Ormai è da tempo che Marta ha
messo un nido per uccelli in terrazza. L’ha appeso quando è iniziato l’inverno,
come rifugio contro il freddo e il maltempo. A meno che non sia stata
distratta, nessun piccolo pennuto ha usato quel nido, né per farne la sua casetta,
né come rifugio temporaneo; ma va bene lo stesso, perché la sua terrazza è
spesso frequentata da passerotti e cinciallegre. Marta ha sistemato un piccolo
vassoietto fra i vasi di fiori, che ogni giorno riempie di briciole e semi:
quanti uccellini vanno a sfamarsi lì! Sono così allegri i loro frullii di ali e
i loro saltelli ed è così piacevole ascoltare il loro canto mentre lei sfaccenda
per casa. Ogni tanto, con la coda dell’occhio, rimane ad osservarli, fingendo
di essere occupata a fare altro: sono così paurosi che scappano subito via, appena
si accorgono di essere guardati. Arrivano da soli, alla spicciolata o in coppia:
poggiano le loro zampette sul bordo del piccolo vassoio e beccano la loro
colazione. Ce n’è uno, però, che arriva sempre da solo, sceglie la sua briciola
e con un saltello e un battito d’ali la posa sulle mattonelle della terrazza.
Solo lì mangia, gustandosi quella briciola: sulla mattonella. Per lui, Marta prova
un affetto speciale. Le sembra che abbia scelto la libertà, più di altri, di
godersi il provvisorio, l’estemporaneo.
Da un po’ di tempo anche a lei
piace vivere così: pur nella griglia dei doveri e delle responsabilità, si gode
quello che capita, l’inaspettato, la sorpresa, perfino l’incertezza. Col trascorrere
degli anni ha scoperto anche che possedere e rimanere aggrappati alle cose è
stancante, e ha iniziato ad amare solo ciò che è immateriale. Si ricorda che da
ragazza amava le sue radici, le credeva importanti; oggi le fanno pensare solo alla
staticità, mentre sogna invece di affidarsi al vento, alla strada da percorrere
un passo dietro l’altro. Le strade, le strade tutte curve, quelle sì che sono
intriganti: a ogni curva ha solo voglia di andare a vedere quale e quanta altra
strada ancora nasconda quel percorso.
Ora che gli uccelli sono
volati via, impauriti da un’imposta sbattuta dal vento, Marta ne approfitta per
spazzare le briciole cadute fuori dal vassoietto. Il suo sguardo raggiunge le
case di fronte, al di là dei giardini condominiali: là, là c’è la casa dove ha
vissuto più di vent’anni. Si sofferma a guardarla, con curiosità, ma non trova
nient’altro dentro di sé: nessun rimpianto per quei muri, per quell’indirizzo,
per le quelle scale, per la vista che si gode da quelle finestre e che ricorda
così bene. Chissà perché da giovane pensava che certi luoghi fossero indispensabili:
si era creata delle convinzioni che di fatto la vita aveva smentito. Amava
ancora i ricordi, sia pur con moderazione, ma si era resa conto che quelli non
vivevano fra i muri di una casa, ma dentro le persone e che comunque era sempre
più divertente vivere il presente. Vivere il presente … ora che ci pensa, era
il motto di quel ragazzo che aveva conosciuto una vita fa e che, dopo grandi
sofferenze, aveva lasciato, perché a lui non interessava fare progetti per il
futuro, voleva vivere solo il momento. Ma a quel tempo bisognava progettare la
vita, sennò a che serviva stare insieme? Le sembrava che stessero solo perdendo
tempo, mentre invece forse, se Marta avesse vissuto con più leggerezza, le cose
sarebbero diventate serie da sole, col tempo. Certo che ne aveva di argomenti
quel ragazzo, e forse ancora di più quando si decideva a smettere di
chiacchierare e la prendeva fra le braccia … Ma ovviamente non ha senso pensarci
adesso. Marta rimette a posto la scopa e si ferma ad ammirare i suoi vasi di
gerani in fiore e i bocci che stanno per schiudersi. Qua e là nota dei fiori
secchi: deve eliminarli, in modo che le piante possano rifiorire, ancora più
rigogliose. Si china per togliere le cime ormai sfiorite: afferra i peduncoli
alla base e li stacca con decisione.
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