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martedì 15 settembre 2020

IN MEDIAS RES - Micro racconti: "Alla finestra", di Daniela Darone

 

"Donna alla finestra" - Vincenzo Irolli

In ufficio oggi sono stata abbastanza tranquilla. Ho finito il lavoro su quei dannatissimi (e, almeno secondo me, inutili) tabulati che fino a pochi giorni fa mi facevano andare fuori di testa (le risate di ieri in ufficio erano per la disperazione …). Mentre ero con la testa china su quei microscopici numeri stampati, Leonardo mi ha lanciato una lunga occhiata e mi ha detto: “Ma che ti trucchi a fare? Non ce n’è mica bisogno!”. Non sapessi che tiene la fotografia della fidanzata nel portafoglio, ci farei pure un pensierino. È un tipo pratico, spontaneo, simpatico, anche se a volte un po’ troppo chiassoso.

Quando sono tornata a casa mi sono concessa una crema di yogurt al mango, mentre ascoltavo il CD di mia sorella. Ero al terzo brano quando ho sentito suonare il campanello. Era Samuele. Si è accorto subito che ero stanchissima. Ho fatto ripartire il CD dall’inizio e ci siamo affacciati alla finestra di salotto a goderci il vento e a fare il gioco delle macchine che passavano sotto casa. Poi abbiamo fatto discorsi seri. Cosa mi aspetto da una persona, cosa voglio, cosa sente lui per me. È innamorato. È la prima volta che dice “ti amo” a una ragazza, che dà piena fiducia a una persona, che è così aperto. Oggi non ha fatto che coccolarmi e ripetermi che ha bisogno di vedermi, che vuole dividere la sua vita con me, che gli piace il modo in cui affronto le cose. Io spero bene. Io stessa non so esattamente cosa mi dovrei aspettare. Mi dondolo fra il sentimento per lui, la voglia di libertà e la paura di impegnarmi. Sarà che quando sono stanca mi sento amorfa verso tutto. Stamani ho realizzato che non sono più così “piccola” … Beh, per oggi è abbastanza, credo.  


giovedì 30 luglio 2020

Il tempo per scegliere le parole

Storia di una ladra di libri

La prima volta che vidi “Storia di una ladra di libri”, rimasi colpita da un colloquio fra Liesel e Max. Lui era nascosto da tempo nella loro cantina e aveva nostalgia di poter camminare alla luce del sole. Un giorno le chiese di descrivergli la giornata. Vi trascrivo qui il colloquio, per farvi notare quanto siano importanti ed evocative le parole, se ben usate.

“Puoi farmi un favore? Mi puoi descrivere la giornata? Come è fuori?”
“È nuvoloso”
“No, no … a parole tue. Se gli occhi potessero parlare, che direbbero?”
“È una pallida giornata …”
“Pallida … bene, continua”
“Tutto è incastrato dietro una nuvola e il sole non sembra il sole …”
“Che cosa sembra?”
“Sembra un’ostrica d’argento”
“Grazie. L’ho visto adesso”

Prendiamoci del tempo per scegliere le parole: è un atto di attenzione e di amore, verso gli altri e verso la nostra bella lingua.  

venerdì 5 giugno 2020

Taccuini di un viaggio - Risate e chiacchiere che riempiono i cortili


Potete star certi che se nelle sere d’estate sentite schiamazzi e urla di ragazzi, sono loro. Affacciatevi alla finestra se volete verificare con i vostri occhi. Sicuramente la luce della loro terrazza è accesa e ci sono almeno cinque o sei ragazzi appoggiati alla ringhiera, alti e belli, che chiacchierano a voce alta, ridono, fumano. È tardi e il vicinato vorrebbe dormire, ma è estate, la notte è dolce e loro hanno tutto il tempo del mondo. Domani è ancora così lontano. Li guardo da lontano e ricordo. Che strano che io conservi una memoria così intensa di quella sera, che ha solo sfiorato la mia vita e travolto la loro. 

Ripenso a quella notte e a quell’uomo in macchina davanti a noi, che aveva fermato l’auto in mezzo alla strada e non ci permetteva di passare. Stava per ripartire, ma volgeva la testa verso il marciapiede. Lì, davanti a un portone, stava una giovane donna, con un bambino in braccio, l’altro per mano. Il bambino accanto alla mamma chiamava il babbo piangendo, col braccino tutto proteso verso di lui, la piccola mano spalancata, gli occhi sgranati. Il volto e l’atteggiamento della madre erano quelli di una statua, moderna Metis, dolente ma fiera, decisa a non farsi travolgere dalla fatalità. Il babbo, a quella vista, scese di macchina e andò ad abbracciare il piccolo un momento. Poi di corsa tornò al posto di guida, pieno di impaccio, e ripartì.

-        Che esagerazione – commentò mio marito – in fondo va solo a parcheggiare …

Ma non andava a parcheggiare. Si stavano separando e lui se ne stava andando via di casa. Se chiudo gli occhi rivedo la scena, come fosse un film. Chissà se anche loro ricordano. Chissà se lei ricorda quella sera.

Non l’ho più vista con un uomo accanto in tutti questi anni, ma penso che il tempo le abbia regalato serenità. Quando la incrocio per strada noto il suo passo elastico, giovane, il viso sempre struccato incorniciato dai capelli corti, tagliati come un uomo. Essenziale: deve aver rinunciato ai fronzoli, ma penso stia bene così, perché ha il viso disteso. I bambini sono cresciuti e sono dei bravi ragazzi. Fanno un po’ di confusione, ma è il loro mestiere.
I brutti momenti sono passati quindi e penso che ormai non abbiano lasciato nemmeno strascichi di rancore.

Sarebbe saggio tenere bene a mente questa lezione: il dolore, prima o poi, passa. Anche quel dolore che pensavamo immenso, sentivamo urlare nel nostro cuore, opprimere il respiro. Ora ci sono le risate, le chiacchiere che rimbombano e riempiono il cortile e i giardini nelle sere d’estate. Non fanno dormire, ma fanno bene al cuore.





giovedì 7 maggio 2020

Taccuini di un viaggio - I ricordi nei libri



Ogni volta che riapriamo un libro vi troviamo, come d’incanto, quelle briciole di esistenza, quelle sensazioni, quei pensieri che credevamo archiviati nei cassetti della memoria. Cosa abbiamo fatto di quei giorni, dopo che avevamo chiuso le pagine, non ricordiamo bene subito, se non riannodando le date, gli anni, l’età dei nostri figli. Nel frattempo la vita, con il suo scorrere, ci ha trasformato, ha modificato la geografia dei nostri volti. I giorni si sono avvicendati senza sosta in un’altalena di emozioni e azioni fino a giungere qui. Ma i giorni che rievoco attraverso le pagine dei libri, in un commento, in una frase, una nota a margine, una dedica, un indirizzo, una data … hanno la nitidezza di un salto indietro nel tempo, come se mi fossi trovata solo un attimo prima in quel preciso istante, hanno il potere di rievocare l’intensità dei sentimenti e delle emozioni provate. C’è chi si scandalizza delle pieghe alle pagine dei libri, delle sottolineature, delle scritte: pensano che sia una mancanza di attenzione e di rispetto verso l’oggetto. Ovviamente non mi permetto di fare nessun segno sui libri che mi prestano, li tengo, anzi, come oggetti preziosi. Ma per quanto riguarda i miei libri, ogni volta che infliggo alla pagina un segno, non faccio altro che manifestar loro il mio amore e renderli parte della mia vita.




mercoledì 8 aprile 2020

Taccuini di un viaggio - 02042017


Mentre leggevo, mentre ero immersa nelle parole di Virginia Woolf, all’improvviso ho sentito l’odore del glicine che mi penetrava le narici. Ho alzato gli occhi. Era lì il povero rametto, un po’ appassito e malconcio, attaccato alla vita da quella poca acqua nel vaso … ho pensato che, malgrado il suo aspetto non più fresco, avesse ancora un profumo gradevole, anzi forse più intenso proprio a causa del suo stato, e che le sfumature dei suoi colori fossero ancora così dolci allo sguardo. Così, forse, sono le persone: intense, nella loro vecchiaia, se solo sapessimo guardar bene. Leggere la Woolf mi provocava una sensazione di un sottilissimo dolore … ma un dolore che nasceva dall’acuirsi dei sensi. Non so se sia stato il glicine raccolto ieri durante la passeggiata ad aver toccato qualche nervo sopito o se sia stata la lettura ad acuire il profumo dei fiori.  


Taccuini di un viaggio - 02042017

mercoledì 2 ottobre 2019

Taccuini di un viaggio - ottobre 2019

Così si perde la bellezza

La poesia del quotidiano è nascosta 
nella fretta dei giorni. 
Il poeta resta muto, 
schiacciato da un perenne rimandare. 
Così si perde la bellezza, 
nella corsa e nel sudore 
di giorni snocciolati e divorati 
sul ciglio di un orizzonte sconfinato. 
Ciechi. 

"Così si perde la bellezza", di Daniela Darone

The poetry of everyday life is hidden in the rush of days. The poet remains mute, crushed by a perennial postponement. Thus the beauty is lost, in the race and sweat of days churned out and devoured on the edge of a boundless horizon. Blind. 

Giacomo Balla - Espansione dinamica + velocità 1913
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giovedì 14 febbraio 2019

Taccuini di un viaggio - 2019


Tutto ciò che serve è dentro te

Ogni tanto mi prende una strana smania. È una sensazione nuova per me che, mi rendo conto, molto dipende dalla stazione a cui sono arrivata. Io, sempre abituata a conservare, perché “non si sa mai”, d’un tratto mi sento come soffocare dal “troppo”, da tutto ciò che ho tenuto da parte finora. Ho voglia di spazio e di vuoto, forse per far passare aria nuova, per accogliere ciò che dovrà arrivare, per rendermi conto a cosa tengo davvero. Liberarsi di qualcosa è essenziale, per riuscire a cogliere nuove occasioni. Rimanere troppo ancorati alle cose non aiuta a viaggiare con un bagaglio leggero. Le cose sono scuse, corazze, ricordi inutili perché, se sono davvero importanti, quei ricordi saranno dentro di noi, ci avranno trasformato in una persona diversa. Dovremmo lasciare andare con gioia, leggerezza, pensando che quella cosa deve trovare nel mondo un altro scopo, un altro padrone. Si dovrebbe essere in grado, in un momento qualsiasi, di alzarsi, partire e non portare via nulla, eccetto noi stessi e coloro che amiamo. Sono davvero necessarie tutte queste cose di cui ci circondiamo?


Notebooks of a journey - 2019: All you need is inside you

Every now and then I get a weird urge. It’s a new feeling for me that, I realize, much depends on the station I arrived at. I always used to keep, because "you never know," all of a sudden I feel like suffocating from "too much", from everything I've saved so far. I want space and emptiness, maybe to let new air passthrought, to welcome what will have to come, to realize what I really care about. Get rid of something is essential, to be able to seize new opportunities. Remain too anchored at things does not help to travel with light luggage. Things are excuses, armor, useless memories because, if they are really important, those memories will be inside us, they will have transformed us into a different person. We should let it go with joy, lightness, thinking that that thing must find in the world another purpose, another owner. We should be able, at any time, to get up, leave and not take away nothing except ourselves and those we love. Are all these things around us really necessary?

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