- Avanti – si è sentito
dire. Siamo entrati. Prima Malinda, poi io, ma non ho visto nessuno. La stanza
era molto grande e molto diversa dalle solite che sono abituato a vedere.
C’erano dei finestroni enormi, altissimi quasi fino al soffitto, incorniciati
da listelli di legno chiaro. Per terra i nostri passi erano attutiti dal
parquet, anche quello di legno chiarissimo. Sparsi qua e là c’erano dei
cavalletti con delle tele sopra: alcune scoperte, alcune coperte da teli
drappeggiati … sul pavimento, in un angolo, cartoncini con dei bozzetti, studi,
schizzi e un lungo tavolo, sempre di legno, con pennelli, colori, barattoli
misteriosi. Per la prima volta in vita mia, eccomi nello studio di un pittore, ho
pensato intimorito e attento a non pestare o urtare niente.
- Signora, è arrivato il
compagno di classe di Stefano … ma lui non è ancora tornato … così le ho
portato il bambino, per farglielo conoscere ….
- Oh, grazie Malinda, ha
fatto benissimo – ha risposto la voce – scusatemi, scendo subito.
Solo allora mi sono
accorto che Malinda teneva il viso rivolto verso l’alto mentre parlava, così ho
seguito il suo sguardo ed ho notato una scala che introduceva a un soppalco.
Poco dopo è apparsa una
signora. Alta, magra, con un vestito a tunica lungo fino ai piedi, decorato da
bellissimi colori, che mi ha ricordato il piumaggio di un pavone. Mentre
scendeva le scale, i capelli, che teneva raccolti con il manico di un pennello,
si sono sciolti e le sono ricaduti sulle spalle: castani dorati, ondulati e
bellissimi … come poteva essere che questa fosse la mamma di un tipo scialbino
come Stefano?
Mentre scendeva, con un
portamento da regina, non smetteva di sorridermi.
- Ciao! Perdonami se sono
in disordine, ma stavo preparando dei colori – mi ha detto, stringendomi la
mano e indicando il suo vestito. Solo allora mi sono accorto che la bellissima
tunica era in realtà un normalissimo camice tutto sporco di colori. La scoperta
non ha comunque offuscato la mia ammirazione. Mi sembrava quasi mi girasse un
po’ la testa ed ho cominciato a fantasticare che in realtà quella casa fosse
fuori dal mondo reale, abitata da una fata buona di nome Malinda e da una
regina prigioniera insieme al figlio, trasformato in ranocchio da un orco
studioso ….
- Buongiorno signora. Io
sono Antonio – le ho detto, deglutendo due o tre volte, per eliminare quel
senso di irrealtà.
- E io sono Giaele, la
mamma di Stefano – ha risposto, continuando a tenermi la mano fra le sue e
piantando i suoi occhi violetti nei miei.
– Devi perdonare il
ritardo di Stefano. Questi pomeriggi lo assorbono sempre molto e perde il senso
del tempo …
- Signora, forse … sa, si
conoscono ancora poco …
- Sì sì Malinda, ha
ragione, come sempre … il nostro bambino è molto riservato, non è vero? - ha
concluso, indirizzandole un sorriso affettuoso. Poi si è rivolta di nuovo a me.
- Malinda è con noi da quando
Stefano è nato e non c’è nessuno che lo conosca meglio di lei …
- Se non ha più bisogno di
me …– ha risposto allora Malinda, schermendosi – e, all’annuire della signora,
si è eclissata nel dedalo di corridoi della villa.
- Bene Antonio, eccoci
qui. La maestra mi ha spiegato questo programma “di scambio” che ha ideato.
Sembra che tu sia benvoluto da tutti in classe: qual è il segreto del tuo
successo? - mi ha chiesto scherzosa.
- Nessun segreto, io … mi
viene naturale – ho risposto, stringendomi nelle spalle – e poi in realtà, a
pensarci bene, in questo momento ho perso proprio gli amici a cui tenevo di
più. Gennaro, che era come un fratello per me, e Valentina che … beh, ho sempre
avuto un debole per lei, era un’amica davvero speciale – ho confessato, arrossendo
un po’. Quindi mi sa che ho poco da insegnare a Stefano, altro che “esperto”!
Sto proprio attraversando un periodo nero!
- Uhm, un periodo nero ...
- ha mormorato lei un po’ pensierosa – però, a parte loro due, avrai anche
altri amici, no?
- Sì, ma amici così,
compagni di scuola o che vedo agli allenamenti di atletica, ma non amicissimi –
ho cercato di spiegarle.
- Ah, capisco … - ha
risposto lei, riflettendoci su - comunque Stefano mi ha detto che sei
simpatico, quindi forse fra un po’ potreste diventare amicissimi anche voi due,
no? Sempre se ti va …. Beh, se Stefano fosse qui, mi avrebbe già fulminata! Non
sopporta che gli cerchi degli amici! Dice che mi comporto da mamma super
apprensiva!
- Mi scusi signora, ma
secondo me non dovrebbe preoccuparsi. In questi giorni che siamo stati di banco
insieme, un po’ abbiamo parlato e lui mi ha detto che non c’è bisogno che mi
affanni tanto per farlo integrare, perché a lui non importa niente dei nostri
compagni di classe … beh, a parte Marco, il suo ex compagno di banco, che ha
perso per colpa mia! Insomma, mi ha detto che lui ha già un sacco di amici,
anche se non sono nella nostra scuola.
-Ah sì? Allora ti ha
parlato dell’istituto?
Lì per lì non sapevo come
rispondere, perché questa faccenda dell’istituto che tutti continuavano a
nominare mi stava incuriosendo e avrei voluto che si facessero uscire qualche
informazione in più. Però la signora Giaele mi guardava negli occhi, aspettando
una risposta, e non ho avuto il coraggio di mentirle.
- No. Non so niente
dell’istituto. Non so nemmeno cosa sia.
- Bravo Antonio – ha
risposto lei – hai detto la verità, malgrado tu fossi molto curioso … te lo
leggo negli occhi. Sei un ragazzo in gamba. Vorresti dirmi di chi ti ha
parlato?
- Beh - ho cominciato
titubante, cercando di ricordare i nomi – mi ha parlato di un certo Emilio, per
esempio. Un tipo fortissimo, sempre a caccia di avventure ...
- Salgari - mormora lei,
annuendo.
- … e poi uno straniero …
Hector, mi pare: un tipo riflessivo e taciturno. Ci studia insieme a volte.
- Malot.
- Beh, non so … il cognome
non me l’ha detto! E Giulio anche … di lui invece mi ha detto che da grande
farà l’inventore, perché è uno che riesce sempre a guardare oltre, a ideare
cose fantastiche …
Sembra pensarci un po’ su
e dopo un attimo di esitazione la sento di nuovo mormorare un cognome.
–Ah, sì: Verne. E …
lasciami indovinare … Mark forse? E Astrid … e Gianni … - continua lei con lo
sguardo rivolto al soffitto, come se questi nomi li leggesse per aria.
- Sì! Mi ha nominato un
sacco di ragazzini stranieri … allora li conosce anche lei! Però di Gianni mi
ha parlato poco, mi sa che non si vedono più tanto …
- Sì, in effetti lo
trascura da un po’ – mi dice, guardandomi con uno sguardo malinconico, quasi
fosse davvero una principessa prigioniera. Dopo un attimo di silenzio torna a
parlare, e questa volta il suo tono suona più risoluto, come se avesse preso
una decisione importante in quei minuti di silenzio.
- Vieni con me. Ti voglio
mostrare una cosa – mi ha detto porgendomi di nuovo la sua mano lunga e
affusolata. Senza parlare mi sono fatto guidare fuori del suo studio e ci siamo
inoltrati nel castello incantato con il cuore che mi batteva all’impazzata.
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