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giovedì 30 gennaio 2025

"Clizia T. - Lo spessore dei sogni" - Quindicesimo capitolo




LA FAMIGLIA FELICITA’

Mentre mi aiutava a prepararmi, la nonna Annalena mi ha detto di farla finita di lamentarmi e di dispormi di buona volontà per andare a questa festa.

- La mamma era così contenta dell’invito! Cerca di sforzarti un po’, no?

- Sforzarsi di andare a una festa? Non suona benissimo …- le ho risposto, torva.

Comunque adesso siamo qui davanti al cancello della villa. Sì, proprio una villa, a due piani, con delle arcate che incorniciano splendidamente delle enormi vetrate e un cancello a punte aguzze con tanto di colonnine di pietra sormontate da leoni. Non mi stupirei se ci fosse pure il ponte levatoio e lo stemma di famiglia. Si vedono milioni di luci accese dai vetri delle finestre e la musica, le chiacchiere e le risate arrivano fino a noi.

Mi è toccato vestirmi per bene, data l’occasione, ma è stata un’impresa: non trovavo proprio niente nell’armadio che mi andasse di indossare! Alla fine mi sono messa un paio di sandali, dei pantaloni rossi alla caviglia (di una minigonna neanche a parlarne, con queste gambe bianche) e un top nero. Però continuavo ad avere l’impressione che mancasse qualcosa che rendesse speciale il mio outfit. La nonna allora ha sfoderato il suo estro: ha tirato fuori dal suo cassettone un enorme foulard variopinto a tinte forti. Ci ha pensato un po’ su e poi ha iniziato ad annodarlo alla mia vita, ha fissato la parte posteriore e anteriore al collo realizzando un drappeggio e un fiocco a chiusura. Li per lì ero dubbiosa, ma quando mi sono vista allo specchio l’effetto era originalissimo. 
Vestita così sembro anche più grande: non conoscevo le doti da stilista della nonna! Da un foulard ha creato uno splendido top sblusato; deve essere merito della passata esperienza nel negozio di stoffe. “Ci sono un sacco di risorse dentro di noi”, mi ha borbottato mentre si dava da fare a sistemare il foulard “dobbiamo solo avere la buona volontà di far lavorare il cervello.”

La mamma invece indossa il suo mitico tubino nero senza maniche che le sta benissimo, il capo spalla per cui ha speso una fortuna quando ancora avevamo due stipendi che entravano in casa. Un paio di sandali con il tacco alto, chignon e collana di perle completano il look.

Dopo una vita che aspettiamo impalate al cancello con le torte in mano, finalmente qualcuno ci apre. Mi immagino già una cameriera con tanto di crestina sulla testa, e invece appare sulla porta una donna alta e magra con una tempesta di riccioli biondissimi. Abbronzatura da pubblicità. Vestito lungo blu cangiante. Una magnifica collana con un pendente tutto tempestato di strass. Nessun altro gioiello. Sto ancora decidendo se possa trattarsi di diamanti o semplici zirconi, quando la vedo scendere dai gradini in pietra indossando dei sandali dal tacco vertiginoso, con un’agilità da campionessa, quasi portasse delle scarpe da ginnastica. Viene personalmente ad aprirci il cancello, accogliendoci con un sorriso.

- Benvenute! Dovete scusarci, ma oggi si è guastato il cancello automatico! Che tempismo, eh? – così dicendo intanto ci fa entrare e saluta la mamma con un bacio, come fosse una vecchia amica.

- Tu devi essere Clizia! – dice, scandendo il mio nome come una poesia – Sei adorabile, piccola musa.

Solo in quel momento si rende conto delle torte e io vorrei averle divorate tutte mentre la mamma non vedeva. Ma che idea le è venuta di presentarsi da queste persone con due torte? Nemmeno fossimo amici intimi che si ritrovano ad una festicciola! Ho il vago sospetto che la mamma stia pensando le stesse cose e questo mi rende ancora più nervosa. Qualcuno ha una pala per sotterrarmi? Mi sa che anche la mamma pensava a una festa molto meno chic! La signora però ci leva dall’imbarazzo.

- Che profumo delizioso! – esclama, prendendo le torte - È un pensiero molto carino da parte vostra. Venite, accomodatevi.

Dentro ci sono già diverse persone che chiacchierano e bevono da bicchieri dai lunghi steli. Mi guardo in giro ansiosa e mi rilasso un po’, vedendo che i partecipanti sono tanti, delle età più disparate e soprattutto non sono tutti infiocchettati e tirati a lucido.

- Vorrei presentarti le mie figlie, Clizia, ma purtroppo sembrano disperse – così dicendo si guarda intorno e lancia lunghe occhiate alla sala. 
– Scusatemi un attimo, vado a cercarle.

Io intanto mi guardo intorno e mi sembra di essere piombata dritta dritta in un film: siamo nel bel mezzo di un immenso salone con un magnifico soffitto affrescato e le vetrate si aprono su un giardino curatissimo. C’è addirittura un pergolato su cui si arrampicano delle rose magnifiche, un piccolo tavolo tondo in pietra circondato da sedie dagli alti schienali, vialetti ghiaiosi e una statua di un piccolo angelo sullo sfondo. Guardo la mamma a bocca aperta.

- Finirai per slogarti la mascella, Clizia! Chiudi la bocca! - mi prende in giro lei, e sgrana gli occhi come a rispondere alla mia espressione meravigliata.

Esattamente al centro della sala, una scala a chiocciola porta al piano di sopra, dove penso ci siamo le camere, e sul lato opposto a dove siamo adesso s’intravedono delle scale che dovrebbero portare ad una taverna, o almeno così immagino. Proprio da quelle scalette vediamo ricomparire i riccioli ribelli della signora Patrizia. Punta decisa verso di noi e ci raggiunge, dopo essersi fermata a salutare qualche ospite che le rivolge la parola.

- Giorgia, Clizia …- ci chiama, tendendo le mani verso di noi con un sorriso - venite, vi prego, la mia famiglia è nel living. Mio marito sta preparando un cocktail e le mie figlie danno una mano con le tartine. Purtroppo la nostra cameriera, Conchita, è … in vacanza, diciamo … e dobbiamo cavarcela da soli”.

Pensando stia scherzando, scoppio in un’allegra risata, ma lo sguardo stupito della signora mi blocca. Non stava scherzando! Conchita esiste davvero! Non come la nostra cameriera immaginaria Marisa su cui fantastichiamo io e la mamma! 
Seguiamo Patrizia giù per le scale in pietra e … alla faccia della taverna che mi ero immaginata! C’è un vero e proprio salotto, con un lunghissimo tavolo in legno circondato da sedie dallo schienale imbottito, mega tappeti in terra di un blu da andare fuori di testa, mobili antichi accostati a poltrone in pelle moderne e poi un mobile al centro della stanza, anche quello moderno, che separa la sala da una cucina in muratura stile “sono straricco ma in cucina mi piace evocare la mia bisnonna che amava il rustico”. Dal soffitto, qua e là, in punti strategici e studiati, pendono delle luci che fanno pensare ad una cascata di stelle. Oh. Mio. Dio! Allora il salone di sopra per loro è un ingresso?! 
Una piccoletta bionda con i capelli a caschetto ed il visino paffuto sporco di cioccolata si gira verso di noi: sta mangiando un gelato da un’enorme tazza che tiene in bilico pericolosamente sulle ginocchia e in cui rimesta con un cucchiaione degno di un gigante. Ci rivolge un sorriso a duemila denti, anche quelli tutti marroni di gelato. Le altre figlie sono tutte impegnate a spalmare tartine e a preparare caraffe di centrifugati e succhi. Quello che deve essere il marito invece è intento a shakerare qualcosa in perfetto stile barman. Tutti interrompono le loro occupazioni e ci vengono incontro.

- Lei è Letizia, la più piccola – comincia le presentazioni la padrona di casa – e loro invece sono Allegra, Serena, Gaia, Gioia e mio marito Andy. Vi presento le nostre nuove vicine, Giorgia e Clizia.

Cinque mani si protendono a stringere le nostre, mentre cerco di abbinare i nomi alle persone che mi sono state presentate! Accidenti! Mi sono già dimenticata chi è chi. L’unico facilmente identificabile è il marito, ovviamente: la risposta italiana a Richard Gere, cavolo! Ci assomiglia da morire: magnifici capelli grigi-brizzolati, occhi intensi, camicia rosa pallido su cui spicca un’abbronzatura da manuale. Ci irradia con il suo sorriso smagliante.

- Complimenti. Avete una bellissima famiglia e una casa magnifica! – esclama la mamma, per rompere l’imbarazzo che si sta creando.

- Grazie. È stato il mio nonno a far costruire questa casa, noi l’abbiamo solo rimodernata un po’, non è così Andy?

- Mia moglie è troppo modesta. In realtà ha dato a questa villa un fascino particolare, mixando l’antico e il moderno e creando un connubio fantastico, a mio parere. A me piace il design, lei invece preferisce lo stile più vissuto, le tranquille atmosfere dello stile floreale inglese … ecco perché si è innamorata di me: un tipico ragazzo inglese di campagna! – conclude ridendo, mentre ci accomodiamo sulle poltroncine di pelle.

- Oh, adoro l’Inghilterra; ci sono stata da ragazza. Posso chiederle di quale zona è?

- Sono del Norfolk. Patrizia mi ha detto che anche suo marito non è italiano, non è così? Mi dispiace che non sia potuto venire.

- Mio marito in realtà è nato in Italia, ma sua madre era francese … è francese … e … beh, lui aveva un impegno di lavoro stasera.

- Oh, gli affari! Di cosa si occupa suo marito?

Vedo la mamma che si agita sulla poltrona.

- Beh, Pietro è un perito tessile … si occupa di processi produttivi, controllo qualità, tutte quelle cose lì ...

- Interessante – commenta Andy, porgendo alla mamma un calice di prosecco e a me un bicchiere di succo d’arancia.

- Beh, ma voi come avete fatto a conoscervi? – si affretta a chiedere la mamma, per sviare l’argomento lavoro.

- Ci siamo conosciuti in barca a vela. Patrizia era in vacanza e io ero lo skipper! Per me è stato amore a prima vista! Per lei ho lasciato il mare e ho ripreso una vecchia passione che avevo da ragazzo: i cavalli. Abbiamo un maneggio sopra Fiesole.

- Il babbo è matto come un cavallo per i cavalli! - fa la piccina mangiatrice di gelato.

- Letizia! – la riprende la sua mamma con espressione contrariata – non essere impertinente, ti prego!

- Ah, eccetto Gaia, le mie figlie non condividono la mia passione – risponde Andy, dando un’arruffata ai capelli della piccina. – Sono convinto che, se ci mettessero un po’ d’entusiasmo e di sana determinazione, anche in loro potrebbe nascere l’amore per i cavalli … ma loro non vogliono nemmeno provarci, purtroppo …

La più magra delle figlie, credo sia la maggiore, mi guarda facendo roteare gli occhi … oh oh … la mamma, senza saperlo, ha toccato il tasto dolente della famiglia Felicità. Decido di salvare la situazione.

- E lei signora Patrizia, che lavoro fa?

Lei sta per aprire bocca per rispondere, ma il marito la precede.

- Mia moglie fa il lavoro più importante: è un’eccellente madre. Ha il suo daffare a gestire una famiglia così numerosa, ma riesce a destreggiarsi! - conclude, avvicinandosi a lei e mettendole un braccio sulle spalle – Siamo una squadra, noi sette!

- Beh, certo, a tempo pieno faccio la mamma, ma Clizia forse voleva sapere qualcosa di me. Creo gioielli. Ho anche un mio laboratorio, proprio qui, dove …

- Dove non va mai, perché è sempre occupata con noi: la sua tribù – commenta la figlia secca, tenendo le braccia conserte e la testa alta, con lo sguardo rivolto alla madre. Il sorriso della signora Patrizia si spenge quasi al rallentatore.

- Oh, Gioia voleva dire che la mamma è capace di grandi sacrifici per noi! – commenta con leggerezza quella che credo sia Gaia, assestando una manata alla sorella – Perché non mostri alle nostre ospiti il tuo covo, mamma? Sono sicura che a Clizia piacerà un sacco. Anzi, veniamo anche io e Serena con voi – conclude con un sorrisone.

- Perché no? Lo farò volentieri - risponde lei, ma sembra quasi che l’entusiasmo di poco prima si sia affievolito.


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"Clizia T. - Lo spessore dei sogni", di Daniela Darone

Foto di Keith Mapeki su Unsplash  


lunedì 20 gennaio 2025

"Clizia T. - Lo spessore dei sogni" - Quattordicesimo capitolo

 


UN INVITO IMPREVISTO


La piazza era inondata di sole e invasa dalla solita folla. Il babbo ci aspettava in un angolo, con le quattro frecce accese. Ci è venuto incontro sorridendo.

- Eccole qui le vacanziere! – ha detto in tono ciarliero, e a vederlo così allegro nel mio cuore si è accesa una speranza. Chissà se quel famoso colloquio era andato bene …

- Ti trovo bene, Pietro – ha detto la nonna, fermandosi a scrutarlo e prendendolo sottobraccio.

- Qualche novità, babbo? – ho chiesto io, trotterellandogli accanto.

- Novità? No, nessuna … ma vedrai che a breve qualcosa si muoverà, ne sono sicuro – si è affrettato ad aggiungere, notando la mia espressione delusa.

- E la mamma? Perché non è venuta?

- È rimasta a casa a preparare il suo tiramisù mondiale.

- Oh, che carina! Per festeggiare il nostro ritorno?

- Beh, non prendetevela, ma non lo sta facendo per voi! Vuole portarlo alla festa di stasera dalle sorelle Felicità! E tu, Clizia, sei stata invitata alla festa! Sorpresona, eh?

Sono rimasta a guardarlo corrugando la fronte.

- Io? Dalle sorelle felicità? No. È escluso, non ci vado. Non le conosco, quindi perché mi hanno invitato? E poi, da sola?

- La nonna ha incontrato la loro mamma, si sono messe a chiacchierare e così la signora Patrizia ha detto che stasera davano una piccola festa per festeggiare il ritorno dalle ferie e rivedere un po’ di amici. Così, sapendo che siamo andati ad abitare a Fiesole, ha pensato molto gentilmente di invitare anche noi.

- Quindi andiamo tutti?

- No, solo tu, la mamma e Therese.

- Oh mon Dieu, non so cosa darei per andarci, ma sono davvero stanca e ho bisogno di riposare un po’. Un’altra notte di bagordi è impossibile da reggere, alla mia età.

- Bagordi? Dove hai portato la mia piccola Clizia? – chiede il babbo, fingendo di essere preoccupato.

- Oh, ci siamo divertite mio caro, mica penserai che siamo andate a nanna con le galline?

- Ma tu, babbo, perché non vieni con noi? – chiedo, mettendo fine alla loro finta schermaglia.

- Stasera devo vedere un amico. Vuole presentarmi un tizio che ha una ditta a Empoli. Può essere che abbia bisogno di un perito tessile … beh, non è niente di sicuro, però non si sa mai.

Dallo specchietto retrovisore gli vedo negli occhi una scheggia di speranza che galleggia e fa capolino in un mare d’incertezza. Speriamo bene, penso fra me e me. Di queste false speranze al babbo ne sono capitate più di una volta e poi, per una ragione o per l’altra, è andato tutto a monte. La crisi ormai ha davvero investito tutti e quasi nessuno nuota nell’oro. Anche cercare un’alternativa è diventato un terno al lotto. Se prima il telegiornale faceva da sottofondo alle nostre chiacchiere e risate, da qualche mese a questa parte di solito vediamo tre telegiornali a pranzo ed altrettanti a cena. Antenne ritte a captare qualsiasi tipo di segnale. Perfino io adesso ascolto con interesse, anche se quando parlano di economia sembra che parlino un’altra lingua. Vorrei solo che tutto tornasse come prima. Vorrei essere ancora così piccola da non capire le notizie dei giornalisti, non saper leggere i titoli dei quotidiani, non origliare i discorsi dei miei genitori quando pensano che io non possa sentire … Erina mi ha detto che anche il babbo di Francesca, una nostra compagna di classe, ha perso il lavoro. Qualcuno dice che quello che stiamo vivendo oggi non è che la punta di un iceberg, e allora io per associazione penso al Titanic e mi sento un gran rimescolio dentro. Voglio solo avere tredici anni, e non pensieri più grandi di me che non so come gestire.

Quando finalmente entriamo in casa, che è inondata da un profumo delizioso, la nonna Annalena mi stritola in uno dei suoi abbracci da “è un po’ di giorni che non ti vedo”. Mi lascio strapazzare, godendomela un mondo. Mi piace essere coccolata!

- Cos’è quest’odorino? – chiedo, fiutando come un segugio e dirigendomi in cucina.

- Ta-daaa! – esclama la mamma, mentre mi sorride con un guantone da forno in mano - torta di mele! Sfornata ora ora dalla famosa pasticcera Giorgia. Vieni a farti dare un mega bacio pezzettina … che bel colore che hai preso al mare!

- Davvero mamma?! Veramente pensavo che …

- Hai preso una splendida tintarella lunare! – risponde, cominciando a ridere di gusto – “in bianca vesta con purpureo lembo, si gira Clizia pallidetta al sole” … Pietro, hai fatto presto a trovarle alla stazione dei pullman?

- Oh, le ho viste subito! Erano le più bianche di tutte! Quasi luminescenti! – rincara la dose il babbo, non soddisfatto nemmeno della citazione di Poliziano della mamma! Faccio finta di arrabbiarmi e cerco di avventarmi sulla torta, ma la mamma mi scaccia con un gesto della mano.

- Ferma là, Clizia! Non puoi mangiarla!

- Perché no?

- I dolci sono per stasera. Ti hanno già detto della festa dalle sorelle Felicità?

- Oh, quello …

- Oh, quello? Sì, proprio così, stasera andiamo da loro.

- Io veramente non ne ho voglia. Non le conosco e poi ci sarà un sacco di gente e mi sentirò in imbarazzo … e poi solo io e te …

- Magari viene anche Therese, no? – chiede la mamma.

- Oh no, cara, io mi arrendo alla mia età. Sono esausta!

- Capisco, non preoccuparti. - La mamma tira un gran sospirone, con la bocca a papera - Stasera. Io e te, Clizia. Ci divertiremo. Lo prometto. Ora riposati, disfai la valigia, doccia, e poi preparazione per essere la più deliziosa Clizia della storia. Che inizino le grandi manovre! La nonna Annalena ti aiuterà – conclude, senza ammettere altre repliche.

- Almeno ci fosse stato lo zio … o magari Cipolla …

- Cipolla è a un festival di giocoleria in Umbria e poi andrà in Germania a trovare la sua famiglia. Lo zio invece ha telefonato: ti saluta. È da qualche parte vicino a Innsbruck. Sembra si stiano divertendo, con quel camper scarcassato … che matti! A proposito, ti ho stampato una mail che ci ha scritto. È in camera tua.

- In camera nostra, vorrai dire – replico, accennando con la testa a nonna Annalena.

- Non fare la precisetta, Clizia! – risponde la mamma. 

Beh, almeno sembra su di morale. Sarà perché le è riuscita la torta di mele? La mamma di solito fa sempre e solo il tiramisù, perché ormai ha il pilota automatico, come dice lei, e può farlo anche ad occhi chiusi. Sfido io! È praticamente l’unico dolce che sa fare. In cucina la mamma ha imparato a fare le sue ricette di sussistenza e si giostra con quelle, compresi i sughi pronti in barattolo! L’anno scorso in verità d’estate aveva aggiunto una variante: il suo nuovo piatto era un ottimo prosciutto e melone! Beh, almeno da quando siamo dalla nonna mangiamo più vario!


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"Clizia T. - Lo spessore dei sogni", di Daniela Darone

Foto di fountain Pen su Unsplash

martedì 7 gennaio 2025

"Clizia T. - Lo spessore dei sogni" - Tredicesimo capitolo

 



TEMPO DI RIPARTIRE



Il giorno dopo ce la siamo presa comoda e siamo arrivate in spiaggia con calma. Strano, ma la litigata con Cinzia mi sembrava già lontanissima e, malgrado lei fosse come al solito nel gruppo, ci siamo limitate ad ignorarci per tutto il tempo. 

Erina ha raccontato agli altri della nostra gita, sperticandosi su quanto ci eravamo divertite e Walter ci ha fatto vedere sul cellulare le foto che avevano scattato in barca. Così finalmente ho visto questo Fabio e devo ammettere che è davvero carino! Come al solito, comunque, lui non era in spiaggia, dato che aveva fissato con i suoi amici per andare in bicicletta. Ha una vera fissazione! O Erina si appassiona alla bicicletta oppure mi sa che lo vede solo di lontano! 

Il resto del pomeriggio è passato fra le ultime nuotate e la novità di Danilo, che ha portato in spiaggia la chitarra. È stato un bel modo per concludere la mia breve vacanza. Ci siamo seduti tutti in cerchio sulla terrazza dello stabilimento e mentre lui suonava abbiamo cantato vari pezzi, sbirciando dal “Canzoniere” quando non sapevamo le parole. Mi sentivo un po’ come in quei film che danno in televisione sui ragazzi degli anni Sessanta: vento tra i capelli, sguardi furtivi fra ragazzi e ragazze, un po’ di malinconia per la partenza imminente. 

Alle sette ho visto dall’alto il cappellone di paglia della nonna. Aveva il volto rivolto alla terrazza e mi faceva cenno di andare. Ho abbracciato Erina e tutti gli altri e ci siamo scambiati le solite raccomandazioni di sentirci, messaggiarci e non far passare un altro anno senza farci vivi. Anche Loretta mi ha abbracciata, con un po’ di imbarazzo, mentre Cinzia se ne stava in disparte, in attesa andassi via. Davide mi ha scompigliato i capelli.

- Ciao Clizia T. – mi ha detto, mentre io annegavo nei suoi occhi. Erano, come al solito, sorridenti, sfrontati, ma anche distaccati e un po’ fraterni, mannaggia a lui. Ho sceso svelta le scale della terrazza, cercando di trattenere le lacrime e ho raggiunto la nonna a corsa, piazzandomi gli occhiali da sole sul naso.

- È ora di andare, praline.

- Già – ho risposto, cercando di dare al mio tono qualcosa di leggero e riordinando le mie cose nello zainetto.

- Pizza o pesce stasera?

- E se andassimo a un etnico? O qualcosa di veloce, stile fast food, schifezze che ammazzano il fegato?

- Decidi tu, chérie, quello che preferisci.

Poi mi ha preso sottobraccio, mentre ci avviavamo lungo la passerella.

– Dopo aver cenato potremmo fare un salto in quella bella libreria sul lungomare: mi piacerebbe regalarti un libro. Poi, mentre torniamo alla pensione, ci fermiamo a vedere i pittori che dipingono le marine, cosa ne dici? Ma poi filiamo subito a letto! Dobbiamo essere riposate per domani. Chissà, qualcosa di bello potrebbe capitarci e dobbiamo essere pronte a coglierlo! Ah. e quelle sorelle felicità? Saranno tornate dalle loro vacanze? È una bella avventura anche tornare a casa, quest’anno. Devi esplorare il posto in cui vivi, calarti in una nuova realtà, conoscere gente nuova … sapessi come ti invidio! – ha concluso la nonna, con gli occhi che le brillavano.

- Mi invidi? Sei la persona più girovaga che abbia mai conosciuto!

- Oh sì, ma ormai sono ferma da un po’ e comincio ad annoiarmi. Ho bisogno di respirare aria di novità, di tanto in tanto.

- E quel signore, cosa ne pensa?

- Uh, se non avessi conosciuto lui, avrei già avuto la valigia in mano! Ecco qual è il problema con i sentimenti: ti legano a persone, luoghi, abitudini. Bisogna esser pronti per farsi intrappolare, altro che! – conclude, arrotolando un fascio di erre irresistibili.

- Beh nonna, non è che tu sia proprio una bambina …

- Oh, io no di certo, ma tu sì, praline.


Il giorno dopo siamo risalite sul pullman e la nonna è risvenuta nel suo solito sonno da viaggio. Io mi sono immersa nel libro comprato il giorno prima con la nonna, facendo rapide interruzioni per leggere i messaggi di Erina e degli altri. Poi ho chiuso il libro e mi sono limitata a guardare fuori, cercando di vedere tutto come un film, senza pensare a niente. Eppure non ci riuscivo: le mie vacanze erano finite e dal momento in cui avessi rimesso piede a Fiesole sarebbe iniziata la vera vita, quella di tutti i giorni, dove sarei tornata a scuola, avrei di nuovo visto la mamma e il babbo arrabattarsi con i curriculum da inviare e i colloqui di lavoro, i preparativi per fare una buona impressione , la ruga pensierosa fra gli occhi della mamma, i sospiri dopo i silenzi, il punto interrogativo gigante che mi stava sempre accanto e che avrei voluto spazzare via con la scopa di saggina che la nonna Annalena usava per il giardino.

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"Clizia T. - Lo spessore dei sogni", di Daniela Darone

"On the road", foto di Daniela Darone