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martedì 18 febbraio 2025

"Clizia T. - Lo spessore dei sogni" - Diciassettesimo capitolo




GRUGNITI A COLAZIONE


- Mon Dieu, sono uno straccio, tesori miei – ci fa nonna Therese, presentandosi in giardino dove stiamo facendo tutti colazione in un silenzio piuttosto peso – si è risvegliata la cervicale e ho un mal di testa coi fiocchi … com’è andata ieri, Pietro? – chiede al babbo, che sorseggia il suo caffè in silenzio.

Il babbo non risponde, limitandosi ad un grugnito e ad un gesto della mano, come a voler rimandare l’argomento.

- Sai cosa pensavo stanotte? Nel frattempo potresti impegnare proficuamente il tempo dando ripetizioni di francese: in fondo sei madrelingua! Ci sarà pure qualche alunno svogliato che ha bisogno di qualche lezione.

- Therese, sono un perito tessile, non un maestro.

- Uh, lo dici come se ti avessi proposto di fare il bovaro, o la transumanza del bestiame.

- Therese, com’è che nei discorsi riesci sempre a mettere tutte queste r arrotolate?

- È un’arte che si apprende, tesoro adorato … a proposito, fra qualche giorno riparto.

Si alza un coro di proteste. Sembra che l’annuncio della nonna abbia un po’ scosso ciascuno dalle sue preoccupazioni, e ora ci dispiace di averle fatto trovare un’atmosfera così tesa. Il fatto è che da quanto ho origliato stamani mattina, deve essere nato fra i miei genitori uno stupido battibecco. Mi sono messa in ascolto dietro la porta quando li ho sentiti bisticciare.

- Sei solo arrabbiato e deluso perché l’incontro di ieri è andato male! – diceva la mamma.

- Non è stata certo colpa mia! – ha replicato lui, stizzito.

- E chi ha detto che era colpa tua? Non si può aprire bocca, prendi tutto storto!

- E poi non è andato male … la faccenda è solo in sospeso, come sempre!

- Uhm, quando è in sospeso, di solito non se ne fa nulla; solo non hanno avuto il coraggio di dirti le cose chiaramente … non voglio che ti faccia delle speranze per poi rimanere deluso!

- Forse però un po’ di incoraggiamento non guasterebbe! – ha risposto il babbo con voce amara.

- Guarda che sono anch’io nella tua situazione! Fra l’altro, Pietro, dobbiamo pensare a comprare i libri di scuola per Clizia: sarà il solito salasso! – ha concluso la mamma sospirando.

A quel punto mi sono allontanata in punta di piedi. Avevo pensato di chiedere alla mamma di darmi qualcosa per comprare un regalo ad Erina, ma ci ho rinunciato. Allora quello sguardo della mamma di ieri, pieno di qualcosa di strano che non sapevo decifrare esattamente, ma che avrei detto speranza, era solo un'illusione? Sarà meglio che mi concentri di nuovo sulla conversazione del momento, invece di stare a ripensare a stamani.

- Mica sarà perché ritorna Dario, vero Therese? Sono sicura che sarebbe felice di dormire sul divano! – assicura nonna Annalena.

- Tesoro, nessuno è felice di dormire sul divano! Ma no, non è per quello. Devo tornare a casa: prima di tutto questo trambusto avevo organizzato un viaggio e vorrei andarci. Ma ovviamente mi piacerebbe anche stare con voi … oh, la vita è sempre un andare e venire, un lasciarsi e ritrovarsi. Come mi piacerebbe a volte essere nata con uno spirito stanziale! Beh, d’altra parte tornerò quando meno ve lo aspetterete - conclude col suo solito umore ottimista, mentre comincia a sorseggiare il suo tè.

- E dove vai questa volta? – chiede il babbo, ritrovando la parola, più rassegnato che sorpreso.

- Oh, chéri, vado in Francia, nel Périgord.

Il babbo si agita un po’ sulla sedia, come tutte le volte in cui sente parlare della Francia.

- Sarebbe, nonna?

- Sud-ovest della Francia, praline. Faremo un giro partendo da Collonges-la-Rouge.

Io mi incanto alla pronuncia della nonna, e mi faccio rotolare in bocca quel nome che non conosco, mentre il babbo sembra invece interessato più alla frase in senso grammaticale di Therese.

- Hai detto faremo? Quindi non sei sola? – chiede il babbo, accigliandosi in un’espressione sorpresa.

La nonna, incredibile ma vero, sembra una scolaretta colta in fallo e arrossisce, mentre si finge impegnatissima ad imburrare il suo panino.

- Non ho mai detto che sarei andata da sola …

- Oh – commenta il babbo. Non so come mai, ma verso nonna Therese ha questo atteggiamento di gelosia. Sembra che la voglia proteggere e tenerla tutta per sé. La mamma reprime un gesto di insofferenza verso il comportamento del babbo e non dice niente, limitandosi a serrare la bocca.

- È stata una bella festa, Giorgia? – le chiede allora Therese, per sviare il discorso.

- Oh, sì, fantastica. La casa è stupenda e arredata in modo molto particolare. Mi sembra una famiglia simpatica … Patrizia è molto alla mano, pensavo fosse una di quelle riccone snob e invece ... Ci ha fatto anche due regali!

- Meno male che qualcuno riesce ancora a farvi dei regali! – commenta il babbo, acido, alzando gli occhi dal suo giornale di annunci pieno di fregacci rossi – Comunque mi sembrava di aver capito da Clizia che la festa non fosse poi questo granché …

- Pietro, ti prego, sei nervoso stamani – comincia la mamma, accigliandosi e infossando la sua ruga fra gli occhi – perché non porti Clizia e Therese a fare un bel giro in campagna, nel Chianti? Potreste andare verso Greve e …

- Certo, come no? Andarsene a giro a buttare via soldi in benzina … ah, e poi l’ultima novità non la sai … stamani devo recuperare la macchina.

- Cosa è successo alla macchina?

- Che diavolo ne so! Si è fermata a San Domenico, mentre tornavo da Empoli.

- Perché non hai telefonato? Come hai fatto a tornare a casa? L’autobus a quell’ora non passa più …

- Me la sono fatta a piedi, per schiarirmi le idee.

- Magari potreste sentire Franco - interviene la nonna Annalena – forse è una cosa da niente e si può aggiustare.

- Ce l’abbiamo da sedici anni, mamma! Non credo sia una cosa da niente, come dici tu.

- Beh, comunque c’è sempre la macchina di Dario se avete bisogno di andare da qualche parte.

Il babbo si limita ad un grugnito come risposta e ricala il silenzio peso di prima. Non sono abituata a questo clima. Non dico che il babbo e la mamma non abbiano mai discusso; è successo, come in qualsiasi famiglia. Però ora sento che è diverso e mi fa paura.

- Tesoro, perché non vai con nonna Annalena a cogliere delle rose da portare a Patrizia? E poi vestiti, così appena sei pronta andiamo.

- Posso venire con voi? – chiede Therese – se resto ancora qui a sedere finirò questa marmellata deliziosa e il mio dottore non sarebbe d’accordo! - alzandosi mi mette un braccio attorno alle spalle e ci avviamo verso il roseto, mentre nonna Annalena va a prendere le cesoie.

- Sai, praline, i miei genitori non litigavano mai, eppure c’era un gran brutto clima in casa … gelido, direi. Forse è meglio quando qualche volta si litiga, perché significa che c’è ancora la voglia di confrontarsi, mentre il silenzio è una brutta malattia … - mi sussurra Therese.

La guardo senza sapere che dire. Non ha mai fatto nemmeno un cenno alla sua famiglia, non so assolutamente niente dei miei bisnonni. 

– Chissà, forse era anche per questo che Annie non vedeva l’ora di andarsene di casa - riprende lei, lasciandomi a bocca spalancata per la sorpresa – ma non l’ha mai detto chiaramente. Anche lei era una persona chiusa, che non faceva trapelare quasi niente di sé.

Mentre parla lascia vagare lo sguardo, senza nessuna meta, con un’espressione neutra. Se soffre, a dirmi queste cose, non lo lascia vedere. La stringo a me in un abbraccio muto. Lei mi guarda, la testa reclinata da un lato e il sorriso più dolce, e mi restituisce l’abbraccio.



Continua ...



"Clizia T. - Lo spessore dei sogni", di Daniela Darone

Foto di Daniela Darone 

martedì 4 febbraio 2025

"Clizia T. - Lo spessore dei sogni" - Sedicesimo capitolo




COSA SUCCEDE, CLIZIA?

Usciamo dalla portafinestra che dà sul giardino e Patrizia ci guida verso una piccola costruzione in cemento, riparata da alberi frondosi.

- Un tempo era un capanno per gli attrezzi, poi l’abbiamo fatto modificare e sistemare come laboratorio per me, quando è nata Gaia. Volevo stare a casa ad occuparmi delle mie figlie e non avevo più tempo per andare al mio laboratorio, così ho trasferito tutto qui. Beh, una versione più in piccolo, ma ugualmente soddisfacente.

Entriamo e Patrizia accende le luci. C’è un tavolo grande con rotoli di catene varie, scatoline trasparenti di perle e pietre dure, fermagli, gancetti, pinze di varie misure, fili trasparenti, forbicine e attrezzi strani. Su tutto troneggia una mega lampada a braccio snodabile. Su un tavolino di legno laterale più piccolo invece ci sono dei gioielli che ha realizzato Patrizia.

- Ecco la mia collezione – ci spiega lei, sorridendo – si tratta solo di bigiotteria in questo caso, ma ogni pezzo è unico e così non troverete mai un’altra persona che abbia il vostro stesso gioiello.

- Su mamma, non ti sminuire – le fa Serena – la tua è alta bigiotteria! È stata anche fotografata per degli importanti giornali di moda.

- Era tanto tempo fa, tesorine mie – risponde lei, facendo un gesto con la mano, come a minimizzare i complimenti.

Io e la mamma ci avviciniamo per ammirare le creazioni di Patrizia. Ci sono due begli anelli a fascia, un braccialetto con migliaia di piccole pietre dure pendenti, lunghe collane e un sacco di orecchini dalle forme più disparate. Patrizia si avvicina e ci mette una mano sulle spalle.

- Voglio che abbiate delle mie creazioni. Scegliete qualcosa che vi piace.

- Oh, no! Noi … – comincia la mamma, imbarazzata. Spero che non mandi a monte tutto perché ho visto un braccialetto che mi fa una gola terribile. Patrizia sembra indovinarlo; probabilmente ha seguito i miei sguardi insistenti in quella direzione.

- Su, non fate complimenti! Sarete delle ottime modelle per rilanciare la mia attività: vi chiederanno tutti dove avete acquistato i vostri gioielli! Vediamo un po’ … per te, Clizia, vedo bene questo braccialetto, che si intona magnificamente con il tuo top di seta … fra parentesi, cara, è una stoffa bellissima … e per te, Giorgia … mi piacerebbe regalarti questi orecchini con le perle di fiume. Ti staranno magnificamente, con la tua carnagione chiara e i tuoi capelli scuri. Vedete, è questo che mi piace del mio lavoro. Pensare che le mie creazioni renderanno ancora più affascinanti le donne che le indosseranno.

- Grazie Patrizia, sono magnifici – commenta la mamma con gli occhi che le brillano. Li prova davanti ad un piccolo specchio: le donano davvero molto e la rendono ancora più bella. Patrizia ha un occhio speciale! Anche a me sta bene il braccialetto, le pietruzze danzano tintinnando ogni volta che muovo il polso e resto a rimirarlo per un po’.

- Andiamo - mi prende in giro Gaia - se stai tutto il tempo a guardarlo lo consumerai! – commenta ridendo. Lì per lì rimango stupita da quella frase e alzo gli occhi a guardare le due sorelle, che mi fissano con un sorriso sulle labbra: più aperto quello di Gaia e un po’ più timido quello di Serena. Subito dopo le ragazze mi trascinano fuori di lì, mentre Patrizia prende sottobraccio la mamma, e ci avviamo alla luce della luna verso la villa.

Quando rientriamo mi appiccico a Gaia e Serena, cercando di non sembrare troppo gomma da masticare. Loro non fanno che girare qua e là per la grande sala, presentandomi a tutti, ma il risultato è una macedonia di visi e nomi che non ricorderò mai.

- Sai già in che sezione sarai? – mi chiede Serena – la mamma mi ha detto che abbiamo la stessa età, forse saremo in classe insieme.

- Sarebbe fantastico! Qui non conosco nessuno.

- Beh, conosci noi. Ti presenteremo i nostri amici. Magari domani potremo andare a scuola, a chiedere in segreteria.

- Ok, grazie. Sono tornata oggi dal mare e non sono ancora andata a informarmi.

- Anche noi siamo tornati da pochi giorni! Voi dove siete stati?

- A Viareggio, con mia nonna Therese ... – rispondo a fior di labbra, dandomi della stupida per aver toccato l’argomento. Adesso magari si chiederanno perché non c’erano i miei genitori, oppure … Invece loro si limitano ad annuire, sorridendo. - Voi invece?

- Noi siamo andati qualche giorno in Svizzera per un festival jazz, dato che la mamma ci teneva tanto, e poi a Malta e Gozo, perché ci teneva tanto il babbo! – concludono ridendo – Il babbo non ha solo la passione per i cavalli, gli è rimasta anche quella per la barca a vela. Anche se Malta è piaciuta anche a noi. Siamo state in delle calette stupende per fare il bagno e abbiamo visitato tutti i locali del porticciolo di Mgarr. Da lì si vedevano delle coloratissime imbarcazioni tipiche … la mamma avrà fatto tremila foto. Ti va di vederle?

- No che non le va! – le risponde Gaia – perché invece di fossilizzarci a vedere fotografie non andiamo in giardino a giocare a ping pong? Questa festa è di una noia mortale! Nessuno si accorgerà se ce la filiamo!

Accetto con entusiasmo: il ping pong mi fa sentire più a mio agio e sorrido con riconoscenza a Gaia. Le seguo in giardino e, appena davanti al tavolo da ping pong, uno scricchiolio di passi ci avverte di una nuova presenza.

- Non è che possiamo fare un doppio? – ci chiede un ragazzo occhialuto.

- Vieni Ruggero! Stai scappando anche tu dalla festa? Come ti capisco …

- Ma no, è una bellissima festa, io …

- Non mentire, Ruggero! Non c’è bisogno! Dai, giochiamo, fai coppia con me? – gli chiede Gaia. Ruggero sembra contento della proposta e malgrado la tenue luce mi sembra di vederlo arrossire un po’.

Iniziamo a giocare e dai discorsi capisco che Gaia conosce Ruggero fin dai tempi della scuola materna. I suoi genitori hanno un ristorante in piazza e non sono potuti venire, così hanno mandato solo lui. Mi sembra un tipo tranquillo, così gli scocco un sorrisone quando mi fa i complimenti per come gioco.

Dopo tre partite vediamo arrivare la mamma, accompagnata da Patrizia.

- Ah, ecco dove vi eravate rintanati! È davvero così tremenda questa festa? – chiede Patrizia alle sue figlie, con un broncio semiserio.

- Ma cosa dici, mamma? – le risponde Gaia ridendo – è solo che è piena di bacucchi e c’è una musica improponibile!

- Tu ti diverti solo con i cavalli, Gaia!

- Sì, hai ragione – ride lei.

- Spero di non interrompere una partita – fa allora la mamma – ma noi dovremmo andare, Clizia.

- Ci mancano tre punti e le stracciamo queste mocciose, vero Ruggero? Possiamo finire e conquistare la medaglia? – chiede Gaia.

La mamma e Patrizia si siedono su una panchina a chiacchierare, e Gaia e Ruggero ci stracciano davvero. Fanno proprio una bella coppia di giocatori e credo che a Ruggero non dispiacerebbe fare coppia con Gaia anche nella vita. Dopo poco salutiamo tutti e ci avviamo all’uscita, accompagnate dalla signora Patrizia.

Mentre attraversiamo la strada per tornare a casa nostra restiamo in silenzio.

- Cosa succede, Clizia? – mi chiede la mamma a un tratto, mentre tira fuori le chiavi per aprire il portone.

- Niente.

- Questo non è un niente niente, è un niente qualcosa – mi risponde, mentre si ferma ad osservarmi.

- Mi chiedevo solo cosa ci facessimo là. Quello non è il nostro posto, mamma – rispondo, facendo spallucce – Ci sono stati momenti in cui mi sono sentita in imbarazzo e non mi è piaciuto.

- Uhm, sì, capisco … solo imbarazzo? O forse anche un po’ di invidia? Però … - la mamma parla a tratti, quasi scegliendo le parole, forse non sa nemmeno lei esattamente cosa vuole dirmi, ma ha un pensiero preciso in testa, lo vedo dagli occhi.

- Però? – la incoraggio allora io.

- Però vedi, il punto è che devi guardare oltre. Tu sei abbagliata, Clizia, e anche un po’ spaventata, forse. Devi … dobbiamo rivedere tutto nella giusta prospettiva. Ora siamo ancora un po’ scossi da tutto quello che è successo, ma tu non sei Cenerentola, e noi siamo davvero, davvero fortunati per tante cose. E non devi mai sentirti fuori posto: tu sei una ragazzina fantastica, non imprigionarti in quello che pensi debba essere il tuo mondo.

- Mamma, ti voglio bene – le dico solamente, spianandole la ruga pensierona che le si è formata durante questa chiacchierata – sai che non vorrei aver scelto nessun’altra mamma, vero? Lo sai che dalla nuvolina dove ero prima di nascere ti ho vista e ti ho scelta fra milioni di mamme in vendita al mercato delle mamme? – mi affretto a dirle, riproponendole il gioco che facevamo quando ero piccola. Non vorrei avesse capito male i miei sentimenti.

- Lo so – mi risponde lei sorridendo – domani allora andrai a scuola con Serena a vedere se siete in classe insieme?

- Si, ma mi sono scordata di fissarci.

- Non importa, tanto domani mattina per ringraziare della bella serata e dei regali ricevuti porteremo a Patrizia un bel mazzo di rose … il roso della nonna ha bisogno di essere sfoltito, no? – mi dice, strizzandomi un occhio – Ci deve essere ancora da qualche parte un po’ di retina colorata per confezionare il mazzo.

- A proposito, le tue torte se le sono pappate in un battibaleno. Quando sono tornata su con Gaia e Serena c’erano solo i vassoietti con le briciole!

- Niente male per un’imbranata in cucina, no? – mi fa allora la mamma, prima di darmi un bacio e spedirmi a letto.

Entro in camera mia. La nonna dorme con il suo solito soffietto da piccola locomotiva, ma ormai ci sono abituata. Mi chino su di lei e la guardo dormire: ha il viso rilassato. Forse sta facendo un bel sogno. Per oggi rinuncio al mio letto e scivolo nel lettone con lei, cercando di non fare rumore, per non svegliarla. È strano, ma non ho voglia di dormire. Incrocio le braccia dietro la nuca e mi metto a pensare, fissando il soffitto. Ripenso alla nostra vecchia vita. Non che fossimo ricchi, però ce la godevamo abbastanza. A parte il mutuo da pagare, non rinunciavamo a cose piacevoli: un fine settimana a sorpresa fuori città per esempio, un teatro, un pranzo in qualche trattoria fuori porta la domenica, un vestito particolare per la mamma, il profumo preferito del babbo, qualche regalo extra per me … insomma, usavamo i soldi per vivere piacevolmente, pur non sperperandoli. Le nostre spese non erano mai esagerate e non avevamo mai chiesto prestiti per comprare qualcosa che non potevamo permetterci. Ora invece era entrata in vigore l’austerità: niente spese, a meno che non fossero davvero necessarie. E per fortuna avevamo una piccola somma messa da parte per gli imprevisti!

Vabbè, mi sa che è ora di dormire o domani sarò uno straccio! Prima però controllo i messaggi sul cellulare: ce n’è solo uno di Erina.


Già, fra pochi giorni anche Erina torna dal mare. Dovrò farle un regalo per il suo compleanno. Si può catalogare come “spesa estremamente necessaria”? Bisognerà che mi inventi qualcosa.


Continua ...




"Clizia T. - Lo spessore dei sogni", di Daniela Darone

Foto di Jenny K. su pexels

giovedì 30 gennaio 2025

"Clizia T. - Lo spessore dei sogni" - Quindicesimo capitolo




LA FAMIGLIA FELICITA’

Mentre mi aiutava a prepararmi, la nonna Annalena mi ha detto di farla finita di lamentarmi e di dispormi di buona volontà per andare a questa festa.

- La mamma era così contenta dell’invito! Cerca di sforzarti un po’, no?

- Sforzarsi di andare a una festa? Non suona benissimo …- le ho risposto, torva.

Comunque adesso siamo qui davanti al cancello della villa. Sì, proprio una villa, a due piani, con delle arcate che incorniciano splendidamente delle enormi vetrate e un cancello a punte aguzze con tanto di colonnine di pietra sormontate da leoni. Non mi stupirei se ci fosse pure il ponte levatoio e lo stemma di famiglia. Si vedono milioni di luci accese dai vetri delle finestre e la musica, le chiacchiere e le risate arrivano fino a noi.

Mi è toccato vestirmi per bene, data l’occasione, ma è stata un’impresa: non trovavo proprio niente nell’armadio che mi andasse di indossare! Alla fine mi sono messa un paio di sandali, dei pantaloni rossi alla caviglia (di una minigonna neanche a parlarne, con queste gambe bianche) e un top nero. Però continuavo ad avere l’impressione che mancasse qualcosa che rendesse speciale il mio outfit. La nonna allora ha sfoderato il suo estro: ha tirato fuori dal suo cassettone un enorme foulard variopinto a tinte forti. Ci ha pensato un po’ su e poi ha iniziato ad annodarlo alla mia vita, ha fissato la parte posteriore e anteriore al collo realizzando un drappeggio e un fiocco a chiusura. Li per lì ero dubbiosa, ma quando mi sono vista allo specchio l’effetto era originalissimo. 
Vestita così sembro anche più grande: non conoscevo le doti da stilista della nonna! Da un foulard ha creato uno splendido top sblusato; deve essere merito della passata esperienza nel negozio di stoffe. “Ci sono un sacco di risorse dentro di noi”, mi ha borbottato mentre si dava da fare a sistemare il foulard “dobbiamo solo avere la buona volontà di far lavorare il cervello.”

La mamma invece indossa il suo mitico tubino nero senza maniche che le sta benissimo, il capo spalla per cui ha speso una fortuna quando ancora avevamo due stipendi che entravano in casa. Un paio di sandali con il tacco alto, chignon e collana di perle completano il look.

Dopo una vita che aspettiamo impalate al cancello con le torte in mano, finalmente qualcuno ci apre. Mi immagino già una cameriera con tanto di crestina sulla testa, e invece appare sulla porta una donna alta e magra con una tempesta di riccioli biondissimi. Abbronzatura da pubblicità. Vestito lungo blu cangiante. Una magnifica collana con un pendente tutto tempestato di strass. Nessun altro gioiello. Sto ancora decidendo se possa trattarsi di diamanti o semplici zirconi, quando la vedo scendere dai gradini in pietra indossando dei sandali dal tacco vertiginoso, con un’agilità da campionessa, quasi portasse delle scarpe da ginnastica. Viene personalmente ad aprirci il cancello, accogliendoci con un sorriso.

- Benvenute! Dovete scusarci, ma oggi si è guastato il cancello automatico! Che tempismo, eh? – così dicendo intanto ci fa entrare e saluta la mamma con un bacio, come fosse una vecchia amica.

- Tu devi essere Clizia! – dice, scandendo il mio nome come una poesia – Sei adorabile, piccola musa.

Solo in quel momento si rende conto delle torte e io vorrei averle divorate tutte mentre la mamma non vedeva. Ma che idea le è venuta di presentarsi da queste persone con due torte? Nemmeno fossimo amici intimi che si ritrovano ad una festicciola! Ho il vago sospetto che la mamma stia pensando le stesse cose e questo mi rende ancora più nervosa. Qualcuno ha una pala per sotterrarmi? Mi sa che anche la mamma pensava a una festa molto meno chic! La signora però ci leva dall’imbarazzo.

- Che profumo delizioso! – esclama, prendendo le torte - È un pensiero molto carino da parte vostra. Venite, accomodatevi.

Dentro ci sono già diverse persone che chiacchierano e bevono da bicchieri dai lunghi steli. Mi guardo in giro ansiosa e mi rilasso un po’, vedendo che i partecipanti sono tanti, delle età più disparate e soprattutto non sono tutti infiocchettati e tirati a lucido.

- Vorrei presentarti le mie figlie, Clizia, ma purtroppo sembrano disperse – così dicendo si guarda intorno e lancia lunghe occhiate alla sala. 
– Scusatemi un attimo, vado a cercarle.

Io intanto mi guardo intorno e mi sembra di essere piombata dritta dritta in un film: siamo nel bel mezzo di un immenso salone con un magnifico soffitto affrescato e le vetrate si aprono su un giardino curatissimo. C’è addirittura un pergolato su cui si arrampicano delle rose magnifiche, un piccolo tavolo tondo in pietra circondato da sedie dagli alti schienali, vialetti ghiaiosi e una statua di un piccolo angelo sullo sfondo. Guardo la mamma a bocca aperta.

- Finirai per slogarti la mascella, Clizia! Chiudi la bocca! - mi prende in giro lei, e sgrana gli occhi come a rispondere alla mia espressione meravigliata.

Esattamente al centro della sala, una scala a chiocciola porta al piano di sopra, dove penso ci siamo le camere, e sul lato opposto a dove siamo adesso s’intravedono delle scale che dovrebbero portare ad una taverna, o almeno così immagino. Proprio da quelle scalette vediamo ricomparire i riccioli ribelli della signora Patrizia. Punta decisa verso di noi e ci raggiunge, dopo essersi fermata a salutare qualche ospite che le rivolge la parola.

- Giorgia, Clizia …- ci chiama, tendendo le mani verso di noi con un sorriso - venite, vi prego, la mia famiglia è nel living. Mio marito sta preparando un cocktail e le mie figlie danno una mano con le tartine. Purtroppo la nostra cameriera, Conchita, è … in vacanza, diciamo … e dobbiamo cavarcela da soli”.

Pensando stia scherzando, scoppio in un’allegra risata, ma lo sguardo stupito della signora mi blocca. Non stava scherzando! Conchita esiste davvero! Non come la nostra cameriera immaginaria Marisa su cui fantastichiamo io e la mamma! 
Seguiamo Patrizia giù per le scale in pietra e … alla faccia della taverna che mi ero immaginata! C’è un vero e proprio salotto, con un lunghissimo tavolo in legno circondato da sedie dallo schienale imbottito, mega tappeti in terra di un blu da andare fuori di testa, mobili antichi accostati a poltrone in pelle moderne e poi un mobile al centro della stanza, anche quello moderno, che separa la sala da una cucina in muratura stile “sono straricco ma in cucina mi piace evocare la mia bisnonna che amava il rustico”. Dal soffitto, qua e là, in punti strategici e studiati, pendono delle luci che fanno pensare ad una cascata di stelle. Oh. Mio. Dio! Allora il salone di sopra per loro è un ingresso?! 
Una piccoletta bionda con i capelli a caschetto ed il visino paffuto sporco di cioccolata si gira verso di noi: sta mangiando un gelato da un’enorme tazza che tiene in bilico pericolosamente sulle ginocchia e in cui rimesta con un cucchiaione degno di un gigante. Ci rivolge un sorriso a duemila denti, anche quelli tutti marroni di gelato. Le altre figlie sono tutte impegnate a spalmare tartine e a preparare caraffe di centrifugati e succhi. Quello che deve essere il marito invece è intento a shakerare qualcosa in perfetto stile barman. Tutti interrompono le loro occupazioni e ci vengono incontro.

- Lei è Letizia, la più piccola – comincia le presentazioni la padrona di casa – e loro invece sono Allegra, Serena, Gaia, Gioia e mio marito Andy. Vi presento le nostre nuove vicine, Giorgia e Clizia.

Cinque mani si protendono a stringere le nostre, mentre cerco di abbinare i nomi alle persone che mi sono state presentate! Accidenti! Mi sono già dimenticata chi è chi. L’unico facilmente identificabile è il marito, ovviamente: la risposta italiana a Richard Gere, cavolo! Ci assomiglia da morire: magnifici capelli grigi-brizzolati, occhi intensi, camicia rosa pallido su cui spicca un’abbronzatura da manuale. Ci irradia con il suo sorriso smagliante.

- Complimenti. Avete una bellissima famiglia e una casa magnifica! – esclama la mamma, per rompere l’imbarazzo che si sta creando.

- Grazie. È stato il mio nonno a far costruire questa casa, noi l’abbiamo solo rimodernata un po’, non è così Andy?

- Mia moglie è troppo modesta. In realtà ha dato a questa villa un fascino particolare, mixando l’antico e il moderno e creando un connubio fantastico, a mio parere. A me piace il design, lei invece preferisce lo stile più vissuto, le tranquille atmosfere dello stile floreale inglese … ecco perché si è innamorata di me: un tipico ragazzo inglese di campagna! – conclude ridendo, mentre ci accomodiamo sulle poltroncine di pelle.

- Oh, adoro l’Inghilterra; ci sono stata da ragazza. Posso chiederle di quale zona è?

- Sono del Norfolk. Patrizia mi ha detto che anche suo marito non è italiano, non è così? Mi dispiace che non sia potuto venire.

- Mio marito in realtà è nato in Italia, ma sua madre era francese … è francese … e … beh, lui aveva un impegno di lavoro stasera.

- Oh, gli affari! Di cosa si occupa suo marito?

Vedo la mamma che si agita sulla poltrona.

- Beh, Pietro è un perito tessile … si occupa di processi produttivi, controllo qualità, tutte quelle cose lì ...

- Interessante – commenta Andy, porgendo alla mamma un calice di prosecco e a me un bicchiere di succo d’arancia.

- Beh, ma voi come avete fatto a conoscervi? – si affretta a chiedere la mamma, per sviare l’argomento lavoro.

- Ci siamo conosciuti in barca a vela. Patrizia era in vacanza e io ero lo skipper! Per me è stato amore a prima vista! Per lei ho lasciato il mare e ho ripreso una vecchia passione che avevo da ragazzo: i cavalli. Abbiamo un maneggio sopra Fiesole.

- Il babbo è matto come un cavallo per i cavalli! - fa la piccina mangiatrice di gelato.

- Letizia! – la riprende la sua mamma con espressione contrariata – non essere impertinente, ti prego!

- Ah, eccetto Gaia, le mie figlie non condividono la mia passione – risponde Andy, dando un’arruffata ai capelli della piccina. – Sono convinto che, se ci mettessero un po’ d’entusiasmo e di sana determinazione, anche in loro potrebbe nascere l’amore per i cavalli … ma loro non vogliono nemmeno provarci, purtroppo …

La più magra delle figlie, credo sia la maggiore, mi guarda facendo roteare gli occhi … oh oh … la mamma, senza saperlo, ha toccato il tasto dolente della famiglia Felicità. Decido di salvare la situazione.

- E lei signora Patrizia, che lavoro fa?

Lei sta per aprire bocca per rispondere, ma il marito la precede.

- Mia moglie fa il lavoro più importante: è un’eccellente madre. Ha il suo daffare a gestire una famiglia così numerosa, ma riesce a destreggiarsi! - conclude, avvicinandosi a lei e mettendole un braccio sulle spalle – Siamo una squadra, noi sette!

- Beh, certo, a tempo pieno faccio la mamma, ma Clizia forse voleva sapere qualcosa di me. Creo gioielli. Ho anche un mio laboratorio, proprio qui, dove …

- Dove non va mai, perché è sempre occupata con noi: la sua tribù – commenta la figlia secca, tenendo le braccia conserte e la testa alta, con lo sguardo rivolto alla madre. Il sorriso della signora Patrizia si spenge quasi al rallentatore.

- Oh, Gioia voleva dire che la mamma è capace di grandi sacrifici per noi! – commenta con leggerezza quella che credo sia Gaia, assestando una manata alla sorella – Perché non mostri alle nostre ospiti il tuo covo, mamma? Sono sicura che a Clizia piacerà un sacco. Anzi, veniamo anche io e Serena con voi – conclude con un sorrisone.

- Perché no? Lo farò volentieri - risponde lei, ma sembra quasi che l’entusiasmo di poco prima si sia affievolito.


Continua ...




"Clizia T. - Lo spessore dei sogni", di Daniela Darone

Foto di Keith Mapeki su Unsplash  


lunedì 20 gennaio 2025

"Clizia T. - Lo spessore dei sogni" - Quattordicesimo capitolo

 


UN INVITO IMPREVISTO


La piazza era inondata di sole e invasa dalla solita folla. Il babbo ci aspettava in un angolo, con le quattro frecce accese. Ci è venuto incontro sorridendo.

- Eccole qui le vacanziere! – ha detto in tono ciarliero, e a vederlo così allegro nel mio cuore si è accesa una speranza. Chissà se quel famoso colloquio era andato bene …

- Ti trovo bene, Pietro – ha detto la nonna, fermandosi a scrutarlo e prendendolo sottobraccio.

- Qualche novità, babbo? – ho chiesto io, trotterellandogli accanto.

- Novità? No, nessuna … ma vedrai che a breve qualcosa si muoverà, ne sono sicuro – si è affrettato ad aggiungere, notando la mia espressione delusa.

- E la mamma? Perché non è venuta?

- È rimasta a casa a preparare il suo tiramisù mondiale.

- Oh, che carina! Per festeggiare il nostro ritorno?

- Beh, non prendetevela, ma non lo sta facendo per voi! Vuole portarlo alla festa di stasera dalle sorelle Felicità! E tu, Clizia, sei stata invitata alla festa! Sorpresona, eh?

Sono rimasta a guardarlo corrugando la fronte.

- Io? Dalle sorelle felicità? No. È escluso, non ci vado. Non le conosco, quindi perché mi hanno invitato? E poi, da sola?

- La nonna ha incontrato la loro mamma, si sono messe a chiacchierare e così la signora Patrizia ha detto che stasera davano una piccola festa per festeggiare il ritorno dalle ferie e rivedere un po’ di amici. Così, sapendo che siamo andati ad abitare a Fiesole, ha pensato molto gentilmente di invitare anche noi.

- Quindi andiamo tutti?

- No, solo tu, la mamma e Therese.

- Oh mon Dieu, non so cosa darei per andarci, ma sono davvero stanca e ho bisogno di riposare un po’. Un’altra notte di bagordi è impossibile da reggere, alla mia età.

- Bagordi? Dove hai portato la mia piccola Clizia? – chiede il babbo, fingendo di essere preoccupato.

- Oh, ci siamo divertite mio caro, mica penserai che siamo andate a nanna con le galline?

- Ma tu, babbo, perché non vieni con noi? – chiedo, mettendo fine alla loro finta schermaglia.

- Stasera devo vedere un amico. Vuole presentarmi un tizio che ha una ditta a Empoli. Può essere che abbia bisogno di un perito tessile … beh, non è niente di sicuro, però non si sa mai.

Dallo specchietto retrovisore gli vedo negli occhi una scheggia di speranza che galleggia e fa capolino in un mare d’incertezza. Speriamo bene, penso fra me e me. Di queste false speranze al babbo ne sono capitate più di una volta e poi, per una ragione o per l’altra, è andato tutto a monte. La crisi ormai ha davvero investito tutti e quasi nessuno nuota nell’oro. Anche cercare un’alternativa è diventato un terno al lotto. Se prima il telegiornale faceva da sottofondo alle nostre chiacchiere e risate, da qualche mese a questa parte di solito vediamo tre telegiornali a pranzo ed altrettanti a cena. Antenne ritte a captare qualsiasi tipo di segnale. Perfino io adesso ascolto con interesse, anche se quando parlano di economia sembra che parlino un’altra lingua. Vorrei solo che tutto tornasse come prima. Vorrei essere ancora così piccola da non capire le notizie dei giornalisti, non saper leggere i titoli dei quotidiani, non origliare i discorsi dei miei genitori quando pensano che io non possa sentire … Erina mi ha detto che anche il babbo di Francesca, una nostra compagna di classe, ha perso il lavoro. Qualcuno dice che quello che stiamo vivendo oggi non è che la punta di un iceberg, e allora io per associazione penso al Titanic e mi sento un gran rimescolio dentro. Voglio solo avere tredici anni, e non pensieri più grandi di me che non so come gestire.

Quando finalmente entriamo in casa, che è inondata da un profumo delizioso, la nonna Annalena mi stritola in uno dei suoi abbracci da “è un po’ di giorni che non ti vedo”. Mi lascio strapazzare, godendomela un mondo. Mi piace essere coccolata!

- Cos’è quest’odorino? – chiedo, fiutando come un segugio e dirigendomi in cucina.

- Ta-daaa! – esclama la mamma, mentre mi sorride con un guantone da forno in mano - torta di mele! Sfornata ora ora dalla famosa pasticcera Giorgia. Vieni a farti dare un mega bacio pezzettina … che bel colore che hai preso al mare!

- Davvero mamma?! Veramente pensavo che …

- Hai preso una splendida tintarella lunare! – risponde, cominciando a ridere di gusto – “in bianca vesta con purpureo lembo, si gira Clizia pallidetta al sole” … Pietro, hai fatto presto a trovarle alla stazione dei pullman?

- Oh, le ho viste subito! Erano le più bianche di tutte! Quasi luminescenti! – rincara la dose il babbo, non soddisfatto nemmeno della citazione di Poliziano della mamma! Faccio finta di arrabbiarmi e cerco di avventarmi sulla torta, ma la mamma mi scaccia con un gesto della mano.

- Ferma là, Clizia! Non puoi mangiarla!

- Perché no?

- I dolci sono per stasera. Ti hanno già detto della festa dalle sorelle Felicità?

- Oh, quello …

- Oh, quello? Sì, proprio così, stasera andiamo da loro.

- Io veramente non ne ho voglia. Non le conosco e poi ci sarà un sacco di gente e mi sentirò in imbarazzo … e poi solo io e te …

- Magari viene anche Therese, no? – chiede la mamma.

- Oh no, cara, io mi arrendo alla mia età. Sono esausta!

- Capisco, non preoccuparti. - La mamma tira un gran sospirone, con la bocca a papera - Stasera. Io e te, Clizia. Ci divertiremo. Lo prometto. Ora riposati, disfai la valigia, doccia, e poi preparazione per essere la più deliziosa Clizia della storia. Che inizino le grandi manovre! La nonna Annalena ti aiuterà – conclude, senza ammettere altre repliche.

- Almeno ci fosse stato lo zio … o magari Cipolla …

- Cipolla è a un festival di giocoleria in Umbria e poi andrà in Germania a trovare la sua famiglia. Lo zio invece ha telefonato: ti saluta. È da qualche parte vicino a Innsbruck. Sembra si stiano divertendo, con quel camper scarcassato … che matti! A proposito, ti ho stampato una mail che ci ha scritto. È in camera tua.

- In camera nostra, vorrai dire – replico, accennando con la testa a nonna Annalena.

- Non fare la precisetta, Clizia! – risponde la mamma. 

Beh, almeno sembra su di morale. Sarà perché le è riuscita la torta di mele? La mamma di solito fa sempre e solo il tiramisù, perché ormai ha il pilota automatico, come dice lei, e può farlo anche ad occhi chiusi. Sfido io! È praticamente l’unico dolce che sa fare. In cucina la mamma ha imparato a fare le sue ricette di sussistenza e si giostra con quelle, compresi i sughi pronti in barattolo! L’anno scorso in verità d’estate aveva aggiunto una variante: il suo nuovo piatto era un ottimo prosciutto e melone! Beh, almeno da quando siamo dalla nonna mangiamo più vario!


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"Clizia T. - Lo spessore dei sogni", di Daniela Darone

Foto di fountain Pen su Unsplash

martedì 7 gennaio 2025

"Clizia T. - Lo spessore dei sogni" - Tredicesimo capitolo

 



TEMPO DI RIPARTIRE



Il giorno dopo ce la siamo presa comoda e siamo arrivate in spiaggia con calma. Strano, ma la litigata con Cinzia mi sembrava già lontanissima e, malgrado lei fosse come al solito nel gruppo, ci siamo limitate ad ignorarci per tutto il tempo. 

Erina ha raccontato agli altri della nostra gita, sperticandosi su quanto ci eravamo divertite e Walter ci ha fatto vedere sul cellulare le foto che avevano scattato in barca. Così finalmente ho visto questo Fabio e devo ammettere che è davvero carino! Come al solito, comunque, lui non era in spiaggia, dato che aveva fissato con i suoi amici per andare in bicicletta. Ha una vera fissazione! O Erina si appassiona alla bicicletta oppure mi sa che lo vede solo di lontano! 

Il resto del pomeriggio è passato fra le ultime nuotate e la novità di Danilo, che ha portato in spiaggia la chitarra. È stato un bel modo per concludere la mia breve vacanza. Ci siamo seduti tutti in cerchio sulla terrazza dello stabilimento e mentre lui suonava abbiamo cantato vari pezzi, sbirciando dal “Canzoniere” quando non sapevamo le parole. Mi sentivo un po’ come in quei film che danno in televisione sui ragazzi degli anni Sessanta: vento tra i capelli, sguardi furtivi fra ragazzi e ragazze, un po’ di malinconia per la partenza imminente. 

Alle sette ho visto dall’alto il cappellone di paglia della nonna. Aveva il volto rivolto alla terrazza e mi faceva cenno di andare. Ho abbracciato Erina e tutti gli altri e ci siamo scambiati le solite raccomandazioni di sentirci, messaggiarci e non far passare un altro anno senza farci vivi. Anche Loretta mi ha abbracciata, con un po’ di imbarazzo, mentre Cinzia se ne stava in disparte, in attesa andassi via. Davide mi ha scompigliato i capelli.

- Ciao Clizia T. – mi ha detto, mentre io annegavo nei suoi occhi. Erano, come al solito, sorridenti, sfrontati, ma anche distaccati e un po’ fraterni, mannaggia a lui. Ho sceso svelta le scale della terrazza, cercando di trattenere le lacrime e ho raggiunto la nonna a corsa, piazzandomi gli occhiali da sole sul naso.

- È ora di andare, praline.

- Già – ho risposto, cercando di dare al mio tono qualcosa di leggero e riordinando le mie cose nello zainetto.

- Pizza o pesce stasera?

- E se andassimo a un etnico? O qualcosa di veloce, stile fast food, schifezze che ammazzano il fegato?

- Decidi tu, chérie, quello che preferisci.

Poi mi ha preso sottobraccio, mentre ci avviavamo lungo la passerella.

– Dopo aver cenato potremmo fare un salto in quella bella libreria sul lungomare: mi piacerebbe regalarti un libro. Poi, mentre torniamo alla pensione, ci fermiamo a vedere i pittori che dipingono le marine, cosa ne dici? Ma poi filiamo subito a letto! Dobbiamo essere riposate per domani. Chissà, qualcosa di bello potrebbe capitarci e dobbiamo essere pronte a coglierlo! Ah. e quelle sorelle felicità? Saranno tornate dalle loro vacanze? È una bella avventura anche tornare a casa, quest’anno. Devi esplorare il posto in cui vivi, calarti in una nuova realtà, conoscere gente nuova … sapessi come ti invidio! – ha concluso la nonna, con gli occhi che le brillavano.

- Mi invidi? Sei la persona più girovaga che abbia mai conosciuto!

- Oh sì, ma ormai sono ferma da un po’ e comincio ad annoiarmi. Ho bisogno di respirare aria di novità, di tanto in tanto.

- E quel signore, cosa ne pensa?

- Uh, se non avessi conosciuto lui, avrei già avuto la valigia in mano! Ecco qual è il problema con i sentimenti: ti legano a persone, luoghi, abitudini. Bisogna esser pronti per farsi intrappolare, altro che! – conclude, arrotolando un fascio di erre irresistibili.

- Beh nonna, non è che tu sia proprio una bambina …

- Oh, io no di certo, ma tu sì, praline.


Il giorno dopo siamo risalite sul pullman e la nonna è risvenuta nel suo solito sonno da viaggio. Io mi sono immersa nel libro comprato il giorno prima con la nonna, facendo rapide interruzioni per leggere i messaggi di Erina e degli altri. Poi ho chiuso il libro e mi sono limitata a guardare fuori, cercando di vedere tutto come un film, senza pensare a niente. Eppure non ci riuscivo: le mie vacanze erano finite e dal momento in cui avessi rimesso piede a Fiesole sarebbe iniziata la vera vita, quella di tutti i giorni, dove sarei tornata a scuola, avrei di nuovo visto la mamma e il babbo arrabattarsi con i curriculum da inviare e i colloqui di lavoro, i preparativi per fare una buona impressione , la ruga pensierosa fra gli occhi della mamma, i sospiri dopo i silenzi, il punto interrogativo gigante che mi stava sempre accanto e che avrei voluto spazzare via con la scopa di saggina che la nonna Annalena usava per il giardino.

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"Clizia T. - Lo spessore dei sogni", di Daniela Darone

"On the road", foto di Daniela Darone

martedì 31 dicembre 2024

"Clizia T. - Lo spessore dei sogni" - Dodicesimo capitolo

 




DUE RAGAZZE E DUE VECCHIETTE



Mentre ce ne stiamo sedute sulle poltroncine del giardinetto antistante l’albergo, aspettando Zoe, mi squilla il cellulare. È Erina.

- Hai preso una felpa e un K-way? Ho sentito dire che le grotte sono molto fredde e umide.

- Sì, grazie. Io e la nonna abbiamo tutto il necessario, non preoccuparti. Allora, state per salpare? – le chiedo, scherzando.

- Sì, fra poco. Davide sta finendo di buttare nel suo zaino un asciugamano e il cellulare. Come sei carina oggi, Clizia.

- Ma … come fai a vedermi? Non dirmi che sei qui intorno!

Comincio a far vagare lo sguardo e all’improvviso la vedo che sbuca fuori come un pupazzo a molla da dietro una macchina parcheggiata in doppia fila: scarpe da ginnastica, pantaloncini, maglietta, una felpa legata in vita e zainetto a righe. Si sbraccia per salutarmi mentre attraversa la strada, ridendo come una matta.

- Ma cosa fai qui? Non mi hai detto che stavate per partire per la gita in barca?

- Ho mentito! Ieri sera, dopo il tuo messaggio, ho fatto il lavaggio del cervello alla mamma per convincerla a farmi venire con te. La mamma è in macchina perché non ha trovato posto. Dobbiamo chiedere alla tua nonna se posso venire con voi.

- Ma la barca? E Fabio? Non dirmi che hai rinunciato per me! -

- Beh, siamo amiche, no? Prima di tutto vieni tu, Clizia, e poi i ragazzi! E poi, se devo essere sincera, alla fine in barca vanno solo Fabio con suo zio, mio fratello, Walter e Danilo.

- Ah ecco … - rispondo, tirandole una gomitata scherzosa – allora non è che hai fatto proprio un sacrificio enorme, eh? E Cinzia?

- Dopo la lotta di ieri è agli arresti domiciliari! - scherza Erina.

- Allora avremo un’altra compagna di viaggio, eh? – ci chiede la nonna, inserendosi nel discorso.

Erina si stringe nelle spalle.

- Beh, solo se non disturbo …

- Sarà un piacere! Andiamo dalla tua mamma per accordarci.

Così ci avviciniamo alla macchina della mamma di Erina. Lei scende sorridendo e porge la mano alla nonna.

- Scusate, ma Erina ha insistito così tanto!

- Nessun problema, anzi ne siamo felici! Torneremo verso le sei. È troppo tardi?

- No, assolutamente. Ripasso verso quell’ora a riprendere Erina. Divertitevi!

Dopo poco che la mamma di Erina è ripartita, arriva Zoe strombazzando. Saltiamo in macchina dopo le dovute presentazioni e ci accomodiamo sul sedile posteriore, mentre la nonna prende posto davanti, accanto alla sua amica.

La giornata promette bene. Il sole è cocente, ma c’è una lieve brezzolina che rende l’aria piacevole e ci incolliamo ai finestrini a guardare fuori, mentre lasciamo la costa per dirigerci verso l’interno. 
La nonna, da vera guida turistica, ha programmato tutta la giornata e ora, con la cartina poggiata sulle ginocchia, si diverte a seguire la strada che stiamo facendo e litiga scherzosamente col navigatore che ci indica il percorso  per Fornovolasco. Intanto, come al suo solito, ci erudisce sui luoghi che stiamo attraversando, aiutandosi con le informazioni che trova sulla guida che le ha prestato Zoe. 
Finalmente, dopo un tempo che ci pare interminabile, arriviamo al parcheggio delle Grotte del Vento. Neanche a dirlo, devono aver avuto tutti la nostra stessa idea, dato che è pieno zeppo. Fortunatamente la macchina di Zoe è piccola e riusciamo a trovare un posticino.

Dopo aver fatto i biglietti, in attesa che parta il nostro gruppo di visita, facciamo un salto al negozietto dove vendono minerali, collane e braccialetti. Al solito la nonna mi legge nel pensiero.

- Allora ragazze, cosa avete adocchiato?

- Difficile scegliere! Sono tutte così belle queste collane! – rispondiamo, senza distogliere gli occhi dagli espositori.

Alla fine compriamo tutte qualcosa. Erina una collanina con varie pietre colorate, dato che non sa davvero scegliere quale le piace di più. Io una collanina di ametista e la nonna e Zoe due collane lunghe “da signora”: azzurra per la nonna, verde per Zoe. Le indossiamo ed usciamo per sederci su una panchina, in attesa della nostra guida. 
Poco dopo il nostro gruppo viene chiamato e ci inoltriamo nella grotta. Cerchiamo tutti di fare silenzio per ascoltare le spiegazioni della guida e facciamo attenzione a non sfiorare le concrezioni calcaree che troviamo al nostro passaggio: il ragazzo che ci accompagna sostiene che anche un lieve tocco le può rovinare. Con delle pile illuminiamo le stalattiti e le stalagmiti che troviamo al nostro passaggio sulla passerella. Qua e là scorgiamo piccoli laghetti, corsi d’acqua ed erosioni particolari.

- Ehi Cli, ti immagini se venisse un terremoto? – mi domanda Erina, con gli occhi spalancati.

- Ma come ti viene in mente?

- Non so … beh, a volte succede … resteremmo sepolte vive, ci pensi?

- Casomai sepolte morte, Erina! E smetti, che mi fai venire l’ansia!

Così è quasi con sollievo che sentiamo la guida che ci avverte che siamo arrivati alla fine del percorso.

Appena uscite ci rimettiamo in macchina perché è già ora di pranzo e non sappiamo esattamente quanto ci metteremo a raggiungere la trattoria dell’eremo. Ci arriviamo che sono quasi le due, ma valeva la pena aspettare! Il santuario ci appare all’improvviso, incastonato nella roccia. Per un sentiero che si inoltra in un boschetto, arriviamo al piccolo ristorante: è una semplice costruzione in legno, da cui proviene un delizioso profumo di arrosto. Il mio stomaco protesta vivacemente! Prendiamo posto ad un tavolo sotto la veranda e ordiniamo. Mi guardo intorno e mi rendo conto, per la prima volta da quando il babbo e la mamma mi hanno dato la triste notizia, che sono davvero rilassata. Ho la mente sgombra, penso solo a quello che sto vivendo ora, senza preoccuparmi di nient’altro: ci sono solo io, con la mia migliore amica, la mia adorata nonna e la deliziosa Zoe. In questo posto si respira calma, pace e serenità. Il tempo sembra dilatato. Mi tuffo con gli occhi nel verde degli alberi che circondano la trattoria, nei volti delle altre persone ai tavoli, origlio i loro discorsi, guardo le loro facce. E sento di essere felice.



Dopo pranzo imbocchiamo di nuovo il sentiero che passa nel bosco, in direzione dell’eremo: la strada è tutta in salita, ma è immersa nel silenzio e qua e là si aprono sprazzi di un bellissimo panorama. All’entrata ci accoglie una sorgente d’acqua fresca e io ed Erina ci fermiamo a bere e a schizzarci, prima di correre fino al parapetto, per ammirare il panorama. Siamo ai piedi di un’impressionante parete a strapiombo: la chiesa del monastero è quasi interamente scavata nella roccia, intervallata da archi, colonne e stucchi. Entriamo e ci sediamo su una panca, facendo scorrere lo sguardo circolarmente e ammirando il lavoro di uomini vissuti molti secoli fa: pensare che abbiano fatto tutto solo usando degli scalpelli è incredibile! Zoe ci racconta la storia dell’eremo: sembra che sia stato edificato nel luogo dove la Madonna apparve a una pastorella, nell’anno Mille.

Pendiamo dalle sue labbra, perché Zoe è una brava narratrice e riesce a tenere viva la nostra attenzione, accompagnandoci anche a vedere la statua di legno di salice raffigurante la Madonna e dilungandosi con altre leggende del luogo. Mi sa che ci stia ricamando anche un po’ sopra, per abbellire il racconto e suscitare la nostra meraviglia, ma è una vera affabulatrice e per un po’ Erina si dimentica perfino di controllare i messaggi sul cellulare!

Quando torniamo alla macchina, la nonna è l’ultima a risalire, dopo aver dato un’occhiata intorno, come a imprimersi bene tutto negli occhi.

- Quale sarà il segreto di tua nonna per mantenersi così in forma? – mi chiede Erina, osservandola con ammirazione.

Mi stringo nelle spalle.

– La nonna dice che le basta passare più ore possibili all’aria aperta, per immagazzinare l’energia della luce. Dice che è questo il suo segreto! – rispondo, guardandola con affetto – ma penso invece che si mantenga così perché è il sole a essere dentro di lei.

Come si fa a non voler bene a Therese?



Continua ...



"Clizia T. - Lo spessore dei sogni", di Daniela Darone


venerdì 20 dicembre 2024

"Clizia T. - Lo spessore dei sogni" - Undicesimo capitolo

 

Grotte del Vento

UNA GITA FUORI PROGRAMMA

Per fortuna, a parte la non edificante lotta pomeridiana, una nota positiva c’è stata: Cinzia non si è fatta più vedere, restando confinata sotto la tenda della sua famiglia, e indossando un paio di occhialoni scuri. Loretta, dal canto suo, si è ben guardata dal restare troppo vicina a sua sorella ed è stata tutto il tempo con il gruppo dei nostri amici, almeno a quanto ci ha detto Walter. Io ed Erina invece abbiamo fatto una lunga passeggiata con la nonna sul lungomare, raccogliendo sassi dalle forme strane e piccole conchiglie.

Mentre camminavamo, rimuginavo sul fatto della gita in barca. Non so se domani, dopo quello che è successo, usciranno in mare oppure no, ma quello che è certo è che non ho nessuna intenzione di farmi vedere in spiaggia. Sicuramente Erina sarebbe contenta di fare un giro in barca per poter stare con Fabio, e va a finire che invece rinuncia per colpa mia, per non lasciarmi sola … poi sai che rabbia vedere Davide che si prepara a farsi portare a giro da quell’oca!

Durante la cena in albergo cerco di farmi venire una buona idea per proporre alla nonna una gita per il giorno dopo.

- Che c’è, Clizia? Sei stanca? L’aria di mare e la lotta ti hanno fiaccata un po’, mia piccola karate kid!

- Non era karate, nonna, era judo … beh, non sono nemmeno sicura che fosse una tecnica perfetta!

La nonna alza le spalle sorridendo e cambia discorso.

- Ti sei messa abbastanza crema solare sul viso? Sei un po’ arrossata. Devi starci attenta, lo sai che ti viene subito l’eritema.

- In effetti mi sa che ho preso troppo sole oggi. Sai, forse…

- Sì?

- Cosa pensi che farà Zoe domani? Perché non le proponiamo una gita e ce ne andiamo da qualche parte? Mica possiamo fossilizzarci sempre in spiaggia!

- Ma siamo arrivate oggi! – osserva la nonna, alzando le sopracciglia.

- Sì, però ti ricordi di quel monastero che volevi visitare gli scorsi anni? Poi non siamo mai riusciti ad andarci!

- L’eremo di Calomini.

- Già! Non è una vita che volevi andarci? Perché non ne approfittiamo?

La nonna sospira, serrando le labbra e dondolando lievemente la testa. Ha capito che in realtà voglio sfuggire a qualcosa. Sulla fronte le scorre un display da cui, senza che parli, posso leggere parte dei suoi pensieri. Sembra sul punto di impartirmi una lezione di buon senso, poi però rinuncia e decide di assecondarmi.

- Ma sì, perché no? In camera ci sono dei dépliant sulle Grotte del vento. Prima gli ho dato uno sguardo, mentre facevi la doccia. Potremo visitare le grotte la mattina e subito dopo andare verso l’eremo. Ho sentito che dovrebbe esserci anche un ristorantino dove pranzare. Cosa ne pensi? Almeno riusciremo a stare via tutto il giorno … che è poi quello che vuoi, dato che hai, diciamo, un accenno di eritema: non è così?

- Sarebbe fantastico – esclamo con riconoscenza – Pensi che Zoe possa venire con noi?

- Oh, quella girellona prenderà la palla al balzo, ne sono sicura! Piuttosto, mi sa che sarà meglio chiamare i tuoi genitori, prima che si faccia troppo tardi.

- Ok. Poi mando un messaggio a Erina per avvertirla che domani non ci siamo.

- Lo sai che adesso so spippolare proprio bene anche io? Ho scoperto una funzione nuova del telefonino che …

- Spippolare, nonna? – le chiedo, sgranando gli occhi.

- Uh! Certo, spippolare! Mi pare un termine così simpatico! Io e Mattia ci mandiamo un sacco di messaggi durante il giorno. Proprio come fate voi ragazzi!

- Uh uh … Mattia, eh? Sarebbe?

La nonna inclina la testa, rimanendo un attimo in silenzio.

- È il mio fidanzato. Ma non dirlo a nessuno: è un segreto! – risponde, facendomi l’occhiolino.





Il cellulare rimane muto, senza il classico bip di un nuovo messaggio. Spero solo che Erina non se la sia presa.



Continua ...



"Clizia T. - Lo spessore dei sogni", di Daniela Darone

Foto di VacanzeinVersilia.com