Viareggio |
A CIASCUNO IL
SUO HOBBY!
Io e la nonna siamo rimaste a mangiare sulla terrazza sul mare, malgrado non ci fosse niente di economico sul menu. La nonna sembrava di ottimo umore e mi ha detto di smettere di concentrarmi sempre sui soldi e di godermi questi giorni di vacanza.
- Che programmi hai, chérie, per quando torneremo a casa?
- Beh, credo che cercherò di ambientarmi a Fiesole. Poi, dopo il sedici, torna anche Erina e vorrei passare un po’ di tempo con lei, prima che ricomincino le scuole. E poi devo conoscere anche queste famose sorelle Felicità, sai, le nostre vicine …
- Oh, certo. E poi, a parte Erina, torna anche suo fratello, no? Che è un po’ carino, vero? – mi chiede la nonna, inarcando le sopracciglia.
Mi salvo concentrandomi intensamente sui miei spaghetti allo scoglio.
- Beh, sì … credo di sì … - borbotto – comunque lui ha sedici anni e un sacco di ragazze intorno.
- Oh, sì. È vero.
- Ma come fai tu a saperlo, scusa? Per quanto ne so l’hai visto solo di lontano!
- Non sai quante cose si riescono a capire praticando il mio hobby da spiaggia.
Inarco le sopracciglia in segno di domanda.
- Osservazione della specie umana, chérie - risponde la nonna, serafica.
- In poche parole stai tutto il giorno a curiosare, mascherandoti dietro ai tuoi occhialoni da sole e origliando le conversazioni dei vicini di ombrellone?
- Esatto! E devo dire che è molto divertente. Un gelato? Ti va?
- No, grazie nonna. Perché non torniamo all’ombrellone in attesa che arrivino i miei amici? Magari potresti raccontarmi qualche pettegolezzo da spiaggia!
- Vedremo – risponde la nonna, nascondendo un sorriso dietro il ventaglio.
Ci riavviamo verso il nostro ombrellone e ci stendiamo pigramente a goderci la brezza che si alza dal mare, chiacchierando e facendo le parole crociate. Therese è la donna più rilassante che io conosca. Quasi senza chiedere niente riesce a farmi parlare di tutto, perché ha il magnifico dono di saper ascoltare. È come se avesse un’attitudine particolare, come se si predisponesse con tutto il corpo all’ascolto: i suoi occhi rimangono concentrati su di me mentre parlo, senza vagare stancamente qua e là, ed ha un modo talmente grazioso di inclinare il collo, girando il viso di tre quarti, come se porgesse l’orecchio per sentirmi meglio. Tiene le mani raccolte, come se tutto il suo corpo si acquietasse per stare solo ad ascoltare, senza mai interrompere. Mentre invece quando parla gesticola, dando forza alle parole, e i suoi occhi sprizzano espressività.
Quando arriva Erina, ci trova nel bel mezzo di un racconto dell’infanzia della nonna.
- Già qui? Pensavo arrivassi più tardi – le dico, stirandomi pigramente.
- Ho tormentato la mamma finché non mi ha lasciata venire da sola! Vado in cabina a cambiarmi. Vieni?
Le faccio cenno di sì e ci avviamo, chiacchierando. Non appena entriamo nel piccolo casottino, lo specchio riflette la mia immagine sbiadita, e distolgo subito lo sguardo. Mi siedo su uno strapuntino, in attesa che lei si cambi.
- Sai che ho incontrato Fabio mentre venivo da te? Mi ha sorriso! Mi sono sentita svenire, ti giuro! Appena mi sono cambiata andiamo a cercarlo, così te lo faccio vedere.
- Sono proprio curiosa di ammirare questo spettacolo della natura! - le rispondo ridendo, dato che non l’ho mai vista così entusiasta. Lei rimane un attimo a guardarmi sorridendo e con uno sguardo pieno di affetto.
- Te l’ho già detto che sono strafelice che tu sia qui? E allora, come vanno le cose a casa?
Alzo le spalle.
- I miei inviano curriculum e setacciano le offerte di lavoro. Per ora nessuna novità.
- Nessuna speranza per la vecchia ditta?
- No, e sinceramente evito di fare troppe domande: li rende ancora più nervosi.
- Beh, meno male che sei potuta venire al mare con la tua nonna … perché fai quella faccia? – mi chiede, notando la mia espressione.
- Mi è balenata in mente la mia vera nonna. Non ti sembra pazzesco che viva ignorando tutto di noi? Adesso, per esempio, non sa che suo figlio è in difficoltà.
- Per quanto ne sai potrebbe essere anche morta! Perché poi ogni tanto ripensi a quella vecchia storia? La tua nonna è quella sotto l’ombrellone!
- Lo so. Ma a volte mi sento strana, come se mi mancasse un pezzo. Che fine avrà fatto? Come può vivere in pace senza sapere niente di noi? Non sa nemmeno che esisto!
- Accidenti, Clizia! Questo sì che è grave! – mi risponde con ironia – non pensi di esagerare? Perché non ne parli con Therese? Magari, se la prendi per il verso giusto, riuscirai a scucirle qualche informazione.
- Non vuole parlare di Annie. Inutile insistere. Oh, Erina, vorrei solo essere normale. Almeno un po’.
- Tu normale? È impossibile, Cli! Intanto, una che è innamorata di mio fratello non può essere normale. E poi, ti sei vista? - mi chiede, prendendomi per un braccio e costringendomi a guardarmi allo specchio – viso particolare, pelle chiarissima spruzzata di qualche simpatica macchiolina petulante, occhi esageratamente grandi. E poi hai una nonna affascinante e un passato familiare misterioso … ah, e un’amica come me … Cli! Ma chi vuol essere normale? E poi … - si blocca improvvisamente, corrugando la fronte. Resta un attimo in ascolto e poi mi bisbiglia all’orecchio:
– C’è qualcuno nella cabina accanto?
La guardo senza capire. Erina posa l’orecchio alla parete di legno e rimane in ascolto, facendomi cenno di tacere. Nell’improvviso silenzio comincio a far caso a dei piccoli rumori che provengono dalla cabina accanto. Sono rumori soffocati, come se qualcuno facesse apposta a evitare qualsiasi fruscio. Le pupille di Erina si muovono ostinatamente da destra a sinistra, in allarme.
- Siamo fritte – mi sillaba, senza far uscire la voce.
Continuo a non capire, ma la sua faccia mi sta facendo venire l’ansia.
- La cabina accanto è quella di Cinzia. C’è qualcuno dentro e spero non sia lei. Altrimenti avrà sentito tutto quello che abbiamo detto – mi bisbiglia. Poi alza di nuovo la voce, cercando di darle un tono normale - Non riesco a trovare il pareo. Mica l’avrò perso?
- Non ce l’avevi quando sei arrivata – le rispondo, ma mi accorgo che le nostre voci, diversamente da prima, suonano forzate.
- Boh, aspetta che lo cerco …
Mentre lei fa rumore, come se davvero rovistasse alla ricerca del pareo, mi chino verso il buco della serratura e rimango a guardare. Dalla cabina accanto sento girare la chiave e dopo poco vedo Cinzia che si allontana. Ha una faccia molto soddisfatta.
- E ora?
- Ora facciamo finta di niente. In fondo, che abbiamo detto? Non sappiamo nemmeno da quanto tempo era lì – le rispondo, per farmi coraggio.
- Magari era lì dall’inizio, o forse da poco, ma abbastanza per aver ascoltato più di quanto avremmo voluto. Non so se te ne sei accorta, ma non le stai simpatica!
- Sì, l’avevo capito, anche se non so immaginarmi il perché!
- Forse perché le piace Davide? Forse perché lui ti ha fatto un’accoglienza calorosa? Forse perché ti vede come una rivale? Forse perché hai fatto un figurone col tuo accento francese? Forse perché tutti nel gruppo erano felici di vederti? Forse perché i vostri nomi sono così simili ma il tuo è molto più originale? Forse perché è un’egocentrica e …
- Ok. Cerca di non rassicurarmi troppo, ti prego! Anche tu, che cabina ti sei scelta? Proprio quella accanto all’arpia!
- Non l’abbiamo scelta! È stato un caso: è proprio per questo che l’abbiamo conosciuta. Dai, andiamo a cercare gli altri. Mica vorremo rovinarci tutta la giornata per quella lì!
Così usciamo e andiamo verso la pagoda. Eccoli lì: tutti al fresco a giocare a carte. Cinzia, ovviamente, è seduta accanto a Davide e fa la scema, con un bellissimo pareo che dovrebbe coprire il microscopico costume che indossa, ma che invece lascia vedere molto. Lui, da vero stupido, allunga gli occhi, mentre lei si pavoneggia cinguettando fitto fitto.
- Domani io e mio padre usciamo in barca per fare il bagno al largo. Potrei inviate qualcuno di voi se fate i bravi e passate il mio Cinzia test! Davide, cosa ne dici? Ti va di venire? – gli chiede, con un sorriso tutto miele da far venire una carie.
- Boh, vedremo – fa lui, senza concedersi troppo, com’è nel suo stile – a te va, Erina?
- Non so …- fa lei, titubante, e mi rivolge una rapida occhiata. Oddio, spero che non le chieda di invitare anche me!
- Ci sarà anche mio cugino Fabio …- fa allora lei, guardandola un po’ di traverso, con un sorrisetto strano.
Mentre Erina bofonchia qualcosa come risposta, si trasforma in un semaforo rosso e ci rendiamo conto che la speranza che Cinzia non ci abbia sentite ormai è da buttare alle ortiche.
- Puoi venire anche tu, Morena, se ti va, ma è chiaro che non vi porto tutti!
- Sarebbe fantastico – comincia Morena – ma se vengo devo portare anche Monica e Giuseppe. Sennò chi li sente i miei?
- E sia – concede accondiscendente la dea – Allora siamo: papà, io e mia sorella, Fabio, Davide, Erina, Morena, Monica e Giuseppe. Nove in tutto. Dopo fissiamo un orario. Puntuali, mi raccomando, o vi lascio qui!
- Beh, io non ti ho ancora detto di sì – risponde Davide con un sorriso sfrontato.
- E io non accetto un no, visto che ho invitato anche tua sorella.
Io mi sento sulle spine fin da quando è iniziata questa penosa conversazione. Chiaramente so che Cinzia non mi inviterà mai ed ho paura che Erina si faccia venire la pessima idea di chiederle di invitare anche me: farebbe tanto “piccola fiammiferaia”. Lei, infatti, recuperato un colorito normale dopo l’imbarazzo di poco fa, continua a lanciarmi strane occhiate che mi fanno capire che sta per partire all’attacco, mentre io cerco disperatamente di farle capire che non voglio che chieda nulla a Cinzia!
- Cinzia, perché non inviti anche Clizia? Fra due giorni riparte e magari sarebbe un modo carino di passare la giornata. Mi piacerebbe venire in barca, ma non voglio lasciare Clizia qui da sola ….
Non faccio a tempo a protestare.
- Oh, Erina - comincia lei, titubante, come se fosse in imbarazzo – vedi, sono sicura che Clizia non sarebbe a suo agio con noi. Sai, vi ho sentito prima, mentre parlavate in cabina. Non volevo origliare, è solo che parlavate così a voce alta che non ho potuto fare a meno di sentire che i genitori di Clizia hanno perso il lavoro ed è per questo che non è potuta venire al mare quest’anno.
- Cinzia, non mi sembra il caso che tu … – comincia Erina, ma l’altra sembra non sentirla nemmeno.
- Beh, portarti con noi domani non mi sembra il caso: ti troveresti in imbarazzo, fra persone come la nostra famiglia. È chiaro che non sei abituata a certi ambienti …
Tutti rimangono ammutoliti e iniziano a fissarmi, cercando di capire se quello che dice Cinzia sia la verità. Io sono così sbigottita che non riesco nemmeno a pensare. Vorrei fermarla, ma non so come.
- Se fossi in te … - comincio, tenendo gli occhi bassi, mentre sento il mio viso che si colora di un rosso acceso. Tutto il mio corpo si sta irrigidendo e le nocche dei miei pugni si fanno ancora più bianche del solito.
- Ma tu non sei me … per fortuna! – replica lei, beffarda. - E poi, credimi, lo dico per te e per non mettere in difficoltà quella signora che chiami nonna.
Si guarda in giro per vedere l’effetto della bomba che ha lanciato e si gode gli sguardi e le facce stupite del gruppo.
- Ma come? Non lo sapevate? Ah, ma quanti segreti nascondi, Clizia?
- Non sai di cosa parli - sento la mia voce che esce da me, ma è come se non fossi io a parlare – cosa credi di sapere? Non hai capito nulla, non mi conosci nemmeno! Sei solo una viziata acida e spocchiosa.
- A chi hai dato di acida, pezzente? - fa allora lei, avvicinando pericolosamente il suo viso al mio.
Ora, tutti sanno che esiste una distanza di cortesia che non si dovrebbe superare. Non invadere lo spazio personale altrui: è la regola. E lei la sta infrangendo.
- Non mettere il tuo brutto muso vicino al mio! – le sibilo, mentre tento di scansarmi e di alzarmi - Mi fai pena e sulla tua stupida barca non ci verrei nemmeno se mi pregassi in ginocchio.
- Non sono io quella in ginocchio, carina. Oh, ti stanno spuntando dei lacrimoni … ti sei proprio arrabbiata, eh? – mi dice, corrucciando il viso.
Sento la rabbia che mi ribolle.
– Sparisci! – le urlo, fuori di me.
- Uh, che paura! Sennò? In realtà te la fai sotto, sei tutta chiacchiere e niente sostanza – risponde lei, mentre si alza. Faccio per alzarmi anch’io, ma lei mi tira una spinta e mi ributta giù.
- Resta un po’ qui a calmarti i bollenti spiriti, carina.
È un attimo. Non so bene come, ma mi trovo a pensare che questo sia uno di quei momenti in cui potrei cercare di mettere in pratica i tre anni di judo che ho fatto. Sì, lo so, non sono molti, però sono sufficienti per sapere che una buona tecnica può essere eseguita senza impiego di forza, sfruttando il mio peso e la posizione poco stabile di Cinzia. Quindi poco importa se lei è più grande e più forte di me. Le parole e gli insegnamenti del mio maestro mi ritornano in mente tutti insieme, mentre mi trovo a lottare con lei, e non so nemmeno come abbiamo cominciato! Non sono certo una che si mette a fare risse o che si accapiglia. Il judo è una filosofia, penso, mentre riesco a portarla in disequilibrio con una spazzata interna e a farla cadere sulla sabbia. Devo solo riuscire a fare un miglior impiego delle energie di quanto potrà fare lei. I suoi occhi mandano un lampo di sorpresa rabbiosa: evidentemente non se l’aspettava, ma subito passa al contrattacco, saltandomi addosso e cercando di mettermi schiena a terra. È strano, ma sento di avere più forza di quanto pensassi. Anche se lei mi sta sopra, riesco a divincolarmi. Adesso è lei schiena a terra e io, svelta, decido di provare a immobilizzarla con una presa che ho provato tante volte in palestra. Serro con l’omero l’avambraccio di Cinzia, tengo la pianta del piede sinistro a terra e mi ci appoggio con forza, per alzare leggermente il mio corpo e sovrastarla col mio peso … se ricordo bene, devo aver fatto più o meno un kata-kesa-gatame. È solo una tecnica di base, ma evidentemente, a giudicare dal viso rabbioso di Cinzia, è una mossa efficace: lei rimane a terra, sconfitta.
- Ok, hai vinto, ora toglimi le mani di dosso e rialziamoci. Stiamo facendo una figura penosa!
Solo in quel momento mi accorgo che il gruppo ci ha circondate, facendoci scudo dagli occhi dei bagnanti.
- Clizia, vieni, alzati – mi fa Erina. Volto il viso a guardarla e vedo che mi fissa con i suoi occhi chiari. Nel suo sguardo leggo sconcerto e preoccupazione. Mi vergogno di trovarmi in questa situazione e mollo lentamente la presa. Faccio per rialzarmi quando vedo Cinzia prendere una manciata di sabbia. Volto velocemente la testa, ma non faccio in tempo ad evitare che la sabbia mi finisca negli occhi e sento di nuovo il suo corpo sopra il mio. Cado e mi preparo a lottare di nuovo.
- Che cosa sta succedendo qui? Mon Dieu, ragazze, smettetela subito! – sento la provvidenziale voce della nonna.
A quel punto i ragazzi del gruppo si fanno avanti per dividerci.
- E voi? – li apostrofa la nonna – Non avevate di meglio che godervi lo spettacolo? Perché nessuno ha messo fine a questa assurdità?
Forse richiamati dalla sceneggiata della nonna, dei bagnanti si sono avvicinati incuriositi e sono appena riuscita a riaprire gli occhi quando vedo avvicinarsi una signora a grandi passi. Si fa largo fra il gruppetto e rimane a guardarci con gli occhi spalancati dalla sorpresa. Non appena la vede, Cinzia fa una vocetta piagnucolosa.
- Mamma! Meno male che sei arrivata. Questa ragazza mi ha picchiata!
Si alza un coro di mormorii da parte di tutti, mentre la nonna chiede di sapere cosa è successo. La mamma di Cinzia la aiuta a rialzarsi, poi, dato che dai borbottii del gruppo non riesce a capirci niente, si rivolge alla figlia minore.
- Loretta? – le chiede, sollevando le sopracciglia, e con un gesto eloquente della testa la invita a parlare. Lei, che finora è stata zitta, guarda sua madre negli occhi, storcendo la bocca.
- Mamma … Cinzia ha esagerato ...
Cinzia alza di scatto la testa.
- Idiota! Ma cosa dici? – le grida.
- Basta dare spettacolo, signorina. Vieni subito via di qui – le intima sua madre, con il viso che le si fa rosso – tu stai bene? – mi chiede, prima che si allontanino.
- Sì sì, tutto bene
- Meglio così. Vogliate scusarci.
Prende la figlia per un braccio e si avviano verso la loro tenda. Il gruppetto si apre come un sipario per farle passare. Prima che siano troppo lontane riesco ancora a sentire qualche squarcio di rimprovero.
- Ma sei impazzita a comportarti così? Guarda come ti sei ridotta. E cosa ci fai col pareo di Gucci di tua cugina? Spero almeno che tu le abbia chiesto il permesso prima di prenderlo, e che non si sia sciupato!
Tutti non trovano di meglio che fissarsi le punte dei piedi o smuovere appena la sabbia con le dita. È calato un silenzio imbarazzante.
- Vorresti venire un momento all’ombrellone, Clizia? – mi chiede la nonna, appoggiando una mano sulla mia spalla. Più che una domanda, è una richiesta precisa. Mi avvio con lei senza parlare, in preda a un tremore che non riesco a controllare.
- Ti aspetto qui – sento la voce di Erina mentre mi allontano.
- Non importa. Vai pure a fare il bagno. Ti trovo poi io.
Arriviamo all’ombrellone e la nonna si siede sulla sdraio, disegnando ghirigori sulla sabbia con un dito. Aspetta, paziente, che sia io a raccontarle. Io mi metto seduta ai suoi piedi, sopra un asciugamano, abbracciandomi stretta le gambe. Non riesco a smettere di tremare. Tengo lo sguardo fisso verso il mare e ascolto il rumore del mio cuore che batte ancora ad un ritmo irregolare.
- Sono arrivata a duecento.
- Come?
- Lo sai che in genere non parlo mai d’impulso quando sono turbata. A volte prima di aprire bocca conto fino a dieci, a volte fino a venti, a volte comincio a contare e poi mi scordo di dover dire qualcosa …e quando succede, vuol dire che non dire niente è stata la scelta migliore. Ora sono arrivata a duecento aspettando che mi spiegassi cosa è successo; invece tu e quella ragazza mi sa che non avete contato nemmeno fino a dieci prima di accapigliarvi, o mi sbaglio?
- È incredibile, nonna! Oggi è il primo giorno che mi vede e già non mi sopporta! Cosa le ho fatto di male? L’ho visto fin dalla prima occhiata che non le stavo simpatica! E ancora non avevo aperto quasi bocca!
- Uhm … forse sarà che le piace quel Davide …
-Ma chi sei, Sherlock Holmes?
-Te l’ho detto: merito del mio hobby da spiaggia. È sempre e solo accanto a lui, con gli occhioni adoranti …
- Beh. e allora? Davide mica è innamorato di me! Ha cento volte più speranze lei, che è più grande di me e meno ranocchia!
- Ranocchia?
- Più o meno … insomma, guardami! Il mio viso e il mio corpo sono tutti … boh … incasinati! Più cresco e più peggioro … sembro un puzzle assemblato male!
- Oh, ma i pezzi andranno tutti al loro posto, te lo garantisco - risponde la nonna ridendo - e vedrai che il risultato sarà strabiliante. Io riesco già a vederlo, tu invece non ci provi nemmeno …è stato per tutti così. Comunque, a quel Davide piace fare il gallo nel pollaio, non è così? È molto vanesio e si sente proprio un bel fusto, eh?
- Un bel fusto? – guardo la nonna, aggrottando la fronte
- Beh, che c’è?
- Nonna, è un termine antico.
- Io sono antica, carina. Non te ne sei accorta? – mi chiede, indicando i suoi magnifici e lucenti capelli bianchi.
- Allora avremmo fatto la lotta per lui, secondo te?
- Spero proprio di no. È veramente ridicolo fare la lotta per un ragazzo, ma … se non per lui, per quale motivo?
Così racconto alla nonna tutta la faccenda della cabina e di come Cinzia abbia sentito tutta la nostra conversazione. La tiro alla lunga, ma alla fine le spiattello anche il pezzo di quando abbiamo parlato di Annie. Negli occhi della nonna passa un’ombra.
- Non sapevo che Erina sapesse di Annie.
- Erina era l’unica, te lo giuro, nonna – mi affretto ad assicurarle – beh, almeno fino a oggi!
- Nessuno ha mai detto che dovesse essere un segreto. Solo ti consiglio di tenere la tua vita privata un po’ più riservata. Non si parla di certe cose in una cabina, se ti preme che gli altri non lo sappiano. Siete state un po’ sventate.
- Nonna, io ti adoro, lo sai … ma non posso evitare di essere curiosa!
- Un giorno, quando sarai più grande, ti racconterò di Annie. Devi fidarti di me. Quando sarà il momento giusto, ti racconterò tutto quello che so. In ogni caso, non valeva la pena di rotolarsi sulla sabbia con quella ragazzetta, anche se capisco che ti sia sentita ferita. Ma avresti dovuto alzare la testa con fierezza e sbugiardarla, dirle che si era inventata tutto! Ti dico una cosa, Clizia: non permettere mai a nessuno di farti abbattere o vergognare. E soprattutto non farti dominare dalla rabbia, non agire sotto l’impulso di una provocazione. Qui e qui – e mi batte prima un dito sul cuore, poi sulla fronte - hai più forza e grinta e capacità di quanto tu possa credere. E ora vai a cercare la tua amica Erina, mentre io faccio una passeggiata sul lungomare.
- E se venissimo con te, nonna?
- Ne sarei felice, praline.
- Vado a chiederlo ad Erina. Ci metto un attimo.
Prima di filare via sento la nonna che borbotta in francese contro Cinzia.
- Ehm, nonna?
- Si?
- Ricorda che capisco il francese ….
- Vai vai, mica vorremo fare tardi. Sai che massimo alle otto dobbiamo essere a cena in albergo ….
Poi rituffa la testa nella sua borsa di paglia, per nascondere i suoi occhi azzurrini in cui guizzano scintille impertinenti.
Continua ...
"Clizia T. - Lo spessore dei sogni", di Daniela Darone
Foto di Daniela Darone
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