VIA GHIBELLINA, A NASO IN SU
Via Ghibellina. A naso in su sembra di camminare in una strada dell’Ottocento, con le belle lanterne d’epoca. Mi immagino con un vestitone lungo, stile vittoriano, di un vivace colore verde smeraldo, di seta o di un bel broccato ricamato: la gonna ampia ondeggia ad ogni mio passo, grazie alle vaporose sottogonne e il corpetto aderente mette in risalto il punto vita.  Tutti si domandano chi sia questa giovane donna, che cammina sicura di sé, il cui volto è celato dal velo del cappellino … Ah, che bello sognare! Essere ammirati, cavalcare il mondo con sicurezza. Io invece, mentre mi avvicino alla piazza dove ho fissato con Erina, sono agitata e mi batte forte il cuore. Chissà se ci sarà solo lei o tutto il gruppo.
Appena mi affaccio, vedo il solito via vai di turisti e mi avvio verso la nostra panchina, ma non c’è ancora nessuno. Strano, penso all’inizio, ma poi realizzo che è troppo presto. Gli altri saranno ancora a casa: chi a studiare e chi a rilassarsi un po’. Sono io che sono in anticipo rispetto ai soliti orari. Mi siedo in attesa che arrivi Erina e intanto tiro fuori il cellulare per fare un giochino. Mi sono appena immersa in Angry Birds quando all’improvviso qualcuno alle mie spalle mi tappa gli occhi.
-      Erina! – tiro a indovinare.
-      Che intuito! – ride lei, con quella risata piena e gorgheggiante che conosco così bene. Rido anch’io e mi alzo per salutarla.
-      Non vedevo l’ora di vederti!
Ci abbracciamo e solo in quel momento mi accorgo che c’è qualcun altro con lei.
-      Ciao Clizia. Che bello vederti! - mi saluta Vanessa, sorridendo.
-      Oh … ciao Vany. 
Lì per lì rimango perplessa. Non pensavo venisse anche lei. Speravo che venissero Davide e Massimo magari, ma lei non l’avevo proprio presa in considerazione. Mi dà un po’ fastidio, ma cerco di non farlo vedere, anche se mi ero immaginata più un pomeriggio solo io e Erina a chiacchierare fitto fitto.
-      Vany aveva voglia di vederti e così mi ha chiesto se poteva venire anche lei: non c’è problema, no? – mi chiede Erina. Ha un rossetto rosa e un colore alle guance che non è naturale, anche se sembra. Trucco sapiente. Le lezioni di Grazia stanno funzionando.
-      No, figurati! 
Vany tuffa le mani nelle tasche del giubbotto. Se ne sta lì in attesa, sorridendo, e sembra davvero contenta di vedermi. Che stupida che sono, mi dico fra me e me. Vanessa non è truccata come Erina, ma ha il mascara verde che riprende i suoi occhi e io lì per lì mi pento di non essermi data nemmeno un velino di crema colorata per contrastare il mio pallore.
-      Facciamo un giro? Torniamo dopo qui, quando arrivano anche gli altri.
-      Ok.
Ci avviamo verso Borgo dei Greci, per immergerci poi nella solita vasca di Via Calzaioli.
-      Quindi è ricominciato il corso di judo. Com’è andata la prova, Vanessa?
-      Insomma, non è che sia il sogno della mia vita, ma qualcosa devo fare. Avrei preferito pallavolo, ma è troppo impegnativo perché ci sono le partite nel fine settimana … e poi a judo almeno c’è Erina.
-      Sì, così chiacchieriamo di quello che succede a scuola. Ma dicci di te, dai! Tanto qui, lo sai, sono sempre le solite storie, le solite facce, i soliti prof … oh, a proposito, quello d’arte si domandava che fine avessi fatto. Mi sa che gli sia dispiaciuto che quest’anno non sarai con noi.
-      Oh, veramente pensavo che mi odiasse o giù di lì!
-      Beh, non direi proprio … è andato a scartabellare fra la roba dello scorso anno e ha ritirato fuori il disegno del ciondolo che avevi fatto. Sai quello del concorso fra le scuole dove avevi vinto il secondo premio? L’ha attaccato in classe. Alla preside è venuto un infarto quando l’ha visto: hanno ripitturato i muri quest’estate e lui non va ad attaccare il disegno prima che avessero montato i listellini di legno? L’hanno sentita urlare a chilometri di distanza!
-      Beh, dovete sopportarla solo fino a giugno! L’anno prossimo saremo alle superiori. Chissà, magari potremo essere di nuovo in classe insieme. Tu hai già qualche idea, Erina?
-      Non lo so. Forse mi piacerebbe iscrivermi all’alberghiera. Grazia mi ha detto che un suo amico va lì e tutti gli anni in estate fanno uno stage in Europa. Potrebbe essere interessante per levarsi un po’ di qui.
-      Allora niente Versilia nei tuoi progetti per il prossimo anno?
-      Che ne so! È che anche Davide comincia a scalpitare per fare qualcosa di diverso. Ma tu poi pensi di andare al liceo classico?
Aggrotto la fronte.
-      Non so se mi vedo proprio come una da liceo classico …
-      La prof. di italiano te l’aveva suggerito l’anno scorso. Ti ricordi? Poi tuo zio ti potrebbe dare una mano.
-      Figurati! Mr. Disciplina pretenderebbe dei risultati eccellenti, peggio dei miei genitori. Credo che mi converrà orientarmi su altre scelte. E tu, Vanessa?
-      Buio totale. A me piacerebbe fare la stilista, ma fino a che non facciamo gli open day non ci voglio pensare. Sto ancora cercando di farmi una ragione che è ricominciata la scuola e che quest’anno ci sono gli esami!
-      Basta parlare di scuola, ragazze! Perché non raccattiamo un po’ di merce? - ci chiede Erina, facendo l’occhiolino. Vany sorride. Le guardo interrogativa e loro scoppiano a ridere.
-      È la nostra ricetta contro il caro vita! Facciamo le vasche fino a che qualche ragazzo non viene a chiacchierare per conoscerci, ci parliamo un po’, facciamo amicizia e intanto adocchiamo se ha dei braccialetti carini. Poi, facile, gli chiediamo se ce ne regala uno.
-      A volte ce li regalano, a volte no.
-      Quasi sempre sì, Vany! Non fare la modesta! – la riprende Erina.
-      Ok, sì … abbastanza spesso. Vedi? - e mi mostra il polso pieno di braccialettini di corda.
-      Tutti trofei di caccia?
-      Beh, non tutti …
-      Guarda i miei! – mi dice Erina. Faccio un rapido confronto. Quelli di Erina sono di più.
-      Poi, quando ci chiedono il numero di cellulare, glielo diamo sbagliato. Il numero giusto lo diamo solo a quelli carini, anche perché abbiamo il progetto “San Valentino” in mente …
-      Sarebbe?
-      Quest’anno, entro il 14 febbraio, vogliamo avere un ragazzo. Così ci fa un regalo, no?
-      Beh, certo, sarebbe bello, ma solo se ti piace davvero qualcuno, non per avere un regalo!
-      Cli, è da sfigati non piacere a nessuno. I ragazzi ci devono morire dietro.
Proseguiamo le nostre vasche e mi viene voglia di raccontare a Erina di Yukiko, ma non ho tanta confidenza con Vanessa e mi sento un po’ a disagio, così parliamo del più o del meno, guardiamo le vetrine, entriamo da Kiko a provarci i trucchi e riesco perfino a mettermi un po’ di terra. Nessun ragazzo ci ferma, anche se ogni tanto qualcuno ci lancia qualche occhiata e io immagino sempre che siano rivolte alle mie amiche. Finalmente, dopo un salto da Feltrinelli, ci incamminiamo verso Santa Croce. Come lasciamo via Torta, focalizzo lo sguardo sulla nostra panchina: sì, ci sono! Ecco lì il solito gruppetto! Il cuore mi balza in gola e comincia a battere furioso. Qualcuno ci vede arrivare e si voltano tutti. Grandi sorrisi. Mi abbracciano, mi schioccano bacini, mi danno qualche arruffata sui capelli. Una gran confusione di domande e commenti mi sommerge e non so a quale rispondere per prima. Nel piccolo crocchio si affacciano anche Massimo e Davide: sorriso aperto di Massimo, occhiata obliqua e sorriso assassino di Davide.
-      Rieccola qui la petite française – mi sussurra all’orecchio Davide, mentre mi dà un bacino. Le gambe mi diventano all’istante di burro e ringrazio di essermi data quel po’ di terra da Kiko per mascherare il rossore che mi sento affluire sulle guance.
Stiamo lì a chiacchierare alla panchina, come ai vecchi tempi, e tutti mi chiedono di me e della nuova casa, la scuola, i professori. Io riesco pure a essere spigliata, senza impappinarmi come mi capita spesso quando sono al centro dell’attenzione. Sposto quasi tutti i miei racconti su Albert, i suoi numeri di giocoleria, i suoi buffi tentativi di chiacchierare in italiano col suo forte accento tedesco. Ogni tanto Erina si inserisce nei discorsi e lancio delle occhiate a Massimo, che la guarda sempre con quell’aria da cane fedele che aspetta che il padrone si accorga di lui e gli lanci un osso. Mi verrebbe voglia di dargli una scrollata, perché mi fa tenerezza, ma anche un po’ rabbia: magari sembro scema come lui quando Davide è nei paraggi! Il tempo passa in fretta e mi accorgo che è l’ora di tornare a prendere l’autobus. Mi si stringe il cuore.
-      Ti accompagno alla fermata – mi dice Erina.
-      Veniamo anche noi ad accompagnarti, vero Massimo? – chiede Davide, con un cenno della testa. Massimo si alza, pronto a seguirci. In quel momento arriva Grazia e Davide ha un gesto di ripensamento. Forse deciderà di restare lì, ora che è arrivata lei.
-      Cli! Ma da dove sbuchi? – mi sorride Grazia, con le belle labbra rosso fuoco.
-      Eh, avevo voglia di vedervi!
-      E noi avevamo voglia di vedere te! Ma vai già via?
-      Purtroppo con l’autobus mi ci vuole una vita a tornare a casa!
Sorride e annuisce, comprensiva.
-      Allora ci vediamo la prossima volta, Clizia!
-      Noi andiamo ad accompagnarla alla fermata – dice Massimo – tu Davide che fai? Vieni?
Immagino già quello che dirà e cerco di lottare per non piazzarmi in faccia come un display il mio scontento. Ora che lei è qui, figurati se viene con noi! Invece mi sorprende.
-      Certo, non te l’ho proposto io? Ciao ragazzi, ci si becca in giro.
Grazia sembra perplessa. Si scambiano un’occhiata, ma non riesco a leggerci dentro. Ci incamminiamo verso via Verdi e fatti pochi passi torno a voltarmi, non so perché. Grazia è lì che ci guarda mentre ci allontaniamo. Solleva una mano per salutarmi.
Mentre andiamo tutti e quattro alla fermata, chiacchieriamo come ai vecchi tempi e a Davide sparisce perfino quell’aria che mette su quando siamo in gruppo. Sembra sempre che debba dimostrare qualcosa o darsi un tono da duro. Lungo Via Fiesolana Massimo si mette a raccontarci barzellette. Non ho idea di come faccia a saperne tante e a farsele venire in mente a raffica! Soprattutto sa raccontarle e ci sganasciamo dalle risate. Si voltano perfino a guardarci perché ridiamo come dei matti! Davide, per non essere da meno, si lancia in qualche imitazione dei loro prof. A un tratto Erina si ferma a guardare una vetrina e Massimo l’aspetta. Io e Davide proseguiamo. C’è un attimo di silenzio all’inizio.
-      Allora come va a Fiesole? Prima sembrava tu fossi contenta.
-      Uhm, mi sforzo di adattarmi, anche se non è semplice. Mi dispiace da morire non vedere più Erina tutti i giorni e poi ancora non ho ben capito dove si ritrovino i ragazzi.
-      Oh, allora sei in cerca di un ragazzo …
-      No, ma che hai capito? Mi chiedo solo dove si ritrovino le compagnie di ragazzi come noi.  Finché siamo a scuola, ok, ma quando poi ognuno torna a casa sua e magari il pomeriggio esco per fare un giro non incontro mai nessuno. È come se scomparissero tutti fino alla mattina dopo! Non ho ancora capito dove si rintanino!
-      Forse basterebbe chiederglielo, no?
-      Già. È che ancora non ce l’ho fatta a mettere tutto in ordine nella mia testa. Sono successe diverse cose ultimamente … - lascio il discorso sospeso e mi volto a guardarlo, perché mi piace quest’aria complice che si è creata. Anche lui si volta a guardarmi, e riesco solo a pensare che forse basterebbe avere un minimo di coraggio in più e farmi uscire di bocca la verità completa. E cioè che non è che mi manchi proprio solo Erina, ma mi manca tanto tanto anche lui. Che lo penso tutti i giorni. Che mi vengono in mente tanti momenti passati insieme, anche di quando eravamo molto più piccoli e riuscivamo a parlare normalmente, come Clizia e Davide, due amici che si volevano bene senza quest’ingombrante consapevolezza di essere un maschio e una femmina … e mentre penso a tutto questo, persa dentro al suo viso, a un tratto sento una botta. Ma proprio forte. Mi sento rintronare tutti i denti e mi porto automaticamente una mano alla fronte. Ohi ohi, che dolore!
-      Clizia! Ti sei fatta male? – mi chiede Davide, spalancando gli occhi per la sorpresa.
-      Oh mamma, Cli! – mi fa Erina, arrivando trafelata con Massimo – ma non l’hai visto il lampione? Che botta!
Ovvio che il lampione c’è sempre stato: in questa strada sono passata un migliaio di volte, ma stasera ero presa da lui e ho tirato a diritto senza guardare dove andavo. Ben mi sta! Mi sa che mi sta gonfiando la fronte, ma per fortuna non esce sangue e anche il terremoto che ho sentito in testa pian piano sta passando …. Mi passo la lingua sui denti automaticamente, come per controllare che siano ancora tutti al loro posto. Erina resta lì con me, e Davide e Massimo entrano in un bar vicino per sapere se possono darci del ghiaccio. Tornano poco dopo e anche il barista si fa sulla porta del negozio.
-      Tutto a posto? – mi chiede. La gente comincia a voltarsi e io vorrei sprofondare per la vergogna.
-      Sì, grazie.
-      Vieni a sederti dentro un attimo.
-      No grazie, non mi sono fatta nulla.
-      Non si direbbe: sei bianca come un lenzuolo! Andiamo, solo un minuto …
Così entriamo, e l’uomo mi fa accomodare a un tavolino. Ci sediamo tutti e quattro.
-      Aspetta lì. Dovrei avere una pomata all’arnica, magari te ne dai un po’. Sei bianca … hai preso paura o ti fa parecchio male?
Vorrei spiegargli che sono sempre bianca, ma poi lascio perdere … se anche con la terra di Kiko sembro un fantasma, forse il barista non ha torto. Torna poco dopo con un tubettino di pomata e con un bicchiere di tè. Cerco di rifiutare, ma me lo lascia lì e se ne va dietro il bancone a servire dei clienti. Acci, quanto mi costerà questo tè?
Davide, che mi ha tenuto il ghiaccio premuto sulla fronte avvolto in un tovagliolo, controlla se si sta formando il livido.
-      Beh, domani sembrerai la moglie di Shrek: sta venendo fuori un bel verde!
-      Scemo! - gli fa Erina, mentre mi stende la pomata.
Divido il mio tè con gli altri e poi mi alzo.
-      Bisogna che scappi. Altrimenti a che ora arrivo a casa? Mi sa che ho perso pure l’autobus ormai …
Vado alla cassa per pagare il tè, sperando non mi spari una sassata, ma l’uomo mi guarda interrogativo. Poi capisce.
-      Lascia stare. Omaggio della casa. Sicura di stare bene?
-      Sicura. Grazie mille! Di tutto!
Usciamo e quasi di corsa arriviamo in piazza San Marco. Correndo mi sembra di sentire più male, il bernoccolo mi pulsa, ma cerco di non pensarci. L’unica cosa che spero è che non mi gonfi troppo finché sono qui. Non voglio che Davide mi veda conciata male!
Finalmente vediamo arrivare l’autobus.
-      Magari avere un motorino! – sospiro – non ci sarebbe bisogno di perdere tanto tempo per la strada!
-      Pensi che te lo compreranno, Clizia?
-      In questo periodo non se ne parla nemmeno, figurati!
-      Uhm, mi sa che dovremo aspettare un po’. I miei ancora non vogliono che pronunci nemmeno quella parola, anche perché stanno per comprare lo scooter a Davide e io dovrò aspettare il mio turno!
-      Da sorella minore … è ovvio … fra qualche anno prenderai il mio scarto e io me ne farò comprare uno nuovo.
-      Sì, figurati! Povero babbeo!
-      Anche io l’ho quasi spuntata – dice Massimo - se a febbraio porto la media dell’otto mi becco le due ruote.
-      Così magari ogni tanto veniamo a Fiesole a trovarti – mi dice Davide – e così vediamo se è vero che non ci sono compagnie!
L’autobus apre le sue bocche e mi faccio mangiare. Salgo e mi giro. Saluto con la mano.
-      Ciao testa vuota! – mi urla Davide, ridendo.
E dai con questo nomignolo stupido! Lo so che me lo dice solo per farmi arrabbiare, però non è che sia proprio carino. Mentre il 7 mi riporta a casa mi sento felice, nonostante il bernoccolo. Anzi, a ripensare alla scena mi viene pure da ridere; e poi sono stati tutti carini a soccorrermi. È stato un pomeriggio perfetto e Davide ha detto … aspetta … le parole precise …  “Così magari ogni tanto veniamo a Fiesole a trovarti” … Mentre ho lo sguardo ebete perso dietro a queste frasi e a ripassare fotogramma per fotogramma tutto il pomeriggio trascorso, sento sotto le dita i contorni del libro di haiku che avevo messo nello zainetto: volevo farlo vedere a Erina. Vabbè, la prossima volta.
Continua ...
"Clizia T. - Lo spessore dei sogni", di Daniela Darone 
Foto di Nelly G su Unsplash
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