione e la competizione scolastica sono aumentate
tantissimo e non abbiamo tempo per coltivare altri interessi che potrebbero
regalarci una vita equilibrata. Adele dice che i ragazzi hanno perso il piacere
di imparare perché sono ossessionati dall’ansia per i risultati, sono sempre a
paragonarsi agli altri (non solo sulla scuola, ma su molte altre cose). Lei per
esempio è molto brava, ma studia tantissime ore al giorno e mi dice che nella
sua classe i meno bravi si convincono di essere delle schiappe e si annodano in
una spirale di bassi risultati e scarsa autostima. La missione impossibile,
sembra, è far capire ai professori che caricano gli studenti di troppi compiti.
È chiaro che non sono tutti così, ma quando perfino Arturo mi ha detto che passa quasi tutto il fine settimana a fare le lezioni, capisci che forse
qualcosa da rivedere c’è! Io non ricordo di aver mai studiato così tanto alle
elementari! Un suo amico che va già alle medie è messo molto peggio e ha
addirittura dovuto lasciare il basket.
Anche i genitori di Adele pensano che la scuola
dovrebbe lasciarci più tempo libero nel pomeriggio e che studiare e basta non
farà di noi delle persone migliori, anzi! Mi hanno anche spronata a cercare la
cooperazione fra compagni di classe, perché Maddalena mi ha detto che in questo
modo sviluppiamo l’intelligenza cognitiva, emotiva e la capacità logica. E
impariamo a lavorare in gruppo: sembra sia un’abilità richiesta in questi anni.
Ci serve acquisire capacità di elaborare le informazioni, spirito critico e creatività.
Mauro sostiene da tempo che sarebbe utile seguire i
metodi delle scuole del nord Europa: non hanno verifiche o interrogazioni (tante
volte i voti dei compiti in classe e delle interrogazioni, per vari motivi, non
sono molto oggettivi …) e non fanno lezioni frontali: la relazione centrale è
fra gli studenti, che svolgono lavori di gruppo e sviluppano dei progetti,
supportati dai professori. Anche le scuole che seguono il metodo Montessori (ce
ne sono tante nel mondo e, assurdo, poche in Italia!) incoraggiano la
partecipazione e la cooperazione e lasciano all’adulto il ruolo di osservatore
e supporto per aiutare i ragazzi a sviluppare le loro potenzialità.
La scuola, negli anni, non si è rinnovata molto, ma
ora forse avremmo davvero bisogno di un modello diverso.
Forse anche i professori sono in difficoltà. Magari
qualcuno cerca anche di fare qualcosa di diverso e di cambiare qualcosa, ma
sono a loro volta imprigionati dalla burocrazia. Forse dovremmo essere noi
stessi e i nostri genitori a chiedere una scuola diversa, a proporre
un’alternativa … chissà, magari basterebbe ridurre gli alunni per classe, ma
servirebbero più soldi da investire nella scuola (mentre invece qui mi dicono
che negli ultimi anni i vari Governi hanno tagliato i fondi proprio alla scuola
e alla sanità pubblica).
Ma sto tergiversando! Parlavamo della felicità e,
insomma, alla fine siamo arrivati alla conclusione che è proprio vero che i
soldi, per essere felici, non contano, o meglio, contano solo per quelle
persone che non arrivano a fine mese, come si dice. Le cose davvero importanti
sono le relazioni fra le persone. Purtroppo però oggi è più difficile stabilire
relazioni soddisfacenti: i giovani sono più soli rispetto ai nostri vecchi
tempi e hanno difficoltà a fare amicizia. Anche perché ho scoperto che noi ragazzi
siamo una specie in via di estinzione, proprio come le tigri! Mauro mi ha detto che oggi i ragazzi
sotto i 18 anni in Italia sono circa dieci milioni (il 16% dei residenti!). La
popolazione è invecchiata cara Pamela e nascono meno bambini (questo vuol dire
che ho anche meno possibilità di trovare un ragazzo carino di cui innamorarmi.
Forse dovrò accontentarmi! Scherzo, dai! Nella prossima lettera ti racconterò
proprio di un tipo che incontro ogni giorno … anche se ancora non lo conosco e
non so nemmeno come si chiama!).
Cara Pam, ho cercato di riassumerti come meglio potevo
questa strana cena, durante la quale mi sono sentita grande, ma impreparata per
gli argomenti di cui abbiamo parlato. Ascoltavo e cercavo di capire, ma mi
rendo conto che mi mancano delle basi. Cercherò di costruirmele, di chiedere,
di essere curiosa in modo da capire come funziona questo nostro mondo. Fra
qualche anno andremo a votare, Pam: sarà bene avere le idee chiare.
A proposito, con i corsi di storia moderna che stiamo facendo
al Campo Base, posso assicurarti che dal 1945 in poi ne sono successe di cose
interessanti. Ogni tanto, quando hai tempo e voglia, sfoglia quei libri di
scuola, nei quali le sottolineature arrivano solo alla seconda guerra mondiale
… vai avanti a leggere fino alla fine del libro per conto tuo. Interessati! Fai
domande!
Ho paura di sembrarti noiosa con questi discorsi. Tu nelle
tue lettere sei sempre così carina e spumeggiante. Non so cosa mi sia successo:
mi sembra di sentirmi più “grande”. Forse il cunicolo spazio tempo che ho
attraversato per arrivare qui mi ha lasciata uguale nell’aspetto, ma a volte
temo di essere diventata più grande di qualche anno come intelletto. Questa
idea mi inquieta un po’ … a volte sospetto che dentro di me “viva” una donna
matura e che qualcosa non sia andata per il verso giusto nel “trasferimento”.
Secondo te è possibile? I miei dicono di no e che anzi, è normale maturare alla
nostra età.
Ah, quasi mi dimenticavo di farti
una domanda importante: allora Pam, dimmi, sei felice? Ricordami di chiedertelo
spesso amica mia!
Baci, Mel
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