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martedì 24 novembre 2015

"Antonio. Punto e a capo!" - sedicesimo capitolo


UN REGALO A SORPRESA
  

Quando sono tornato a casa, ho trovato sulla mia scrivania un quadernone con la copertina celeste e con delle api gialle: avevano gli occhietti vispi e simpatici.

Sopra c’era un bigliettino di babbo e mamma:

Dato che è da un po’ di tempo che è difficile parlare con te, abbiamo pensato di regalarti questo quadernone: potresti scriverci i tuoi pensieri, cosa c’è che non va e tutto quello che invece ti rende felice. Come fosse un tuo personale totem della felicità … Crescere vuol dire anche imparare a confrontarsi con problemi diversi. L’importante è fare sempre le cose con amore. Forse alla fine di ogni giornata potresti trovare il senso di tutto quello che ti è successo scrivendo: “Oggi ho imparato che …” e aggiungendo una tua personale riflessione, acuta e pungente come le api raffigurate sul quadernone! Speriamo che questa idea ti piaccia!

Ti vogliamo bene, Babbo e Mamma.

Ho pensato che il biglietto mi aveva:

a)  fatto piacere

b) imbarazzato

c)  complicato per un momento la vita, perché non sapevo se dovevo dire qualcosa o fare finta di niente a cena.

Ho aperto il quaderno e ho scritto:

OGGI HO IMPARATO CHE A VOLTE LE SORPRESE TI FANNO PIACERE, MA TI CREANO ULTERIORI PROBLEMI CHE PRIMA NON AVEVI …

Beh, non era molto acuta come riflessione, ma per iniziare andava bene ... Rimanendo a fissare il foglio, mi sono venuti alla mente mille altri pensieri confusi, che mi hanno riempito il cervello … come quando guardi le onde del mare e provi a contarle, ma alla fine non ne puoi più, perché sono interminabili … e nonostante tutto, sentivo che qualcosa d’importante continuava a sfuggirmi, non voleva farsi acchiappare … fissando i quadretti del quadernone, mi è venuta alla mente un’immagine: quella di me e Gennaro in riva al mare, l’estate scorsa. Una domenica ero andato al mare con la mia famiglia e Gennaro era venuto con noi. Ricordo com’eravamo felici di poter passare un intero giorno insieme, e durante tutto il viaggio avevamo cantato ininterrottamente e raccontato un sacco di barzellette. Le risate riempivano l’abitacolo della macchina … Appena arrivati sulla spiaggia, eravamo andati a riva, a caccia di conchiglie. Cercavamo di prenderne una che avevamo intravisto e che ci sembrava bellissima, ma tutte le volte l’onda era più veloce di noi, e non riuscivamo ad afferrarla: la sabbia la nascondeva, poi quando l’onda si ritirava, la scorgevamo di nuovo che si rotolava sospinta nell’acqua. La seguivamo affannosamente con gli occhi per non perderla, ma quando tuffavamo la mano, l’onda era di nuovo tornata a rimescolare tutto … affondavamo le mani nella sabbia, alla cieca, ma nelle nostre mani restavano solo piccoli sassolini e conchigliette … Alla fine io e Gennaro l’avevamo presa, tuffando le mani nello stesso punto. Avevamo diviso la conchiglia ambita, spezzandola, e ognuno di noi la custodiva appesa a un filo attaccato al letto. Eccola lì, infatti, adagiata come sempre alla spalliera ...


Finalmente la confusione nel mio cervello svanisce. Come se qualcuno avesse soffiato via una polvere, adesso vedo chiaramente cosa c’è che non va. Riprendo la penna in mano e senza pensare scrivo:

OGGI HO IMPARATO CHE GENNARO MI MANCA, ANCHE SE FACCIO FINTA DI NIENTE CON TUTTI, PERFINO CON ME STESSO. E CHE L’ATLETICA NON MI PIACE PIÙ E NON CI VOGLIO PIÙ ANDARE, ANCHE SE SONO BRAVO. MA CHI SE NE IMPORTA SE SONO BRAVO SE NON MI DIVERTO PIÙ? E POI, HO PAURA DI RESTARE SOLO. E PAURA CHE NON AVRÒ MAI PIÙ UN AMICO COME GENNARO. E VORREI AVERE PASSIONE PER UN ALTRO SPORT ED ESSERE BRAVO, MA NON SO QUALE SPORT POTREI FARE E POI VORREI ANCHE CHE IO E GENNARO FOSSIMO DI NUOVO AMICI, MA ORMAI SONO PASSATI COSÌ TANTI GIORNI CHE HO PAURA CHE LUI A QUESTO PUNTO NON VOGLIA PIÙ E

- Antonio! Vieni a tavola: si mangia!

Vedo la testa della mamma che fa capolino dalla porta. Il suo sguardo si posa sulla scrivania e sul quadernone aperto, ma fa finta di niente e distoglie subito lo sguardo.

- Arrivo! - le rispondo, affrettandomi a chiudere il quaderno. Poi mi alzo e le appioppo un abbraccione, che spero le faccia capire che sono contento del regalo. Lei mi risponde con una strizzatona da “attacco spaziale”, come la chiamiamo noi.

- Andiamo, che si fredda tutto sennò.

 

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