Potete star certi che se
nelle sere d’estate sentite schiamazzi e urla di ragazzi, sono loro.
Affacciatevi alla finestra se volete verificare con i vostri occhi. Sicuramente
la luce della loro terrazza è accesa e ci sono almeno cinque o sei ragazzi
appoggiati alla ringhiera, alti e belli, che chiacchierano a voce alta, ridono,
fumano. È tardi e il vicinato vorrebbe dormire, ma è estate, la notte è dolce e
loro hanno tutto il tempo del mondo. Domani è ancora così lontano. Li guardo da
lontano e ricordo. Che strano che io conservi una memoria così intensa di
quella sera, che ha solo sfiorato la mia vita e travolto la loro.
Ripenso a
quella notte e a quell’uomo in macchina davanti a noi, che aveva fermato l’auto
in mezzo alla strada e non ci permetteva di passare. Stava per ripartire, ma
volgeva la testa verso il marciapiede. Lì, davanti a un portone, stava una
giovane donna, con un bambino in braccio, l’altro per mano. Il bambino accanto
alla mamma chiamava il babbo piangendo, col braccino tutto proteso verso di
lui, la piccola mano spalancata, gli occhi sgranati. Il volto e l’atteggiamento
della madre erano quelli di una statua, moderna Metis, dolente ma fiera, decisa
a non farsi travolgere dalla fatalità. Il babbo, a quella vista, scese di
macchina e andò ad abbracciare il piccolo un momento. Poi di corsa tornò al
posto di guida, pieno di impaccio, e ripartì.
- Che esagerazione – commentò mio marito – in fondo
va solo a parcheggiare …
Ma non andava a
parcheggiare. Si stavano separando e lui se ne stava andando via di casa. Se
chiudo gli occhi rivedo la scena, come fosse un film. Chissà se anche loro
ricordano. Chissà se lei ricorda quella sera.
Non l’ho più vista con un
uomo accanto in tutti questi anni, ma penso che il tempo le abbia regalato
serenità. Quando la incrocio per strada noto il suo passo elastico, giovane, il
viso sempre struccato incorniciato dai capelli corti, tagliati come un uomo.
Essenziale: deve aver rinunciato ai fronzoli, ma penso stia bene così, perché
ha il viso disteso. I bambini sono cresciuti e sono dei bravi ragazzi. Fanno un
po’ di confusione, ma è il loro mestiere.
I brutti momenti sono
passati quindi e penso che ormai non abbiano lasciato nemmeno strascichi di
rancore.
Sarebbe saggio tenere bene a
mente questa lezione: il dolore, prima o poi, passa. Anche quel dolore che
pensavamo immenso, sentivamo urlare nel nostro cuore, opprimere il respiro. Ora
ci sono le risate, le chiacchiere che rimbombano e riempiono il cortile e i
giardini nelle sere d’estate. Non fanno dormire, ma fanno bene al cuore.
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