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martedì 27 maggio 2025

"Clizia T. - Lo spessore dei sogni" - Ventitreesimo capitolo

 




IL CUORE STRETTO DA UN LACCIO

Qualcosa di morbido mi centra in piena faccia. Paf! Apro gli occhi: Erina mi sorride. Scosto il cuscino che mi ha tirato e mi metto seduta.

- Sveglia, dormigliona! Ti sei addormentata come un angioletto! Aveva ragione mio fratello!

Ecco, sì, meno male che dovevo chiudere gli occhi solo un attimo! Sarà che in tutti questi giorni sono sempre andata a letto tardi, rimanendo sveglia a chiacchierare in giardino con nonna Annalena e nonna Therese. Sarà che ieri praticamente mi sono buttata giù dal letto all’alba, dato che c’era una confusione in casa che sembrava di essere al mercato …

- Beh, potevate pure svegliarmi.

Erina fa spallucce.

- Dai, avevamo capito che non ti andava di vedere quel film.

- Com’era?

- Mah … bello, credo.

- Cioè bello come? Qualcosina in più?

- Finisce male, o forse bene … non so … insomma, alla fine non sono più amiche, succede un casino … se vuoi te lo presto, ma forse non è una buona idea … insomma, vedi tu … poi, ora che ti ho detto il finale … magari hai fatto meglio tu ad addormentarti!

Mi mordo il labbro. Non so perché mi sento un po’ a disagio: è assurdo essere a disagio con Erina, è una cosa impossibile. In lei c’è un tono allegro, ma un po’ nervoso: mi sembra quasi di veder andare il suo umore in altalena. C’è qualcosa che la infastidisce e che cerca di scacciare. Forse è rimasta male perché mi sono addormentata. Prendo la custodia del DVD e rimango a fissare queste due coi piercing.

- Ok, se non ti scoccia lo prendo. Mi dispiace però: è un regalo di compleanno!

- Tanto l’ho visto ieri, mica lo riguardo in questi giorni! – risponde Erina alzando le spalle – e poi mi eviti il problema di doverlo nascondere.

- Beh, non basta metterlo qui sullo scaffale, insieme ai libri?

- Figurati! La mamma come lo vede si mette a ficcare il naso, vuole sapere cos’è, magari lo guarda … poi se si ricorda il titolo parte un interrogatorio sul perché l’ho visto, dato che lei mi aveva detto che non era adatto a me!

- E allora?

- Non è un film da genitori, poi entrano in paranoia e cominciano a stressare. È un po’ forte …

- Forse invece, da una parte … - comincio io, mentre la aiuto a riordinare la stanza devastata.

- Da quale parte, Clizia? Lo sai che non si può parlare di certe cose coi genitori. Non sono preparati, farfugliano, elimini problemi a tutti se eviti di affrontare temi imbarazzanti …. Gli adulti non vogliono sapere, preferiscono pensare che i problemi, casomai, riguardino i figli degli altri. È inutile. Meglio parlarne con gli amici.

Oh, ecco. Zac. Una frase banale, però un colpettino me l’ha dato. Meglio parlarne con gli amici, ha detto. Non ha detto “meglio parlarne con te, Clizia”. Forse ne parlerà con Grazia. Lei è più grande, può darle un punto di vista diverso. O con suo fratello.

- Ma forse potresti dare una chance ai tuoi, no? Voglio dire, nessuno ha la loro esperienza. Se ne parli con gli amici e basta, cosa vuoi che ti dicano di nuovo? Secondo me va a finire che continui a specchiarti nei soliti discorsi, perché nessuno ha le idee chiare.

- Certo, può essere, specie se un’opinione non te la vuoi fare.

- Che vuoi dire?

- Ma niente, dai – mormora, scuotendo la testa – è una scemenza.

- Allora dimmelo, se non è niente.

- È che insomma, pure tu ieri ti sei messa a fare un po’ la difficile. In fondo era il mio compleanno, avrò avuto il diritto di decidere come passarlo, no?

- E non l’hai fatto?

- Sì, ma si vedeva che a te non andava di vedere il film, e alla fine mi hai guastato un po’ l’atmosfera. Era tanto che lo volevo vedere, credevo fossi contenta pure tu, e invece hai preferito addirittura addormentarti! Messaggio chiaro, no?

- Non l’ho fatto apposta! Ero solo stanca.

- O non volevi che il film ti portasse sulla cattiva strada … guarda che alla fine pure tu ieri hai rubato un lucidalabbra … e poi ti metti a fare quella che si fa problemi per vedere un film!

- Guarda che l’hai rubato anche tu!

- Certo, ma di chi è stata l’idea? Anche Tracy ruba nel film, ma solo per imitare Evie!

Altro cazzotto. Mi arriva bello forte allo stomaco. Forse è così potente perché è la verità. Erina smette un attimo di riordinare la stanza e mi guarda, attirata dal mio silenzio. Ha la faccia preoccupata e tesa. Capisco che le dispiace. Non voleva farmi male.

- Clizia … scusa. Mi sento uno schifo, scusa. È che non ho dormito bene stanotte: quando è finito il film ero agitata e ora sono un po’ nervosa – mormora. Si avvicina, mi abbraccia. Scusa, scusa, scusa, continua a mormorare sui miei capelli.

- Non fa niente. Hai ragione. Scusa tu. Ho fatto proprio una cavolata ieri. E l’ho fatta fare anche a te. Bell’amica che sono! E poi tu non avevi nemmeno bisogno di rubarlo. Scommetto che i soldi per comprarlo ce li avevi!

Mica è così che mi ero immaginata questo compleanno. Non è così che volevo che andasse.

- E Grazia? Gli altri? – chiedo, per rompere il silenzio. Erina sembra si sia ripresa e sia decisa a cambiare umore. Mi sorride.

- Massimo e mio fratello sono a fare colazione. Grazia è andata via: aveva da fare. Sono le nove, principessa! Anche i miei sono già usciti per andare al lavoro. Che fai, rimani con noi anche oggi? Ci mangiamo un panino a pranzo e andiamo in giro: ho giusto i soldi del regalo di compleanno dei nonni da spendere.

- No, mi dispiace, ma devo tornare a casa. La nonna partirà a breve e voglio stare un po’ con lei. Chissà poi quando la rivedrò!

- Salutala da parte mia. Dai, andiamo a fare colazione e poi chiami quel bel tipo.

Rotea gli occhi spazientita a vedere la mia faccia perplessa.

- Intendevo tuo zio!

- Erina! Ma è vecchio! Mica ti piace?

Lei sorride maliziosa e non risponde nulla.

A mezzogiorno, dopo esserci spalmate litri di latte detergente per togliere via tutto il mascara e il trucco, siamo giù in strada, e mentre aspettiamo lo zio il cielo si fa improvvisamente scuro. Poco dopo il classico temporale estivo ci costringe a rintanarci dentro al portone. Lo sapevo che Trappolino non sbaglia mai: se fa pipì in Arno vuol dire che piove. L’acqua picchia violenta sull’asfalto e schizza i passanti frettolosi e i poveretti in motorino. Ogni tanto mi affaccio a vedere se lo zio sta arrivando e infatti, dopo poco, lo scorgo all’angolo. Cammina frettoloso, a testa china, un grosso ombrellone nero lo ripara. Mentre si avvicina non è che abbia proprio l’espressione delle grandi occasioni, ma forse non dipende da noi, dipende dal tempo. Erina scuote la testa e fa ondeggiare i suoi capelli, gli sorride con un sorriso fra il timido e il festoso. Sembra un sorriso nato da labbra indecise.

- Buongiorno ragazze.

- Ciao – diciamo quasi in coro io e Erina.

- Andiamo?

Mi affretto ad abbracciare Erina, dandogli due bacini sulle guance.

- Ci vediamo presto – le bisbiglio. Mi sento un po’ stupida, perché fingo un’allegria che in realtà non provo. Ho il cuore stretto da un laccio che non fa troppo male, ma nemmeno bene. Mi piacerebbe poter dire qualcosa o vedere sul viso di Erina qualcosa di preciso, ma non so cosa. Non mi resta che sorriderle, e andare via così. A mezzo. Come una cosa lasciata a mezzo. Penso al DVD che ho finto di dimenticarmi sul tappeto. Che strano, in due giorni questa è la seconda volta che mi sento a disagio con due persone con le quali sono sempre stata affiatata. Prima con Erina, ora con lo zio. Non so cosa dire, come riallacciare la cosa, riafferrare quel filo che ieri mi è sfuggito di mano.

- Erina è cambiata – fa lo zio, rompendo il silenzio, con voce neutra, come constatasse che sta piovendo.

- Già! Hai visto come è cresciuta?

- Non intendevo quello … intendevo dire che mi sembra cambiata.

Aggrotto le sopracciglia.

- Figurati, zio! In tre secondi pensi di aver già capito tutto!

Mi lancia un’occhiata e rimane zitto.

- Forse era meglio se ti levavi tutto quel trucco dalla faccia con più attenzione, prima di uscire di casa … sono rimaste delle tracce qua e là.

Wow. Se fa così con i ragazzi ai quali insegna, immagino debba essere un prof. molto, molto amato!

Come torniamo a Fiesole, l’acquazzone finisce e spunta un sole promettente.

La mamma è andata al lavoro, il babbo è intento a riparare un rubinetto che perde e le nonne sembrano distrutte, mentre riordinano la cucina.

- La mamma ha voluto cucinare un po’ di tutto in questi giorni – mi fa la nonna, sorseggiando un digestivo - Abbiamo congelato un sacco di roba da mangiare, il che potrebbe essere anche una buona notizia, visto che stasera torna Cipolla, ma il fatto è: sarà davvero commestibile?

- Che esagerata, Annalena! Mais certainment!

- Il tuo solito ottimismo, Therese. Clizia, ti va una fetta di torta di pesche? Ti avviso che noi non l’abbiamo assaggiata … - mi fa la nonna, continuando a bere il digestivo.

- È andata proprio così male? – mormoro io, aggrottando le sopracciglia.

- Tesoro mio, non si diventa cuochi in due giorni! In più Gioia è vegetariana, e questo complica le cose: si tratta di gestire due menu differenziati. Mi spiego? – mi chiede la nonna, sollevando il sopracciglio in gesto d’intesa.

- Giorgia sera très bonne! Ah … ho una sorpresa per te, praline. Stasera andiamo a vedere un balletto al Teatro Romano. Sono riuscita a trovare tre biglietti: ho invitato Serena a venire con noi, così passate un po’ di tempo insieme e fate amicizia prima che inizi la scuola! A proposito, ma non dovevi andare con lei in segreteria per sapere in quale sezione sarai?

- Peccato che Serena sia sempre occupata con le lezioni di danza!

- Uhm … e com’è andata ieri sera?

- Bene – rispondo, lanciando furtive occhiate allo zio, che sta assaggiando la torta di pesche.

- Bien bien – risponde la nonna – e credo ci sia anche stata una seduta di manicure - conclude, prendendomi le mani per ammirare l’opera di Grazia. Lo zio mugugna e io ho una gran paura che abbia tutte le intenzioni di vuotare il sacco. Non so come chiedergli se spiattellerà tutta la faccenda. Meglio non pensarci e cercare di essere il più accomodante possibile.

- Che ne dite se apparecchio? Visto che avete lavorato in cucina fino a ora, sarete distrutte. Perché non vi riposate un po’? Nonna, pensi che potremo mangiare in giardino?

- Oh no, Clizia! Con tutta l’acqua che è venuta, meglio di no. Apparecchiamo in sala.

- Ok – e mi dirigo svelta alla piattaia, per impilare le scodelle necessarie e prendere la tovaglia dal cassetto.

- Aspetta, Clizia – mi dice nonna Annalena – vieni qui, aiutami a tirar fuori il servito dal mobile.

Aggrotto la fronte. Il servito, per la nonna, è il mitico Richard Ginori dell’anno del Signore 1960, come dico sempre io prendendola in giro. Il “servito buono”, quello che tira fuori per Natale e forse in qualche altra ricorrenza speciale per “pranzare in pezzi di antiquariato”, come sostiene la nonna. Cos’è questa idea di usarlo oggi? Mi porge i piatti con un’attenzione degna di un cerimoniale. Li appoggio sul mobile in attesa di istruzioni. Siamo davvero sicuri che li vorrà mettere in tavola?

- Eh, già, un’altra cosa … la tovaglia … la tovaglia del mio Augusto …

- Scusa nonna, mica cerchi la tovaglia ricamata, quella del fidanzamento?

- Quella, quella …

- Ma cosa festeggiamo? Mi sono persa qualcosa?

La nonna interrompe la sua ricerca e tira fuori la testa dall’anta del mobile. Mi guarda da sotto in su, prende un bel respiro ed espira rumorosamente.

- Festeggiamo che siamo insieme, in salute … e Therese … e il ritorno del mio Dario dalle vacanze … e il nuovo lavoro di Giorgia … quanto chiacchieri bambina, datti da fare! Mi è venuto in mente che è nell’armadio, in camera nostra. Via, sorti di torno, fammi passare.

Va via trotterellando e mi fa cenno di seguirla. Quando arriviamo in camera, si sofferma vicino al cassettone e passa una mano su una scatolina di lacca. Mi fermo dietro di lei. Non so cosa dire, perché sento che c’è qualcosa nell’aria. Si volta a guardarmi e apre la scatolina. Solleva delicatamente, fra due dita, una lunga catenina d’oro con un ciondolino a forma di coccinella. È d’oro bianco e giallo e la piccola coccinella smaltata sembra faccia l’altalena racchiusa in un cerchietto. Mi è sempre piaciuta e la nonna lo sa: quando ero piccola ogni tanto io e la nonna, quando venivo a trovarla d’estate, andavamo sul letto a riposarci dopo pranzo e lei mi mostrava il contenuto delle scatoline che teneva sul cassettone. Prima che possa aprire bocca, mi aggancia la catenina al collo. Sono sorpresa. Gliel’avevo chiesta più di una volta e non aveva mai voluto regalarmela.

- Ecco qui. Spero ti piaccia ancora. Ho pensato che fosse arrivato il momento di dartela.

- Ma nonna … - mormoro.

Sospirando fa un passo indietro per vedere come mi sta.

- Ti sta bene, Clizia, ma ricorda che è molto fine, la devi trattare con riguardo, altrimenti si romperà e la perderai. E sarebbe un vero peccato.

- Ma nonna … - ripeto, aggrottando la fronte, un po’ preoccupata – mi dici cosa sta succedendo? Prima il Richard Ginori, poi la tovaglia del nonno, ora la collanina …

- Lo zio mi ha detto che ieri hai rubato, Clizia.

Mi sento arrossire d’un botto dalla radice dei capelli e l’imbarazzo mi blocca la lingua. Lei abbassa gli occhi, che prima teneva fissi su di me: mi sta concedendo una tregua. Non c’è giudizio nel suo sguardo, ma nemmeno comprensione. È uno sguardo neutro, che mi spiazza.

- E siccome ho … - mi si inceppa la voce, ma poi continuo buttando giù un groppo di saliva - … rubato, tu tiri fuori il Richard Ginori e tutto il resto … - concludo, con un vago gesto della mano, non capendo.

- Sì. Ieri sera, quando Dario è tornato a casa, io ero sveglia e ho visto subito dalla sua faccia che aveva un rospo da sputare. Non credere sia stato facile farlo parlare, ma alla fine me l’ha detto … solo a me, però. E se posso levarti dalle spine, ti dico subito che non diremo niente a nessuno. A meno che tu non ci costringa, Clizia, se continuerai ad avere un comportamento stupido come quello di ieri. Però …

La nonna tiene quel “però” come una cantante virtuosa, lo fa durare un secolo.

- … però allo stesso modo ho capito che è stato un gesto di rabbia. O di paura. Non è un momento facile e stai vedendo tutto nero. Ti senti … Dio mi perdoni ... “povera” … è una vergogna anche pronunciare questa parola per rispetto a chi è povero davvero, ma è così che ti senti. E la serata dalle sorelle Felicità non è che ti abbia aiutato, anzi! Hai sentito ancora di più il divario fra te e loro. Questo mi ha fatto pensare che tutti noi abbiamo una scorta di “ricchezze” impensate e inutilizzate e stipandole in questo modo forse non facciamo che offendere il loro valore … a che pro, poi, mi domando – continua, quasi parlando a se stessa, e facendo una piccola pausa. - Ora quindi ho deciso che avrei tirato fuori quelle che sono le mie “ricchezze”, affinché tu potessi goderne e rasserenare il tuo cuore. Il bello intorno a noi eleva, in qualche modo, anche lo spirito. Ma quello che mi preme che tu scopra è il bello dentro di te, le infinite possibilità che hai dentro, la forza e il coraggio di lavorare duro per cambiare quello che non va nella tua vita. Senza che per forza siano babbino e mammina a “salvarti”. Hai quasi quattordici anni, Clizia! Forse dovresti svegliarti un po’. Fatti venire in mente qualcosa di meglio che rubare per ottenere quello che ti manca! Io alla tua età ero già apprendista da una sarta … oh, non fare quella faccia, so già quanto urtano, a voi giovani, questi discorsi …

- No, è solo che io e te, nonna, siamo poco paragonabili … insomma, hai tanti anni più di me e il mondo è cambiato parecchio.

- Sicuramente, ma forse non quanto pensi tu. Ora basta chiacchierare. Aiutami con la tovaglia del nonno: la fece cucire con una delle stoffe più belle che aveva in negozio.

- Ok nonna, ma come spiegherai tutti questi cambiamenti al babbo e alla mamma … e a nonna Therese …

- Alla mia età non ho bisogno di spiegare proprio niente a nessuno, cara mia. Andiamo.

Senza altri discorsi mi spinge fuori dalla camera con la tovaglia fra le braccia e capisco che oggi mi toccherà fare proprio la brava: apparecchiare, sparecchiare con la massima cura e poi aiutare a rimettere a posto il grande disordine che ha fatto la mamma in cucina. Già, la mamma … chissà come se la sta cavando?


Continua ...



"Clizia T. - Lo spessore dei sogni", di Daniela Darone

Foto di Mark Boss da unsplash.com

venerdì 16 maggio 2025

"Clizia T. - Lo spessore dei sogni" - Ventiduesimo capitolo





UN PIGIAMA PARTY CON SORPRESA

- Beh? Mi vuoi spiegare? – le chiedo ridendo, osservando gli occhi di Erina che scintillano.

- Ho pensato che potresti restare a dormire qui! Ti va?

- Ma non ho niente con me!

- Ti presto tutto io! Dai, rimani, facciamo un pigiama party improvvisato! Sarà divertente! Chi ha voglia di dormire, ora? E poi c’è una sorpresa …

- Del tipo?

Erina non risponde e si limita a sorridere, mentre si volta e raggiunge la sua mamma.

- Ma’, Clizia può fermarsi a dormire qui?

- Non hai avuto abbastanza festeggiamenti, Erina?

- Uffa, mamma!

- Non ho detto di no.

- Ma nemmeno di sì.

- Allora vorrà dire che dirò di sì, bambina viziata!

- Grazie ma’! – le risponde sorridendo, e subito dopo alza la voce per farsi sentire dal fratello - Davide! Ti tocca il divano stasera!

- Che cosa?

- Abbiamo ospiti! Fuori dalla nostra camera! – gli dice, facendo capolino nella stanza - E tu, Clizia, dai! Chiama i tuoi! Che aspetti? Dobbiamo cambiare il letto di Davide.

- Ma no, non importa: tanto mica dormiamo per davvero! Mi ci appoggio sopra e basta – le rispondo, mentre chiamo casa.

La mamma non si fa pregare. Conosce bene Erina e la sua famiglia e penso sia contenta per me. Quando chiamo lo zio, dai rumori di fondo, capisco che è a cena fuori.

- Ok, se la mamma è d’accordo vengo a prenderti domani.

- Ma dai, zio! Non c’è bisogno! Torno da sola.

- Preferisco di no.

- Passamelo! – mi bisbiglia Erina, che è vicina a me e ha sentito la conversazione. Sembra all’improvviso un po’ spaventata; probabilmente pensa che domani lo zio voglia raccontare ai suoi la bravata di questo pomeriggio. Le passo il telefono.

- Buonasera, mi scusi, volevo solo ringraziarla per prima … siamo state proprio … però insomma, le giuriamo che …

- Non giurate – sento il tono asciutto dello zio, dato che ho anch’io l’orecchio appiccicato al telefono - comportatevi bene e basta. Senza giurare, che non serve.

- Non dirà niente ai miei, vero? – chiede la voce di Erina, facendosi tutta zuccherosa.

- Buonanotte – risponde lo zio, riattaccando.

- Beh, non ci pensiamo per ora! – mi fa Erina, dopo essere rimasta un attimo pensierosa – Sono sicura che non dirà niente. Se lo avesse voluto fare, l’avrebbe già fatto, no?

- E se non avesse voluto rovinare il tuo compleanno? Chi gli impedisce di dire tutto domani? Già. E poi a casa, ora che ci penso, mi aspettano i guai … figurati se lo zio non va a spifferare tutto alla sua sorellona - concludo con un sospiro.

- Clizia, basta tristezza! Ci penseremo domani! Vieni, devo farti vedere una cosa - mi fa, strizzandomi un occhio e tirando fuori da sotto il materasso una piccola custodia di un DVD - Sai cos’è?

- Certo! Un DVD.

- Ovvio, Clizia, ma … quale DVD?

Mi stringo nelle spalle e non riesco a capire cosa renda Erina così eccitata. In quel momento, proprio mentre apre la bocca per dirmelo, sentiamo di nuovo suonare il campanello.

- Questo è qualcuno che ha dimenticato qualcosa! – fa Erina, dirigendosi alla porta.

Invece poco dopo entra di nuovo in camera, con Grazia: non l’avevo vista alla festa e, se devo essere sincera, non mi dispiaceva affatto. La “più bella di Santa Croce” entra in camera fasciata in un paio di jeans a vita bassa, un top microscopico e un giubbottino jeans striminzito di almeno una taglia in meno del necessario, sorriso smagliante e braccia tese.

- Cliziaaaa! Piccola! Come stai? - cerco di sorvolare su quel “piccola” che, detto da lei, fa quasi ridere, dato che ha solo tre anni più di me (ma altrettante misure di reggiseno in più!) e ci baciamo sulle guance per salutarci. Lei però non aspetta nemmeno la mia risposta alla sua domanda e si rivolge subito a Erina.

- Chicca, non sono potuta venire prima, mi dispiace … e mi sa anche che sono arrivata troppo tardi. Come mai sono già andati via tutti?

- La mamma aveva dato l’ok solo fino alle undici.

- Oh – fa lei, annuendo, cercando di assumere un’aria comprensiva – certo, siete ancora piccoli.

- Non siamo piccole! Sono i parents che stressano!

- Oh, beh, suppongo lo facciano solo per il vostro bene. Allora? Già visto il mio regalo? L’avevo dato a Davide perché te lo portasse.

- Sì, Grazia! È fighissimo. Mi è toccato nasconderlo sotto il materasso!

Ridono di gusto e comincio a sentirmi un po’ nervosa. Primo: ODIO quando qualcuno mi fa una domanda e non ascolta la risposta. Secondo: cos’è questa storia di questo nomignolo, “Chicca”, con cui si rivolge a Erina? Terzo: mi sento esclusa da questa conservazione vomitevole dove una finge di essere una donna e l’altra cerca disperatamente di essere all’altezza. Quarto: cosa cavolo è venuta a fare a quest’ora? Quinto (e non ultimo in ordine di importanza): Davide e Massimo lo sanno che lei, miss Santa Croce, è qui?

Finalmente entro di nuovo nel campo visivo di Erina.

- Stavo proprio dicendo a Clizia del tuo regalo … non sai quanta voglia avevo di vederlo!

- Ma insomma, di cosa parlate?

- Grazia mi ha regalato il DVD di Thirteen!

- Sarebbe?

- Un film di qualche anno fa che racconta di due ragazze della nostra età. Grazia l’ha scovato su internet e ha pensato di regalarmelo.

- E cosa ha di particolare?

Si stringono nelle spalle e lì per lì sembrano un po’ deluse dal fatto che stia frenando il loro entusiasmo.

- Non lo sappiamo bene, non l’abbiamo ancora visto. Tempo fa l’hanno dato in tv, ma la mamma, che consulta sempre Common sense media prima di vedere un film, non me l’ha fatto vedere. Diceva che non era adatto a me. Sai come si dice: quando una cosa è proibita, diventa subito appetibilissima. Se parla di tredicenni, perché non dovrei vederlo?

- Ho letto qualcosa su internet prima di comprarlo. Sembra che sia una storia vera: una tipa perfettina e un po’sfigata conosce la ragazza più popolare della scuola e fa di tutto per diventare sua amica. Solo che la tipa popolare è una un po’ fuori di testa e quella perfettina, pur di stare con lei, la imita e si lascia trascinare in roba pesa, mi sa … spinelli, sbronze … roba così.

Erina prende il DVD da sotto il materasso e mi mostra la copertina: ci sono due volti di ragazze in primo piano. Stessi capelli lunghi, stessi sguardi ammiccanti e le loro lingue bene in mostra a mostrare i piercing.

- Wow, che schifo! Sai che male bucarsi la lingua! – rispondo, arricciando la bocca.

- Ok, lo guardiamo insieme un giorno di questi, va bene? Ora vado, vi lascio alle vostre chiacchiere – le dice Grazia.

- Perché invece non rimani con noi e lo guardiamo stanotte? Clizia rimane a dormire da me e facciamo un pigiama party … insomma, non c’è occasione migliore, ti pare?

Lì per lì Grazia sembra esitare, valutando la proposta, e dentro di me comincio a ripetere come un mantra “rispondi di no, rispondi di no, rispondi di no”. Invece, la fronte un po’ aggrottata di Grazia alla fine si distende.

- Ma sì! Telefono a casa e avverto che resto qui. Per il film poi vediamo, magari a Clizia non interessa molto, mi sembra.

- Ma dai, non fare la guastafeste! – ride Erina – certo che lo vuoi vedere! Mica è un film vietato!

- In America era vietato ai minori di diciassette anni, ma qui in Italia no – Grazia si stringe nelle spalle – E comunque, secondo me, se lo vediamo non facciamo nulla di male. In fondo è come se guardassimo un documentario sugli adolescenti, in un certo senso …

Faccio spallucce.

- Boh, se vi va così tanto …

Non posso nemmeno sperare che la mamma di Grazia le dica che non può restare, perché conosce benissimo la mamma di Erina: sono state compagne di scuola. Rimpiango quasi di non essere tornata a casa. La prospettiva di passare del tempo con Grazia, per di più guardando un film che, sono sicura, la mamma mi strozzerebbe se lo sapesse, non è che mi entusiasmi. Ho già fatto la cavolata del giorno. Metti che poi ci beccano? Ma Erina sembra non preoccuparsi troppo, apre l’armadio e si mette ad armeggiare per tirare giù qualche cuscino. Intanto Grazia è tornata dalla cucina, dove era andata a parlare con la mamma di Erina e a telefonare ai suoi.

- Tutto a posto, posso rimanere. Sono così contenta! Faremo finta che tu sia la sorellina che non ho mai avuto, che ne dici Chicca? - si sorridono ed Erina le passa una t-shirt.

- Tieni, ti va di cambiarti? Magari stai più comoda.

- Grazie mille – risponde Grazia, indossando la maglietta. Beh, se non altro sono soddisfatta della scelta di Erina: le ha dato una maxi maglietta che non metterà certo in risalto il fisico di Grazia, ma … oh, ecco! Giusto! Le ragazze come lei hanno sempre l’asso nella manica … et voilà: se la arrotola su un fianco, fermandola con un nodo. Da maxi t-shirt a mini abito! Aiuto! Mi arrendo! Mi sa che non mi resta che imparare … e poi in fondo Grazia non è antipatica. Mi sa che sono un po’ gelosa, tanto vale ammetterlo, e forse dovrei solo cercare di godermi la serata, perché un pigiama party è più divertente se siamo di più e poi magari posso chiedere a Grazia se mi insegna a truccarmi.

- Ci servirà qualche schifezza da sgranocchiare, che dite? Patatine, pop corn … vado a vedere cosa è rimasto, metto a nanna i miei genitori e torno. Poi magari alle due facciamo le piadine con la cioccolata!

- Ok. Chicca scusa, ma tuo fratello che fine ha fatto?

- L’ho buttato fuori!

- Oh, povero!

- Ma figurati! Starà sul divano e se ho capito bene la mamma lascerà dormire qui anche Massimo. Sicuramente staranno svegli tutta la notte a strimpellare le loro chitarre e a sparare cavolate. Ma lo sapete che ogni tanto mi sveglio la notte perché quel matto è a sedere sul suo letto a gambe incrociate che suona? E se gli chiedo cosa fa, mi risponde “oh Erina, senti questo riff!”, e poi la mattina è in stato comatoso!

- Che dolce! – risponde Grazia – allora stanotte ci sarà pure un concerto!

- Beh, mica sono i Green Day! E poi loro sono out dalla nostra stanza! Altrimenti ci rovinano tutto il divertimento!

- Oh, chiaro Chicca, certo!

Mentre Erina è di là che cerca di mettere i suoi fuori campo, io e Grazia ci scambiamo qualche sorrisetto stiracchiato e cerco di farmi venire in mente qualcosa da chiederle che non mi faccia sembrare una perfetta idiota. Per fortuna Erina rientra quasi subito con sacchetti di patatine, pop corn e altri snack e appoggia tutto sulla scrivania. La mamma di Erina si affaccia alla porta.

- Se mi riducete la camera una discarica, domani mattina prima di uscire pulirete tutto, chiaro? – ci intima col dito teso e minaccioso. La faccia è sorridente, ma capisco che non scherza.

- Certo! – ci affrettiamo a rassicurarla, purché se ne vada al più presto – buonanotte!

Così ci ritroviamo finalmente sole e ci diamo da fare per rendere la stanza comoda. Erina prende dallo scaffale il diario di scuola che si è comprata per l’anno che deve iniziare.

- Ho visto che ci sono un sacco di test, ne facciamo qualcuno?

- Ok, e magari intanto, se vi va, vi posso insegnare a truccarvi. Ho la mia trousse in borsa. Potremmo cominciare proprio da te, Clizia, dato che Erina ha già avuto le sue prime lezioni. Che ne dici? – mi chiede, fissandomi con la sua bocca a cuore perfettamente disegnata, la testa reclinata da un lato e un bel sorriso. Cavolo se è bella!

- Lo sai cosa ti starebbe un amore, Clizia? Dei ricciolini tirabaci, qua e là, per esaltare quei tuoi capelli già mossi ma … indecisi! – e scoppia a ridere, con la sua risata piena. - Chicca, pensi che potremmo prendere l’arricciacapelli della tua mamma?

- Penso di sì. Vado a chiederglielo prima che la genitrice sprofondi nel sonno – e schizza via. 

Avrei preferito che Grazia non si concentrasse con tanto impegno su di me, perché non mi va molto di essere trasformata: e se poi sembro ridicola? Però mi scoccia fare la schifiltosa, così accetto, sperando che non venga fuori una schifezza. Erina ritorna come un razzo.

- È il regalo di Natale che il babbo ha fatto alla mamma: ha detto che se glielo rompiamo ci strozza.

- Mi sembra giusto. Ma non succederà. Allora cominciamo! Io mi metto all’opera, e tu Erina ci leggi le domande dei test e segni le risposte.

- Uhm, ce ne sono diversi … quale facciamo?

- Leggici qualche titolo, così possiamo scegliere.

- Che ne so: sei matura? Sei gelosa? Il vostro amore è finito? Il vostro è vero amore? Sai capire se gli piaci? Sei una vera amica? Test dell’autostima … oh, anche una roba per calcolare l’affinità di coppia … uhm, ma serve sapere il segno zodiacale, data di nascita del tuo lui, beh, un po’ di notizie … allora?

- Mah … lasciaci pensare un attimo. Stai ferma Clizia, o non riuscirò a stendere bene il fondotinta. Tesorino mio, avresti bisogno di prendere un bel po’ di sole. Ma non sei andata in vacanza?

- Niente vacanze quest’anno – borbotto, scrollando le spalle.

- Vabbè, le farai più belle il prossimo anno. Ci penso io a crearti un bel faccino colorito. Beh, facciamo scegliere il test a Clizia: magari ha voglia di sapere l’affinità di coppia col ragazzo che le piace.

Meno male che mi ha messo il fondotinta, perché sento che sto diventando rossa e spero che così si veda meno.

- No, tanto non mi piace nessuno.

Grazia si interrompe per guardarmi negli occhi.

- Ne sei proprio sicura?

- Ma sì, nessuno che mi interessi davvero … e poi servono un sacco di informazioni sul segno, l’ascendente e quella roba lì. Hai sentito Erina, no?

- Vuoi che non sappia queste cose di mio fratello, Cli? – si intromette Erina – dai, non fare la scema, vediamo la vostra affinità di coppia!

- Oh, ma allora abbiamo scoperto un piccolo segreto! – cinguetta Grazia, tutta contenta, con quell’aria da mammina che mi dà sui nervi. Vorrei strangolare Erina, se solo non dovessi starmene ferma immobile per non rovinare il capolavoro (parole sue!) che sta facendo Grazia su di me. Mi limito a lanciarle un’occhiata assassina.

- Ma che ho detto? – si difende lei - E dai, Clizia, abbiamo scoperto l’acqua in Arno! Si vede lontano un miglio che sei cotta come una pera. Lo sanno tutti! E ovviamente lo sa anche lui. E poi Grazia è come se fosse la nostra sorellona.

La tua sorellona casomai, brutta vipera che non sei altro! penso, serrando la bocca e restando zitta.

- Ok ragazze, mica vorrete litigare, eh? – si affretta a dire Grazia - Cambiamo test. Comunque non ti devi vergognare se sei innamorata. E poi qui stiamo solo giocando, dai. Mica prenderai sul serio queste sciocchezze? Guarda, per dimostrarti che sono solo cavolate, lo faccio io questo test. Dai, Erina, fammi il test come se piacesse a me tuo fratello.

C’è un attimo di silenzio, ma Grazia continua ad armeggiare, questa volta con l’arricciacapelli. Si alza, va ad attaccare la spina, mi fa cenno di sedermi su una sedia, con la massima naturalezza.

- Ok, però a te non piace davvero, eh? – le chiede Erina.

- Ma nooooo. Chicca, ma cosa vai a pensare? Ci conosciamo da una vita. Potrebbe essere mio fratello.

Wow, che famiglia numerosa che hai! penso, ma evito di dirlo, perché con quell’aggeggio caldo che ha in mano magari per vendicarsi mi concia i capelli una schifezza. Cavolo se mi ribolle questa frase di Grazia … questa cosa non mi piace nemmeno un po’...

- Ok, forse è meglio cambiare test. Perché non facciamo “sei una vera amica”? – propone Erina, notando la mia faccia irritata.

- Azzeccatissimo, Erina! – le faccio io, indirizzandole un sorriso dolce e un’occhiata spietata.

Andiamo avanti per un po’ a fare i test e così mi distraggo, mi rilasso e comincio a divertirmi. Dopo un po’ Grazia annuncia che ha finito di sistemarmi, mi dà un’ultima energica arruffata ai capelli per spettinarli in modo abbiano un’aria naturale e mi passa uno specchio per farmi vedere il risultato. Lì per lì aggrotto un po’ la fronte … beh, sono proprio ... diversa, ma in fondo sempre io. Niente mascheroni, come ci facevamo a volte io ed Erina quando pasticciavamo con i trucchi delle nostre mamme. Piuttosto un bel colore, dorato, che se lo avessi davvero non chiederei altro. E poi, che so, una specie di magia agli occhi. Perché adesso, invece che grandi, sembrano immensi e luminosi.

- Questo mascara è incredibile! – esclama Grazia, continuando a studiarmi, per gongolarsi del risultato ottenuto – e io so fare magie!

Io la sento appena: sono troppo concentrata a guardarmi allo specchio. Ero terrorizzata all’idea che mi facesse dei riccioli, invece ha solo accentuato il mosso dei miei capelli. Improvvisamente sento che Grazia potrebbe diventare una grande amica, tanta è la gratitudine che sento: stasera mi ha trasformata in una Clizia molto più interessante della mozzarella che sono di solito! E pace se le piace Davide: a chi la vuole dare a bere? Una ragazza innamorata come me lo capisce benissimo quando a un’altra piace lo stesso ragazzo.

- Ma come hai fatto? - le chiedo, senza riuscire a nascondere lo stupore.

- I miei mi hanno regalato un corso di trucco per il mio compleanno. Non si decidevano a capire che non mi interessa sgobbare sui libri: voglio fare l’estetista. Così mi hanno messo alla prova per vedere cosa sapevo fare ed ecco cosa ho imparato! Risultato: in autunno comincio la scuola di estetica.

- Ok, ora però sta a me! Mi fai le mani? Solo evitiamo il rosso cupo dell’altra volta. La mamma ha storto il naso.

- Chicca, ora non va più quel colore. Siamo in estate! Verde pistacchio, rosa, mirtillo, ma se proprio vuoi delle mani da urlo potrei usare le nail art pens – e, proprio come una prestigiatrice, tira fuori dalla sua mega trousse delle pennine a punta finissima, godendosi il fatto che pendiamo dalle sue labbra.

Mentre siamo tutte intente a carpire da Grazia i segreti della bellezza e a farci fare la manicure, la porta di camera si apre e fanno capolino Davide e Massimo. Prima ancora che possiamo aprire bocca ci hanno già zittite, portandosi l’indice al naso.

- Davide, non cominciare, vai fuori dai piedi – bisbiglia Erina.

- Dai, possiamo stare con voi?

- No, i maschi sono out. È contro il regolamento.

- Erina, ricordati che sono il fratello maggiore: tu dormi qui solo perché te lo concedo.

- O magari perché abbiamo una camera sola! Che c’è? Solo perché sono nata dopo, pensi che la camera sia tua?

- Esatto: sei un’ospite. E io e Massimo abbiamo voglia di ascoltare le scemenze che vi dite e vedere il film che hai nascosto sotto il materasso.

- Smettetela voi due, dai! – ci fa Grazia - Siamo amici! Perché non possiamo stare tutti insieme? Tu che dici, Clizia?

Solo allora sembra che si ricordino di me: mi puntano tutti gli occhi addosso e Davide e Massimo notano la mia trasformazione. Massimo piega la testa da un lato, aggrottando la fronte, mentre Davide mi fissa e lì per lì mi sembra gli si dipinga in faccia un’espressione di sorpresa. Sta un attimo zitto a guardarmi e poi subito la bocca gli si allarga in una risata:

- Polpettina! Sembri un angioletto!

Massimo gli assesta una manata. Dannazione! Perché deve essere sempre così odioso?

- Sei molto carina, Clizia – mi dice Massimo. E quasi quasi mi sembra che arrossisca.

- Grazie.

- Figurati! È la verità.

Colgo un’occhiata di Erina che si sposta veloce da me a Massimo. Perché diavolo a Erina non interessa più un ragazzo così dolce? Il suo complimento mi ha salvata dalla risata di Davide e mi ha fatto piacere, ma se la stessa cosa l’avesse detta Davide, sarei esplosa di gioia.

- Beh, lo vediamo questo film o no? - dice Erina, cambiando discorso. Così ci accomodiamo tutti stretti stretti sul tappeto, con le spalle alla sponda del letto e posizioniamo la tv.

- Mamma e babbo dormono?

- Come sassi, ma tieni il volume basso. 

Il film parte. E già la prima scena mi colpisce allo stomaco. Ci sono le due ragazze della copertina che si picchiano, e lì per lì non capisco cosa succeda. Sembra quasi che a loro piaccia farsi male. Per fortuna la scena dura poco e la storia prosegue con un flash back, per mostrarci la trasformazione di Tracy, la ragazza acqua e sapone che si caccerà in un mare di guai. Perché si capisce da subito che scoppierà un bel casino. Arrivo fino al punto in cui Tracy, che ha già una famiglia problematica alle spalle, decide di essere quella che non è: per farsi accettare, per sentirsi considerata, per piacere ai ragazzi … e guarda un po’, pure loro hanno pochi soldi da spendere per fare shopping, eppure trovano lo stesso il modo di prendersi le cose che vogliono. La mano mi va alla tasca della gonna: sento il lucidalabbra che ho rubato stasera e mi sembra che qualcuno mi abbia appena mollato un cazzotto nello stomaco. Però se queste sono tredicenni, io sono Babbo Natale … certo, un po’ di confusione ce l’ho anch’io nella testa, nella pancia, nelle gambe … e un po’ mi va di vederlo, questo film, perché sono curiosa, ma un po’ mi fa paura e mi fa stare male: perché un conto è avere confusione in testa, un altro è essere delle complete imbecilli. Anche un idiota lo capirebbe che se hai già dei problemi, è meglio che non continui ad infognarti in problemi ancora più grandi. E poi, avere tredici anni significa questo? Significa essere così infelici e arrabbiate? A me non sembra di essere così, penso, e mentre le immagini continuano a scorrere, la mente vola qua e là. Mi sento un po’ stupida, ma piano piano il mio corpo si abbandona seguendo i miei pensieri e gli occhi cominciano a cedere. Nessuno si accorgerà se chiudo un momento gli occhi e ascolto solamente.


Continua ...



"Clizia T. - Lo spessore dei sogni", di Daniela Darone

Foto di solod_sha, da pexels

venerdì 2 maggio 2025

"Clizia T. - Lo spessore dei sogni" 😋 Gougère bourguignonne di Therese

Ecco le dosi per ottenere una ciambella per 6 persone:


150 grammi di groviera grattugiato

50 grammi di groviera a pezzetti

75 grammi di burro

1 bicchiere e mezzo di farina

3 uova

mezzo cucchiaino di sale

1 bicchiere e mezzo di acqua


In una pentola fate scaldare un bicchiere e mezzo di acqua, il sale e il burro a pezzetti. Quando il burro è sciolto, levate la pentola dal fuoco e buttateci la farina tutta insieme. Mescolate bene, rimettete sul fuoco e continuate a mescolare con un cucchiaio di legno. Quando vedete che la pasta non aderisce più, né al cucchiaio, né alla pentola, levate la pentola dal fuoco e aggiungete le uova, una alla volta, mescolando energicamente.

Aggiungete il groviera grattugiato.

Prendete una teglia tonda e imburratela e, a cucchiaiate, riempitela col composto che avete ottenuto: usate un cucchiaio da minestra e disponete una o più cucchiaiate una accanto all’altra. Spargete i pezzi di groviera sopra.

Adesso non vi resta che infornare nel forno già caldo a 220 gradi, per 20 minuti, e poi abbassare a 180 per altri 25 minuti.

Tenete conto che l’impasto è cotto quando, appoggiando il dito, lo sentirete sodo. Se è ancora morbido, prolungate la cottura di qualche minuto.

 

Se volete limitare la quantità di burro, anziché imburrare la teglia, penso che possiate ottenere lo stesso risultato rivestendo la teglia con la carta forno. Noi questa versione però non l’abbiamo mai provata, perché Therese adora il burro e lo usa in molte ricette! Dovreste sentire che gusto delizioso e che friabilità ha la sua Quiche Lorraine, nella preparazione della quale usa generose quantità di burro! La ricetta della Quiche però non ce l’ha lasciata, forse perché alla nonna Annalena il burro non piace molto …


Non vi resta che mettervi alla prova! A presto, Clizia

https://blookintreccinellarete.blogspot.com/2025/03/clizia-t-lo-spessore-dei-sogni.html

martedì 29 aprile 2025

"Clizia T. - Lo spessore dei sogni" 🍮 Il dolce bretone di Therese



Per voi che avete già letto il diciottesimo capitolo di Clizia T. - lo spessore dei sogni (https://blookintreccinellarete.blogspot.com/2025/03/clizia-t-lo-spessore-dei-sogni.html). 

Forse vi va di assaggiare il dolce bretone di cui parlava Therese. Prima di partire la nonna ci ha lasciato la ricetta, ma era un po' di corsa, così l'ha scritta in francese. Qui di seguito ve la riporto in italiano: 

Scegliete materie prime di qualità, altrimenti il sapore verrà alterato.

Per 250 grammi di farina occorrono 1 litro di latte, 4 uova, 250 grammi di zucchero, 1 pizzico di sale, 1 cucchiaino di olio e delle prugne (o uvetta. Per la quantità, regolatevi un po' a occhio e a seconda dei vostri gusti. La nonna usa sempre le prugne, non l'uvetta). 

Passate le prugne nella farina, per evitare che "cadano" tutte in fondo alla teglia. Mescolate tutti gli ingredienti e versate il composto in uno stampo imburrato. 

Cuocete a temperatura media (così prevede la ricetta. Therese la cuoce in forno statico preriscaldato a 200 gradi per 1 ora). 

Vedrete, è un dolce buonissimo! Un abbraccio, Clizia

p.s. la prossima volta vi scrivo anche la ricetta della Gougère Bourguignonne di Therese. A presto! 

"Clizia T. - Lo spessore dei sogni" - Ventunesimo capitolo

 




PER FORTUNA ERO SOLO IO



A casa c’è mezza Santa Croce e i genitori di Erina mi accolgono facendomi un sacco di feste. In sala alcuni mobili sono stati spostati per far posto per ballare e c’è già una musica assordante. I vassoi con i panini e i dolci sono tutti allineati accanto alle bibite. Mi aggiro per casa come una di famiglia e ritrovo parecchi amici della Piazza e qualcuno di classe, ma di Davide nessuna traccia. Mi ricordo improvvisamente che non ho ancora dato il regalo ad Erina, così mi affretto a toglierlo dallo zainetto e la cerco in camera sua, seguendo la sua voce squillante e la sua risata. Mi affaccio ed eccoli lì: Erina, Davide e Massimo. Per un attimo mi manca il fiato e il cuore mi batte così forte che sento il rimbombo nelle orecchie.

- Ciao testa vuota! Ci stavamo proprio chiedendo dove fossi – esclama Davide venendo verso di me – dove siete andate a far danni, tu e mia sorella?

Lì per lì penso che Erina gli abbia raccontato di quanto è successo prima e le lancio un’occhiataccia, ma lei scuote la testa e mi rilancia uno sguardo che in codice significa “ma sei pazza? Acqua in bocca anche con mio fratello!”, quindi mi metto tranquilla e mi faccio abbracciare, sperando che Davide non mi molli tanto alla svelta. Anche Massimo mi accoglie, ma con una pacca sulle spalle da amico, magari perché a lui la cotta per Erina non gli è passata.

- Ragazzi, ma che fate? Di là ci sono i vostri amici che fanno tappezzeria – ci fa la mamma di Erina, entrando in camera – dai, andate a fare gli onori di casa.

- Ora non ti mettere a fare la mammina premurosa! – le fa Erina, sbuffando - Avevi promesso che ti confinavi da qualche parte.

- Carina, prima che io mi confini da qualche parte ne passeranno di anni! Me ne vado in camera, ma occhio: posso sempre arrivare all’improvviso per un’ispezione a sorpresa!

- Non ti preoccupare ma’, ci pensiamo noi alle bambine – le dice Davide, assumendo l’aria da fratello maggiore.

- Allora mi preoccupo davvero! Ricordati che tu e Massimo siete qui per aiutarmi a gestire problemi che spero non ci saranno, non per fare i galletti: ci siamo capiti? – conclude, lanciandogli un’occhiata d’intesa.

- Ma figurati! Siamo troppo grandi per le amiche di Erina! – esclama Davide. A quelle parole mi sento una pugnalata in pieno petto, però incasso, facendo finta di nulla e aggrappandomi alla luce che mandano i suoi occhi, che ridono in modo impertinente.

- Non fate i furbi! – intima la mamma, scomparendo dalla stanza.

Quando andiamo in salotto tutti si affrettano a dare i loro regali ad Erina, ma lei apre per prima il mio.

- Wow, Clizia! È fighissima, grazie! - e fila in bagno a provarsela, tornando in tempo record per farsi ammirare. Le sta bene: la maglietta è proprio carina e Erina stasera è ancora più bella del solito. Da quand’è che ha messo su quel seno? Può essere una terza? C’è qualcosa di diverso in lei, tanto che mi sembra di vederla per la prima volta.

- Allora? Che ne dici della musica? Massimo ha fatto un cd apposta per questa festa. È cotto, poveretto, anche se pensa che io non lo sappia. Peccato per lui, perché la mia sorellina ha preso il largo - mi sussurra Davide, avvicinandosi all’improvviso. Ridendo si porta il dito indice al naso, come per suggerirmi di stare zitta e mi abbraccia. - Balli?

In quel momento sta iniziando un brano di John Legend, romanticissimo, torcibudella e da ginocchia molli, e non ho ancora risposto, così presa alla sprovvista, che Davide mi mette le braccia intorno ai fianchi e comincia a ballare.

- Rilassati. Basta che mi metti le braccia intorno al collo e ti dondoli qua e là: niente di più semplice - mi dice sorridendo.

Io mi sento un paletto, tanto sono tesa, ma cerco di farmi trasportare dalla musica e mi concentro sulla canzone, sulle parole meravigliose che spero che un giorno qualcuno dirà anche a me. Piano piano mi rilasso, anche perché Davide inizia a chiacchierare di non so cosa. Un po’ non riesco a sentire perché la musica è troppo alta, un po’ sono confusa ed emozionata: è il mio primo lento, e non me l’aspettavo. Ogni tanto Davide avvicina la testa ai miei capelli e mi sento un brivido che mi corre lungo tutta la schiena. Il tempo passa troppo velocemente e la musica cambia, si fonde in un ritmo più veloce. Il lento è finito. Davide si allontana un poco.

- Grazie di questo ballo, signorina – mi dice, simulando un comportamento d’un ragazzo d’altri tempi. Sta per allontanarsi, così io potrò svenire senza che mi veda, quando si riavvicina, aggrottando la fronte.

- Clizia, scusa, ma … hai mangiato le polpette? – mi sussurra.

Rimango senza parole, confusa e interdetta. La mente corre a casa: cosa diavolo ho mangiato prima di uscire? Ma cosa … ah già, le crocchette di verdura della mamma!

- Sì … cioè no, ho assaggiato delle crocchette di verdure – oddio, forse avevo l’alito che sapeva di aglio? Ma mi sono lavata i denti come un’ossessa prima di uscire e ho usato un litro di collutorio!

- Si sente! I tuoi capelli sanno di fritto! T’immagini se dovevi uscire con un ragazzo? Ricorda: mai fare il fritto, prima di un appuntamento ... altrimenti sei fritta! Per fortuna questa volta ero solo io …- e mi strizza l’occhio, ridendo, prima di allontanarsi.

Mi sento una gran rabbia che mi sale dentro, che si mescola all’imbarazzo e all’umiliazione.

- Beh? Perché questa faccia? – mi fa Erina, arrivando tutta allegra – sbaglio o hai appena ballato un lento con mio fratello?

- Lasciamo perdere! Mi ha appena detto che i miei capelli puzzano di fritto!

- Oh … - Erina si avvicina di più per annusarmi ed io mi ritraggo un po’– beh, però ha ragione: vuoi lavarteli? Guarda che non c’è problema, vai un attimo in bagno, ti presto il phon e …

- No, grazie. Se da una distanza di sicurezza non si sente nulla, vuol dire che sarà stato il mio primo e ultimo lento, almeno per oggi! Però che carogna tuo fratello, sembra che lo faccia apposta a mettermi in imbarazzo!

- Dai, non te la prendere, lo sai che quelli carini sono così. Senti, volevo dirti una cosa – continua Erina, prendendomi per mano e portandomi un attimo in camera sua – non te l’avevo ancora detto, ma … sai, alla fine della scuola mi sono venute … - arrossisce un po’ e abbassa gli occhi.

Lì per lì non capisco, sono ancora arrabbiata con quello scemo di Davide.

- Cosa vuoi dire?

- Le mestruazioni – fa lei, serrando la bocca e alzando le spalle, con un gesto di ovvietà – oddio, lo sai che mi fa schifo pronunciare quella parola! È una parola orrenda. Dovrebbero levarla dal vocabolario e inventarne una nuova. Comunque, quelle …

- Oh, quelle …

- E a te?

- No, non ancora. Mi sa che sono rimasta l’ultima ritardataria! Sai, prima ti guardavo e mi sembravi diversa e non capivo cosa fosse. Deve essere per quello che sei diventata così.

- Così come?

- Così bella. Sembri di colpo una ragazza grande e quelli di classe nostra sembrano dei bambini. Lo sai che piaci a Massimo? Me l’ha detto Davide.

Lei ride, con una risata piena e soddisfatta.

- Lo so, lo so! Mi guarda con certi occhi che se ne è accorta pure la mamma. Ma a me non piace più.

- Come cambiano le cose, eh? Due mesi fa ti batteva il cuore solo se lo intravedevi fra la folla di Santa Croce …

- Due mesi fa sono preistoria, Clizia. Dai, andiamo di là.

Come torniamo in sala, Massimo si avvicina a Erina e la invita a ballare. Lei accetta e mi strizza un occhio, mentre si dirige con lui al centro della stanza. Intanto mi guardo intorno: le vacanze hanno cambiato alcuni di classe, mentre altri sembrano i soliti di sempre: più rassicuranti, almeno per me. Chissà che effetto faccio a loro, come mi trovano. Mi avvicino a un gruppetto e mi inserisco nelle loro chiacchiere, lanciando ogni tanto delle occhiate alla pista, per vedere se Erina si sgancia da Massimo. Principalmente sono venuta per stare con lei. Mi manca, perché prima ci vedevamo quasi ogni giorno e spesso, dopo scuola, ci telefonavamo. Ora invece a Fiesole, tutte le volte che sento il bisogno di parlarle, sono costretta per un motivo o per un altro a mandarle solo dei messaggi o a farle telefonate lampo. Penso a tutto questo mentre la osservo ballare con lui: a prima vista sembra che sia contenta e che lo tratti con amicizia ma, a guardarla bene, pare che ci sia dell’altro, che abbia un modo di fare strano. Finalmente vedo che gli dice qualcosa all’orecchio e poi si allontana. Viene verso di me.

- Sicura che Massimo non ti piaccia più, Erina?

- Sicura.

- Allora perché facevi la scema mentre ballavi?

- Cosa? Io non facevo la scema …

- Sì, la facevi … sembrava di no, ma a guardarti bene, Erina, io che ti conosco …

- Clizia, non mi interessa più. Davvero. Solo che mi piace come mi guarda. Mi piace piacergli. Mi fa sentire grande.

- Però forse lui può capire qualcosa di diverso, se fai così … può pensare che ti interessi.

Lei alza le spalle.

- E allora? Che problema c’è? È solo un gioco, Clizia.

Lancio un’occhiata a Massimo, che la sta ancora guardando con un’aria inebetita: da un lato mi fa pena, dall’altro mi fa quasi rabbia. Per un attimo penso che forse anche io guardo Davide come lui guarda Erina. Sono due spietati fratelli rubacuori, anche se so benissimo che Erina non ha mai baciato un ragazzo. Come me, del resto.

- Magari però è meglio se la smetti di fare la donna fatale.

- Ma che dici, Clizia?

- Falla finita, Massimo può restarci male. Ne so qualcosa io, con quello scemo di tuo fratello.

- Devi smettere di pensare a Davide, Clizia. È tempo perso.

- Grazie. Ora che mi hai pugnalata mi sento molto, molto meglio!

Dopo un po’ sentiamo suonare alla porta. Sono le teglie di pizza a domicilio che ha ordinato la mamma di Erina. Tutti si fiondano al tavolo, facendo la caccia ai tranci più conditi, mentre Davide e Massimo accendono la Wii per giocare a Just dance.

Alle undici non c’è quasi più nessuno e Erina accompagna alla porta gli ultimi ritardatari, mentre i genitori sono giù al portone e ogni tanto scampanellano per sollecitare i figli a raggiungerli. Finalmente la porta si chiude dietro l’ultimo irriducibile ed Erina fa il broncio, venendo verso di me.

- Ora andrai via pure tu, e il mio compleanno sarà già finito! L’ho aspettato un secolo e se ne è andato in un soffio!

Già. Dovrei chiamare lo zio e dirgli di venire a prendermi. Davide e Massimo sono in camera a strimpellare le loro chitarre.

- Vorrei poter restare ancora qui! Però è stato divertente, dai! E poi tanto ci vediamo fra qualche giorno, no?

- Ma a me dispiace se vai via! Resta ancora, dai!

All’improvviso un lampo le passa negli occhi.

- Che c’è?

- Ho appena avuto un’idea geniale!


Continua ...



"Clizia T. - Lo spessore dei sogni", di Daniela Darone

Foto di Matheus Bertelli, da pexels

lunedì 14 aprile 2025

"Clizia T. - Lo spessore dei sogni" - Ventesimo capitolo

 


LO VOGLIO E ME LO PRENDO!


Siamo sull’autobus che si dirige a valle, scendendo i tornanti. Mi sento come in gita: elettrizzata. Fra poco sarò di nuovo in centro: rivedrò Erina e Davide e ritroverò il mio Trappolino che mi saluta con la zampa alzata.

Alla fine, dandomi un’occhiata allo specchio prima di uscire, il risultato finale non mi sembrava male. Il sole in questo periodo mi ha schiarito un po’ i capelli e sembra che abbia le mèche e, approfittando che la mamma era intenta a cucinare, sono sgattaiolata in bagno e mi sono messa il suo mascara. All’inizio mi ero sbavata tutto un occhio, così ho dovuto lavarmi il viso e strofinarmi bene, col risultato di arrossarmi tutte le guance. Poi ci ho riprovato, con maggior attenzione, ed è andata: mi sono venuti due fanali al posto degli occhi. Prima di uscire dal bagno ho provato due o tre sguardi per Davide. Poi sono uscita, perché non volevo mi beccassero a fare la scema davanti allo specchio.

Ora, sull’autobus, qualche ragazza mi guarda, non capisco se per invidia perché sono con uno come mio zio o perché le colpisco col mio sguardo spaziale. Comunque mi sento leggera e chiacchieriamo allegramente, mentre lo zio mi racconta qualche aneddoto delle sue vacanze. Via via che ci avviciniamo al luogo dell’appuntamento divento sempre più impaziente e quando finalmente imbocchiamo via Calzaiuoli non riesco più a trattenermi: i piedi sembrano volare verso la meta! Arriviamo davanti alla Rinascente, ma ancora Erina non c’è. Li per lì mi viene una punta d’ansia, ma non passano due minuti che la vedo arrivare di corsa. All star bianche e un vestitino corto azzurro, i lunghi capelli castani che le danzano sulle spalle. Super abbronzata. Mi vola addosso, abbracciandomi.

- Buon compleanno, Erina! Ehi, ma stai benissimo! Sembri Beyonce!

- Grazie! Anche tu stai bene, Clizia! Che maglina carina! Oh, buongiorno Dario – dice allo zio, abbassando un po’ gli occhi, dato che lo zio la mette sempre un po’ in soggezione. Lui le sorride.

- Ok ragazze, allora vi lascio. Non combinate disastri – ci dice scherzando e facendoci l’occhiolino – Clizia, quando finisce la festa fammi uno squillo sul cellulare e ti vengo a prendere.

- Perché non facciamo un giro alla Rinascente, prima? - mi chiede Erina - è così caldo, ed ancora è presto per la festa.

- Ok

- Ora che mi ci fate pensare, ho un’amica che lavora al reparto profumeria. Magari entro a salutarla.

- È la sua fidanzata, Dario? - gli chiede Erina, ridendo.

- Direi proprio di no. Sono ancora libero!

Entriamo tutti e tre e ci dirigiamo al banco profumeria. L’amica dello zio è al suo posto, truccata come un’attrice e fasciata in un abitino rosso fuoco. Mentre ci avviciniamo lei gli sorride e lo zio ci presenta.

- Rossella, sei bellissima! – le dice lo zio, galante.

- Grazie, ma ho i piedi distrutti! Questi tacchi mi stanno facendo morire. Per fortuna fra un’ora ho finito.

- Allora perché non vieni con me a vedere la mostra a palazzo Strozzi ? O forse con quelle scarpe non è il caso?

- Stai scherzando? Ho le scarpe da ginnastica nello spogliatoio! Mica me la perdo un’occasione così! – gli dice, strizzandogli l’occhio.

Dopo che Rossella ci ha spruzzato sui polsi un profumo agrumato buonissimo, li lasciamo lì a chiacchierare da soli, per non essere di troppo e riprendiamo a girellare qua e là. In ogni specchio mi dò una sbirciatina e accanto ad Erina mi vedo sempre come un lenzuolino di bucato. Alla fine glielo dico, sconsolata.

- Beh, ma basta un po’ di trucco! Vicino agli espositori ci sono sempre i pennelloni per i tester … ci diamo una spennellata e via! - mi dice, facendo la faccetta furba.

- Ma lo zio, però … i miei non vogliono che mi trucchi. Dicono che sono troppo piccola!

- Ma figurati! Tuo zio non fa certo caso a noi! Sta parlando con la sua amica. Ci trucchiamo e usciamo subito, così non lo incontriamo di nuovo e non se ne accorge. E poi stasera, prima che venga a prenderti, ti strucchi a casa mia.

Un’altra occhiata allo specchio mi convince a darle ragione. Su un espositore Erina trova una terra iridescente e se la passa sulle guance, che le diventano subito super brillantinose. Solo in quel momento mi accorgo che ha anche lo smalto alle unghie, dello stesso colore del vestito. Peccato non averci pensato anche io! Anche se avevo solo lo smalto trasparente, almeno avrei avuto delle unghie luminose.

- Vediamo cosa possiamo fare per te, mozzarellina mia! - mi dice, studiandomi con occhio critico.

Mi vengono in mente all’improvviso i pomeriggi a casa sua, quando eravamo piccole e giocavamo a truccarci con i trucchi della sua mamma: anziché essere più belle sembravamo dei clown! Lei sembra leggermi nel pensiero.

- Non guardarmi con quegli occhi preoccupati! Guarda che ho imparato a truccarmi, cosa credi?

- E quando avresti imparato? – le chiedo, perplessa.

- Mi ha insegnato Grazia! Chiaramente non sono al suo livello, ma me la cavo.

Non riesco a non provare una fitta di gelosia. Bella acuta, al centro del petto. Lei e Grazia? Che c’entra Grazia con lei? Erina è più piccola e fino a qualche tempo prima, quando andavamo in piazza Santa Croce insieme, Grazia ci considerava “le piccolette” e stava sempre a parlottare con quelli più grandi. Ma chissà, forse Grazia vuole arrivare a Davide tramite la sorellina …

- Allora?! Mi rispondi?

- Cosa?

- Ma mi ascolti? Sei lì, tutta imbambolata! Guarda che non abbiamo tanto tempo! Stavo dicendo che questo fondotinta mi sembra troppo scuro per te, va a finire che crea un effetto maschera. Forse è meglio questa tonalità chiara, che comunque ti dona un’abbronzatura lieve, cosa ne dici?

- Ok, fai pure - le rispondo con ansia, notando lo sguardo astioso di una commessa. Lei si mette a spalmarmi quella roba sul viso, usando le dita, ed io cerco di stare più ferma possibile, sperando che faccia un buon lavoro.

- Certo che sarebbe meglio avere una spugnetta per sfumarlo …

Mi guardo critica nello specchio: sicuramente meglio di prima. Ora però ci vorrebbe un lucidalabbra. Con sollievo della commessa ci spostiamo da uno stand ad un altro. Immediatamente ci si presentano davanti innumerevoli astuccini colorati: chiari, scuri, con brillantini, gloss, profumati …

- Guarda questo com’è figo – mi fa Erina, mostrandomi un rossetto arancio metallizzato – È spiritoso! Ti starebbe bene, con quelle lentiggini e la pelle più dorata … Per me invece questo – mi dice, facendo l’occhiolino – è un bronzo lucido da dea! Ce li compriamo?

Evito la domanda e prendo tempo.

- Massimo c’è alla festa?

- Sì, ma che c’entra? – mi fa lei, sorpresa – comunque non mi piace più.

- Sì, lo so che ora ti piace Fabio, quello del mare.

- Ah sì, vabbè, ma Fabio non sta a Firenze. Casomai lo ribecco il prossimo anno al mare. Invece ora mi sa che mi interessa Duccio. Sai quello di classe nostra? L’ho incontrato ieri al mercato centrale. Devi vedere come è diventato carino da quando si è fatto crescere i capelli! A proposito, gli ho proposto di andare con i nostri compagni di classe a mangiare la pizza una di queste sere, prima che ricominci la scuola. Dopo magari gli mandiamo un messaggio per proporgli una data. Tu pensi di venire?

- Uhm, boh – bofonchio.

- Dai! Anche se non sarai con noi quest’anno non ti farebbe piacere rivedere i nostri amici?

Mi sembra quasi che Erina non si renda conto della nuova situazione e mi infastidisce. Perché non capisce che non ho soldi da spendere? Rimango un attimo a fissare i piccoli e scintillanti rossetti negli espositori. Tutto ad un tratto quel tubettino arancione mi sembra la cosa più desiderabile al mondo.

- Senti Erina, perché invece di comprarli non ce li prendiamo e basta questi rossetti? – le chiedo, senza girarmi a guardarla. Erina ha un attimo di esitazione, ma sento il suo respiro che si fa più veloce. L’idea le piace, lo so.

- E come facciamo?

- Li prendiamo e poi usciamo subito – le dico, guardandomi intorno. Lei mi imita, il suo sguardo scruta con circospezione le persone vicine: nessuno sembra fare caso a noi. - Hai deciso quale vuoi? Va bene quello bronzo da dea o no?

- Si, voglio quello. E tu?

- Quello arancio, come hai detto tu. Hai preso il tuo?

- Ce l’ho già. E tu?

- A posto. Andiamo.

Lì per lì mi assale un attimo di esitazione e mi viene voglia di mollare. Ho paura, almeno un po’. Però da una parte mi sento una strana forza che mi spinge a farlo: mi piace, lo voglio e, dato che non ho soldi da spendere, me lo prendo. Non voglio sentirmi una sfigata. Voglio andare alla festa con un lucidalabbra da sballo. Potrei mettermelo di nascosto qui in negozio, ma lo voglio anche domani. E il giorno dopo. Voglio che sia mio. La commessa è occupata con un’anziana che la fa dannare chiedendole una crema antirughe davvero efficace: povera donna, non si rende conto di quanto è ridicola? Più che una crema, ci vorrebbe un miracolo! Tiro Erina per il vestito e ci dirigiamo svelte all’uscita. È strano: mi sento agitata, ma in fondo è stato anche facile. Bastano tre passi e saremo fuori, in piazza della Repubblica, sotto il sole afoso e con un rossetto nuovo di zecca in tasca. Sento il tubetto nella taschina della minigonna che preme sulla mia gamba. Erina apre la porta d’uscita, la seguo. Una mano pesante si posa sulla mia spalla, mi ferma. Il cervello mi si blocca. Non penso a niente mentre mi giro, mi si dipinge solo in faccia quell’espressione un po’ stupida che hanno i colpevoli. C’è un omone davanti a me.

– Lo scontrino? – mi chiede. Solamente due parole, senza tante cerimonie, tanto lo sa cos’è successo. È sicuro di sé. Cerco goffamente nelle tasche, quasi che lo scontrino possa materializzarsi come per magia. Lo guardo. Non ha nessuna espressione negli occhi. Forse solo una punta di biasimo. Sto per aprire bocca, forse solo per la sorpresa, perché non so cosa sto per dire.

- Eccomi ragazze! – la voce dello zio irrompe in quel silenzio irreale e la sua persona si frappone fra me e l’omone. Erina è già sul marciapiede. Mi sembra un gioco dell’oca, dove lei sta su una casella in salvo, mentre io sono all’imprevisto.

- Che succede, Clizia? – mi chiede lo zio. Vorrei avere una pala per scavare una buca profonda e scomparirci dentro, tanta è la vergogna.

- La signorina stava uscendo senza pagare il rossettino – risponde la guardia, che non è vestita da guardia, mannaggia a lui, ecco perché mi ha fregata. Il tono che usa per umiliarmi mi nausea, mi fa sembrare ancora più orrenda e sciocca e …

- Ho io lo scontrino delle signorine – risponde allora lui – La colpa è mia, mi ero attardato a chiacchierare con la commessa per avere un consiglio su un profumo. La signorina del banco 4 mi stava appunto dicendo …

- È tutto a posto, Vanni – gli dice Rossella, arrivando ticchettando sui suoi tacchi alti – il signore voleva acquistare un profumo, ma le ragazzine avevano fretta. Scusami, gli ho detto io che poteva pagare dopo avergli fatto sentire il tester. Le note di fondo si sentono meglio dopo qualche minuto: dopo aver spruzzato il profumo sul cartoncino l’ho mandato a pagare i lucidalabbra. Ho detto alle ragazzine che potevano andare. Mi dispiace che ti sia allarmato per niente.

- Rossella, lo sai che …

- Lo so, Vanni, scusami. Era che non trovavo il tester. Lo sai come fanno qui i clienti, mescolano sempre tutti i flaconi, un disastro! Loro dovevano andare e così … - gli dice sorridendo e stringendosi nelle spalle.

Lui prende comunque lo scontrino che gli porge lo zio e lo guarda. Lì per lì sembra quasi impacciato.

- Allora, se è tutto a posto ... – riprende, senza lasciare la sua aria accigliata. – Ma non è regolare, comunque. Quando si esce dal negozio il prodotto deve già essere pagato.

- Ha ragione. Signorina, la prego di perdonarmi se lo ho causato dei problemi col suo collega. Naturalmente è tutta colpa mia – riprende lo zio.

Rossella lancia uno sguardo irresistibile al suo collega Vanni, che finalmente distende il viso. E poi dicono che essere belle non serve a niente!

- I giovani: hanno sempre fretta! – conclude e, rivolgendo un sorriso a Rossella e un cenno allo zio, si allontana.

- Grazie – bisbiglia lo zio a Rossella – ripasso dopo a prenderti.

- Meglio di no. Ci troviamo davanti a Palazzo Strozzi. Non vorrei che Vanni mi vedesse con te, potrebbe insospettirsi …

- Giusto. Allora a dopo – risponde lo zio, prendendomi per un braccio. Mi spinge fuori dal negozio. Erina ci aspetta sull’angolo e sembra quasi che l’abbronzatura le sia sparita dal viso. Nessuno di noi dice una parola. Lo zio non mi guarda nemmeno. Tiene gli occhi fissi sulla giostra antica di cavalli della piazza. Preferirei un ceffone, piuttosto che questo silenzio. Improvvisamente, senza salutarmi, si avvia a grandi passi per via Calimala. Noi gli trottiamo dietro e facciamo fatica a stare al passo. Lui non si volta, e solo allora mi viene in mente che in fondo, prima di quest’idiozia, ci eravamo già salutati ed accordati per la sera. Forse non mi vuole parlare e vuole stare solo, ma non posso lasciare che vada via così. Arriviamo in silenzio, ma col fiatone, fino al Ponte Vecchio. Improvvisamente lo zio si ferma e si affaccia al parapetto, guardando l’Arno che scorre sotto di noi. Io mi avvicino e gli vado accanto, mentre Erina rimane un po’ in disparte.

- Non mi sono mai vergognato tanto in vita mia! Cosa diavolo ti è preso, Clizia? – mi chiede, sempre senza guardarmi e tenendo gli occhi fissi sul fiume.

- Non lo so.

- Non lo sai! - risponde, con rabbia trattenuta - Però se non era per Rossella e per me, che vi tenevo d’occhio, adesso saresti in un ufficio ad aspettare il babbo e la mamma! Non hanno già abbastanza problemi in questo momento? Potevano denunciarti!

Rimango in silenzio, e sento un brivido improvviso che mi percorre la schiena. Ha ragione. Altro che festa. La serata si sarebbe conclusa amaramente.

- Chi sei, Clizia? – mi chiede allora. E finalmente si gira e mi guarda.

- Non lo so. Non so chi sono!

- Se non sai chi sei, prova a pensare a chi non sei, per prima cosa – risponde lui, prendendomi per le spalle - E tu non sei una ladra! Nei momenti di confusione, è scegliendo cosa non sei, che viene fuori pian piano quello che sei.

Chino gli occhi e mi sento spuntare le lacrime. Lo zio si fruga in tasca alla ricerca di un fazzoletto.

- Non ti conviene piangere. Ti colerebbe il mascara che ti sei messa di nascosto a casa.

- Oh, allora tu …

- Oh, allora non sono proprio così scemo.

- Non volevo dire questo!

- Non siete tagliate per essere delle piccole ladre: goffe, sprovvedute, troppo nervose. Il vostro atteggiamento richiamava l’attenzione. Pensate di sapere tutto e non sapete niente. Pensate di fregare il mondo e invece vi fregate da sole. Spero che vi serva di lezione! – fa una breve pausa, poi con un gesto eloquente mi invita a fargli vedere il lucidalabbra. Lo tiro fuori di tasca e glielo porgo. Lo guarda e se lo rigira fra le mani. Lì per lì penso che voglia buttarlo nel fiume. Poi mi mette davanti agli occhi quel tubetto luminoso.

- Ne valeva la pena? – mi chiede. Lo guardo. Improvvisamente non mi sembra più così desiderabile. Carino, sì, ma non fondamentale. E poi forse appiccica troppo le labbra. Me lo rende. Lo metto in tasca e mi sembra che mi pesi, quasi.

- Appena rientriamo a casa vai subito a lavarti la faccia. Ora vai, altrimenti va a finire che fate tardi.

Mi fa un sorrisino, ma ha gli occhi tristi e io vorrei prendermi a schiaffi da sola per il dispiacere. Mi allungo per dargli un bacino e poi mi volto in fretta e scappo via, con Erina che mi segue, di corsa, e chiama il mio nome. Ma non mi fermo, continuo a correre per mandar via quella strana elettricità che mi scorre dentro. La folla di turisti si apre al mio passaggio. Alla fine Erina mi raggiunge davanti al Caffè Rivoire.

- Ma che fai? Clizia! – rimaniamo un attimo a guardarci, col fiatone – Dai, adesso smettila, andiamo a casa. Fra poco inizia la festa. - Mi mette una mano su una spalla e ci incamminiamo per via Calzaiuoli - L’hai visto il tuo Trappolino? Piscia in Arno … -

- Allora stasera piove.

- Figurati!

- Trappolino non sbaglia mai!

Erina mi assesta una spallata e mi arruffa i capelli.

- Smetti di avere quell’aria imbronciata. Non ci pensare più, dai, è stata una cavolata! Mica abbiamo rapinato una banca! –

Poi mi prende per mano e camminiamo vicine vicine, come facevamo quando eravamo piccole. Ha un profumo buono e un’aria felice, così sorrido anche io.

Continua ...



"Clizia T. - Lo spessore dei sogni", di Daniela Darone

Foto di Daniela Darone