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martedì 29 aprile 2025

"Clizia T. - Lo spessore dei sogni" - Ventunesimo capitolo

 




PER FORTUNA ERO SOLO IO



A casa c’è mezza Santa Croce e i genitori di Erina mi accolgono facendomi un sacco di feste. In sala alcuni mobili sono stati spostati per far posto per ballare e c’è già una musica assordante. I vassoi con i panini e i dolci sono tutti allineati accanto alle bibite. Mi aggiro per casa come una di famiglia e ritrovo parecchi amici della Piazza e qualcuno di classe, ma di Davide nessuna traccia. Mi ricordo improvvisamente che non ho ancora dato il regalo ad Erina, così mi affretto a toglierlo dallo zainetto e la cerco in camera sua, seguendo la sua voce squillante e la sua risata. Mi affaccio ed eccoli lì: Erina, Davide e Massimo. Per un attimo mi manca il fiato e il cuore mi batte così forte che sento il rimbombo nelle orecchie.

- Ciao testa vuota! Ci stavamo proprio chiedendo dove fossi – esclama Davide venendo verso di me – dove siete andate a far danni, tu e mia sorella?

Lì per lì penso che Erina gli abbia raccontato di quanto è successo prima e le lancio un’occhiataccia, ma lei scuote la testa e mi rilancia uno sguardo che in codice significa “ma sei pazza? Acqua in bocca anche con mio fratello!”, quindi mi metto tranquilla e mi faccio abbracciare, sperando che Davide non mi molli tanto alla svelta. Anche Massimo mi accoglie, ma con una pacca sulle spalle da amico, magari perché a lui la cotta per Erina non gli è passata.

- Ragazzi, ma che fate? Di là ci sono i vostri amici che fanno tappezzeria – ci fa la mamma di Erina, entrando in camera – dai, andate a fare gli onori di casa.

- Ora non ti mettere a fare la mammina premurosa! – le fa Erina, sbuffando - Avevi promesso che ti confinavi da qualche parte.

- Carina, prima che io mi confini da qualche parte ne passeranno di anni! Me ne vado in camera, ma occhio: posso sempre arrivare all’improvviso per un’ispezione a sorpresa!

- Non ti preoccupare ma’, ci pensiamo noi alle bambine – le dice Davide, assumendo l’aria da fratello maggiore.

- Allora mi preoccupo davvero! Ricordati che tu e Massimo siete qui per aiutarmi a gestire problemi che spero non ci saranno, non per fare i galletti: ci siamo capiti? – conclude, lanciandogli un’occhiata d’intesa.

- Ma figurati! Siamo troppo grandi per le amiche di Erina! – esclama Davide. A quelle parole mi sento una pugnalata in pieno petto, però incasso, facendo finta di nulla e aggrappandomi alla luce che mandano i suoi occhi, che ridono in modo impertinente.

- Non fate i furbi! – intima la mamma, scomparendo dalla stanza.

Quando andiamo in salotto tutti si affrettano a dare i loro regali ad Erina, ma lei apre per prima il mio.

- Wow, Clizia! È fighissima, grazie! - e fila in bagno a provarsela, tornando in tempo record per farsi ammirare. Le sta bene: la maglietta è proprio carina e Erina stasera è ancora più bella del solito. Da quand’è che ha messo su quel seno? Può essere una terza? C’è qualcosa di diverso in lei, tanto che mi sembra di vederla per la prima volta.

- Allora? Che ne dici della musica? Massimo ha fatto un cd apposta per questa festa. È cotto, poveretto, anche se pensa che io non lo sappia. Peccato per lui, perché la mia sorellina ha preso il largo - mi sussurra Davide, avvicinandosi all’improvviso. Ridendo si porta il dito indice al naso, come per suggerirmi di stare zitta e mi abbraccia. - Balli?

In quel momento sta iniziando un brano di John Legend, romanticissimo, torcibudella e da ginocchia molli, e non ho ancora risposto, così presa alla sprovvista, che Davide mi mette le braccia intorno ai fianchi e comincia a ballare.

- Rilassati. Basta che mi metti le braccia intorno al collo e ti dondoli qua e là: niente di più semplice - mi dice sorridendo.

Io mi sento un paletto, tanto sono tesa, ma cerco di farmi trasportare dalla musica e mi concentro sulla canzone, sulle parole meravigliose che spero che un giorno qualcuno dirà anche a me. Piano piano mi rilasso, anche perché Davide inizia a chiacchierare di non so cosa. Un po’ non riesco a sentire perché la musica è troppo alta, un po’ sono confusa ed emozionata: è il mio primo lento, e non me l’aspettavo. Ogni tanto Davide avvicina la testa ai miei capelli e mi sento un brivido che mi corre lungo tutta la schiena. Il tempo passa troppo velocemente e la musica cambia, si fonde in un ritmo più veloce. Il lento è finito. Davide si allontana un poco.

- Grazie di questo ballo, signorina – mi dice, simulando un comportamento d’un ragazzo d’altri tempi. Sta per allontanarsi, così io potrò svenire senza che mi veda, quando si riavvicina, aggrottando la fronte.

- Clizia, scusa, ma … hai mangiato le polpette? – mi sussurra.

Rimango senza parole, confusa e interdetta. La mente corre a casa: cosa diavolo ho mangiato prima di uscire? Ma cosa … ah già, le crocchette di verdura della mamma!

- Sì … cioè no, ho assaggiato delle crocchette di verdure – oddio, forse avevo l’alito che sapeva di aglio? Ma mi sono lavata i denti come un’ossessa prima di uscire e ho usato un litro di collutorio!

- Si sente! I tuoi capelli sanno di fritto! T’immagini se dovevi uscire con un ragazzo? Ricorda: mai fare il fritto, prima di un appuntamento ... altrimenti sei fritta! Per fortuna questa volta ero solo io …- e mi strizza l’occhio, ridendo, prima di allontanarsi.

Mi sento una gran rabbia che mi sale dentro, che si mescola all’imbarazzo e all’umiliazione.

- Beh? Perché questa faccia? – mi fa Erina, arrivando tutta allegra – sbaglio o hai appena ballato un lento con mio fratello?

- Lasciamo perdere! Mi ha appena detto che i miei capelli puzzano di fritto!

- Oh … - Erina si avvicina di più per annusarmi ed io mi ritraggo un po’– beh, però ha ragione: vuoi lavarteli? Guarda che non c’è problema, vai un attimo in bagno, ti presto il phon e …

- No, grazie. Se da una distanza di sicurezza non si sente nulla, vuol dire che sarà stato il mio primo e ultimo lento, almeno per oggi! Però che carogna tuo fratello, sembra che lo faccia apposta a mettermi in imbarazzo!

- Dai, non te la prendere, lo sai che quelli carini sono così. Senti, volevo dirti una cosa – continua Erina, prendendomi per mano e portandomi un attimo in camera sua – non te l’avevo ancora detto, ma … sai, alla fine della scuola mi sono venute … - arrossisce un po’ e abbassa gli occhi.

Lì per lì non capisco, sono ancora arrabbiata con quello scemo di Davide.

- Cosa vuoi dire?

- Le mestruazioni – fa lei, serrando la bocca e alzando le spalle, con un gesto di ovvietà – oddio, lo sai che mi fa schifo pronunciare quella parola! È una parola orrenda. Dovrebbero levarla dal vocabolario e inventarne una nuova. Comunque, quelle …

- Oh, quelle …

- E a te?

- No, non ancora. Mi sa che sono rimasta l’ultima ritardataria! Sai, prima ti guardavo e mi sembravi diversa e non capivo cosa fosse. Deve essere per quello che sei diventata così.

- Così come?

- Così bella. Sembri di colpo una ragazza grande e quelli di classe nostra sembrano dei bambini. Lo sai che piaci a Massimo? Me l’ha detto Davide.

Lei ride, con una risata piena e soddisfatta.

- Lo so, lo so! Mi guarda con certi occhi che se ne è accorta pure la mamma. Ma a me non piace più.

- Come cambiano le cose, eh? Due mesi fa ti batteva il cuore solo se lo intravedevi fra la folla di Santa Croce …

- Due mesi fa sono preistoria, Clizia. Dai, andiamo di là.

Come torniamo in sala, Massimo si avvicina a Erina e la invita a ballare. Lei accetta e mi strizza un occhio, mentre si dirige con lui al centro della stanza. Intanto mi guardo intorno: le vacanze hanno cambiato alcuni di classe, mentre altri sembrano i soliti di sempre: più rassicuranti, almeno per me. Chissà che effetto faccio a loro, come mi trovano. Mi avvicino a un gruppetto e mi inserisco nelle loro chiacchiere, lanciando ogni tanto delle occhiate alla pista, per vedere se Erina si sgancia da Massimo. Principalmente sono venuta per stare con lei. Mi manca, perché prima ci vedevamo quasi ogni giorno e spesso, dopo scuola, ci telefonavamo. Ora invece a Fiesole, tutte le volte che sento il bisogno di parlarle, sono costretta per un motivo o per un altro a mandarle solo dei messaggi o a farle telefonate lampo. Penso a tutto questo mentre la osservo ballare con lui: a prima vista sembra che sia contenta e che lo tratti con amicizia ma, a guardarla bene, pare che ci sia dell’altro, che abbia un modo di fare strano. Finalmente vedo che gli dice qualcosa all’orecchio e poi si allontana. Viene verso di me.

- Sicura che Massimo non ti piaccia più, Erina?

- Sicura.

- Allora perché facevi la scema mentre ballavi?

- Cosa? Io non facevo la scema …

- Sì, la facevi … sembrava di no, ma a guardarti bene, Erina, io che ti conosco …

- Clizia, non mi interessa più. Davvero. Solo che mi piace come mi guarda. Mi piace piacergli. Mi fa sentire grande.

- Però forse lui può capire qualcosa di diverso, se fai così … può pensare che ti interessi.

Lei alza le spalle.

- E allora? Che problema c’è? È solo un gioco, Clizia.

Lancio un’occhiata a Massimo, che la sta ancora guardando con un’aria inebetita: da un lato mi fa pena, dall’altro mi fa quasi rabbia. Per un attimo penso che forse anche io guardo Davide come lui guarda Erina. Sono due spietati fratelli rubacuori, anche se so benissimo che Erina non ha mai baciato un ragazzo. Come me, del resto.

- Magari però è meglio se la smetti di fare la donna fatale.

- Ma che dici, Clizia?

- Falla finita, Massimo può restarci male. Ne so qualcosa io, con quello scemo di tuo fratello.

- Devi smettere di pensare a Davide, Clizia. È tempo perso.

- Grazie. Ora che mi hai pugnalata mi sento molto, molto meglio!

Dopo un po’ sentiamo suonare alla porta. Sono le teglie di pizza a domicilio che ha ordinato la mamma di Erina. Tutti si fiondano al tavolo, facendo la caccia ai tranci più conditi, mentre Davide e Massimo accendono la Wii per giocare a Just dance.

Alle undici non c’è quasi più nessuno e Erina accompagna alla porta gli ultimi ritardatari, mentre i genitori sono giù al portone e ogni tanto scampanellano per sollecitare i figli a raggiungerli. Finalmente la porta si chiude dietro l’ultimo irriducibile ed Erina fa il broncio, venendo verso di me.

- Ora andrai via pure tu, e il mio compleanno sarà già finito! L’ho aspettato un secolo e se ne è andato in un soffio!

Già. Dovrei chiamare lo zio e dirgli di venire a prendermi. Davide e Massimo sono in camera a strimpellare le loro chitarre.

- Vorrei poter restare ancora qui! Però è stato divertente, dai! E poi tanto ci vediamo fra qualche giorno, no?

- Ma a me dispiace se vai via! Resta ancora, dai!

All’improvviso un lampo le passa negli occhi.

- Che c’è?

- Ho appena avuto un’idea geniale!


Continua ...



"Clizia T. - Lo spessore dei sogni", di Daniela Darone

Foto di Matheus Bertelli, da pexels

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