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lunedì 7 marzo 2016

"Antonio. Punto e a capo!" - ventesimo capitolo


MA CHE HO FATTO?
 

Bartolomeo è appoggiato al muretto del cortile, braccia conserte ed espressione imbronciata. Quando mi vede, non perde tempo e mi viene incontro, deciso.

- Ma ch’aggio a fa’ con te, Tonino?

Dire che rimango impressionato è poco. Intanto, non l’ho mai visto così serio e poi Bartolomeo di solito non si fa scappare nemmeno una frase in dialetto. Segno che dev’essere proprio arrabbiato, e il suo tono non lascia dubbi.

- Ma perché? Che ho fatto? –rispondo, mettendomi subito sulla difensiva.

- E ch’aggio fatt’io? - Mi rifà il verso Bartolomeo. Poi, con un gesto improvviso, si scosta il ciuffo come faceva Gennaro.

- ‘O maestro. Ecco cosa hai fatto!

- Ma che maestro! Gennaro avrebbe potuto essere sincero, io … per me non è cambiato niente!

- Non pazziamo. Le cose sono cagnate. Ti dico solo una cosa: chi nun tene che perdere, arriseca. Pensaci Tonì, quando te ne stai nella tua bella cameretta. Mio fratello ha solo colto un’opportunità, lo puoi capire questo o no?

Non so cosa rispondere e mi limito a fissarmi le punte delle scarpe, cercando qualcosa d’intelligente da dire, ma non mi viene in mente niente.

- Ti saluto Tonì, stammi bene.

In un lampo salta sulla sua bici e sparisce in fondo alla strada. Salgo svogliato le scale di casa. L’allegria di poco prima ha lasciato il posto a una girandola di sentimenti: rimpianto, rabbia, tristezza.

- Non era Bartolomeo quello con cui parlavi? – mi chiede la mamma non appena entro in casa.

- Uhm.

- E’ così cresciuto! Era un po’ che non lo vedevo! Si è fatto proprio un bel ragazzo.

- Uhm.

- Che loquacità! E’ venuto per Gennaro?

- Già.

- Beh, penso proprio che forse dovresti fare un salto a casa loro questo pomeriggio …

- Cosa? Oggi devo rimettere a posto la mia stanza. Il babbo ha detto che sembra sia scoppiata una bomba in camera mia.

- Oh sì, il babbo ha ragione. Ma penso tu possa rimettere a posto anche quando torni. E poi ho una felpa di Clo a cui devo cambiare la cerniera: sai come sono imbranata nei lavori di cucito. Ho proprio bisogno della mamma di Gennaro! Gliela porteresti? Ah, e porta con te anche Clotilde, che è tutto il giorno che chiede di te. Almeno può giocare con la sorellina di Gennaro, mentre siete lì. Bisognerebbe proprio che la mamma di Gennaro mi facesse subito la riparazione, se può …

- Mamma, ma sei sicura? Non mi hai mai affidato Clo! Ti fidi?

- Oh, alla fine, bisogna pur crescere! Tienila sempre per la mano, capito? SEM-PRE! E poi aspetta che il semaforo sia rosso per le macchine e guarda lo stesso che le auto siano tutte ferme prima di attraversare. HAI CAPITO? Guar-da- re sem-pre.

- Va be-ne!

- E non fare tanto lo spiritoso!

La voce gracchiante del citofono risponde subito allo squillo del campanello. Mi sa che la mamma ha avvertito del nostro arrivo. Meno male che Gennaro sta vicino, perché la manina di Clo è talmente sudata che rischia di sgusciarmi da un momento all’altro. In realtà, non so se sia la sua di mano a essere sudata o la mia. Ho il cuore in gola, tanto mi batte forte. Chissà come mi accoglierà Gennaro?

- Vieni Tonì. Come sono contenta di vederti! – la mamma di Gennaro mi abbraccia stretto, levandomi il respiro - Che piacere, che piacere … vieni che ho fatto le sfogliatelle alla ricotta che ti piacciono tanto. Che combinazione fortunata. Iih, e guarda ‘sta piccolina, com’è cresciuta! Madonnuzza santa. Rosalinda! Ci sta Clotilde.

Le due non perdono tempo, si prendono per mano e filano subito in camera a giocare.

- La mamma mi ha detto di portarle la felpa di Clo: si è rotta la cerniera. Sarebbe possibile sistemarla subito, se non è troppo occupata? – le chiedo, mentre tendo le orecchie per scoprire se Gennaro è in casa o no.

- IIhh, ma certo, ma certo – e poi, come se avesse capito, si affretta ad aggiungere – Gennaro non c’è. Sta all’allenamento.

- Ah – rispondo, con un misto di sollievo e delusione.

- Però c’è Bartolomeo di là che studia. Iih, che bravo figlio che è. Vai vai, almeno si distrae un po’. Sempre sui libri, che va a finire che si sciupa gli occhi. Vai, vai …

Entro, quasi in punta di piedi, nel piccolissimo salotto, che è anche la camera di Bartolomeo. Lo trovo sprofondato nel divano, con un sacco di fogli sparsi intorno a lui.

- Ciao – mormoro appena.

- Antonio! Ciao! – mi risponde lui alzando gli occhi. Sono limpidi e allegri, senza traccia di risentimento e questo mi fa tirare un sospirone di sollievo. Pensavo ce l’avesse con me.

- Scusami per prima, Antonio. Ma è solo che non ne potevo più di vedere Gennaro malinconico. Vi siete comportati tutti e due come due scemi, scusa se te lo dico. Però ora sarebbe il caso di farla finita, no?

- IIh … Bartolomeo, Tonì … acqua passata non macina più … - sentiamo la voce della mamma che ci raggiunge dalla cucina.

- Mamma ha le orecchie bioniche! – mi fa Bartolomeo, mentre alza gli occhi al cielo e si alza per chiudere la porta.

- Sì, fa parte della loro dotazione di base. Se è per questo, hanno anche occhi dappertutto: guarda caso la mia mamma prima ti ha visto sotto casa nostra … – gli rispondo sorridendo. Poi mi rifaccio serio e decido di chiarire con Bartolomeo.

- Ma perché mi hai detto che Gennaro ha colto un’opportunità?

Mi guarda sgranando gli occhi per la sorpresa.

- Ma allora non sai davvero niente! Quel pesce arrosto di mio fratello non sa proprio spiccicare parola!

- Beh, non è che gli abbia dato l’opportunità di spiegarsi …

Ci pensa un po’, aggrottando la fronte e con gli occhi al soffitto. Sembra debba riordinare le idee.

- Allora, da dove comincio? Beh, quando siete andati a fare la prova di baseball l’anno scorso, ti ricordi? Gennaro tornò tutto felice, perché era stato bravo … ma poi papà gli chiarì subito che non ci potevamo permettere di iscriverlo, lo sai, no? Ma due giorni dopo ci vedemmo arrivare in casa l’allenatore. Aveva preso l’indirizzo da quei moduli che avevate compilato … e insomma, ci venne a suonare il campanello, chiedendoci se avevamo deciso qualcosa … e allora papà chiarì subito le cose e lui provò a insistere … ma poi si rese conto che era tempo perso … non è che uno vive in cinque in una casa così piccola perché gli piace stare stretto stretto, no? E Gennaro ci restò male e pure un poco si vergognava, si vedeva, ma capì che non era il caso di insistere, perché mica è scemo, lo sa anche lui come stiamo … e dopo qualche giorno, mentre eravamo a cena, risuonò quel tizio e papà quasi perse la pazienza all’inizio, perché mica gli piace che la gente venga a metterci in testa strane idee … e poi a papà dispiaceva, perché vedeva che Gennaro ci teneva, ma che doveva fare se non quello che già sta facendo di spaccarsi la schiena tutti i giorni? E poi quello invece se ne venne fuori che ci aveva pensato, che Gennaro aveva la stoffa e che nessuno si poteva permettere di non dargli una possibilità … e dato che lui non aveva figli, era rimasto solo e aveva solo la passione del baseball al mondo … beh, ci disse che gliel’avrebbe pagata lui l’iscrizione. E papà fece per protestare, perché non vuole che qualcuno ci illuda per niente o per capriccio e magari poi ci ripensi, ma quello continuò a insistere perché la squadra non andava tanto bene e un tipo come Gennaro, allenato a dovere, gli poteva risolvere il campionato … insomma, alla fine papà guardò mamma, lei lo guardò negli occhi e papà disse di sì e Gennaro scoppiò a piangere di felicità. E così cominciò ad allenarsi, senza lasciare però anche gli allenamenti di atletica, perché non sapeva come dirti che voleva smettere. Mi diceva che tutte le volte che provava a parlarti del baseball, tu sbuffavi e allora ha rimandato e rimandato fino a quando non lo hai scoperto. Ecco perché era sempre così stanco ad atletica: aveva appena finito gli allenamenti di baseball! Sfortunatamente erano negli stessi due giorni!

Rimango un attimo in silenzio, dopo la lunga e concitata spiegazione di Bartolomeo, e anche lui si mette zitto.

- Non so che dire. Sono stato proprio uno scemo, mi sa – mormoro, dopo un po’.

- No. Siete stati proprio due scemi al quadrato, tutti e due. Anzi, elevati alla massima potenza … io lo capisco mio fratello, cerca di capirlo pure tu. Guarda me per esempio: perché pensi che studi così tanto? Mi voglio fare una posizione e stare meglio quando sarò grande. Non mi fraintendere … non cambierei mai i miei genitori, ma voglio una vita diversa, migliore, senza stare a fare tanti conti per arrivare in fondo al mese … e poi per fortuna mi piace pure studiare, come dice mamma ho un gran cervello e sarebbe un peccato non sfruttarlo. Fai fruttare i tuoi talenti, mi dice sempre.

- Antonio! Ho finito con la cerniera. Vieni in cucina che ti mangi una sfogliatella – la voce della mamma di Bartolomeo ci raggiunge.

- Vai vai, che devo studiare adesso. Ah … Antonio … Gennaro gioca sabato pomeriggio alle quattro, al campo qui vicino … se t’interessa, vedi tu.

Poi mi spinge fuori dal salotto e chiude la porta.