IL CUORE STRETTO DA UN LACCIO
Qualcosa di morbido mi centra in piena faccia. Paf! Apro gli occhi: Erina mi sorride. Scosto il cuscino che mi ha tirato e mi metto seduta.
- Sveglia, dormigliona! Ti sei addormentata come un angioletto! Aveva ragione mio fratello!
Ecco, sì, meno male che dovevo chiudere gli occhi solo un attimo! Sarà che in tutti questi giorni sono sempre andata a letto tardi, rimanendo sveglia a chiacchierare in giardino con nonna Annalena e nonna Therese. Sarà che ieri praticamente mi sono buttata giù dal letto all’alba, dato che c’era una confusione in casa che sembrava di essere al mercato …
- Beh, potevate pure svegliarmi.
Erina fa spallucce.
- Dai, avevamo capito che non ti andava di vedere quel film.
- Com’era?
- Mah … bello, credo.
- Cioè bello come? Qualcosina in più?
- Finisce male, o forse bene … non so … insomma, alla fine non sono più amiche, succede un casino … se vuoi te lo presto, ma forse non è una buona idea … insomma, vedi tu … poi, ora che ti ho detto il finale … magari hai fatto meglio tu ad addormentarti!
Mi mordo il labbro. Non so perché mi sento un po’ a disagio: è assurdo essere a disagio con Erina, è una cosa impossibile. In lei c’è un tono allegro, ma un po’ nervoso: mi sembra quasi di veder andare il suo umore in altalena. C’è qualcosa che la infastidisce e che cerca di scacciare. Forse è rimasta male perché mi sono addormentata. Prendo la custodia del DVD e rimango a fissare queste due coi piercing.
- Ok, se non ti scoccia lo prendo. Mi dispiace però: è un regalo di compleanno!
- Tanto l’ho visto ieri, mica lo riguardo in questi giorni! – risponde Erina alzando le spalle – e poi mi eviti il problema di doverlo nascondere.
- Beh, non basta metterlo qui sullo scaffale, insieme ai libri?
- Figurati! La mamma come lo vede si mette a ficcare il naso, vuole sapere cos’è, magari lo guarda … poi se si ricorda il titolo parte un interrogatorio sul perché l’ho visto, dato che lei mi aveva detto che non era adatto a me!
- E allora?
- Non è un film da genitori, poi entrano in paranoia e cominciano a stressare. È un po’ forte …
- Forse invece, da una parte … - comincio io, mentre la aiuto a riordinare la stanza devastata.
- Da quale parte, Clizia? Lo sai che non si può parlare di certe cose coi genitori. Non sono preparati, farfugliano, elimini problemi a tutti se eviti di affrontare temi imbarazzanti …. Gli adulti non vogliono sapere, preferiscono pensare che i problemi, casomai, riguardino i figli degli altri. È inutile. Meglio parlarne con gli amici.
Oh, ecco. Zac. Una frase banale, però un colpettino me l’ha dato. Meglio parlarne con gli amici, ha detto. Non ha detto “meglio parlarne con te, Clizia”. Forse ne parlerà con Grazia. Lei è più grande, può darle un punto di vista diverso. O con suo fratello.
- Ma forse potresti dare una chance ai tuoi, no? Voglio dire, nessuno ha la loro esperienza. Se ne parli con gli amici e basta, cosa vuoi che ti dicano di nuovo? Secondo me va a finire che continui a specchiarti nei soliti discorsi, perché nessuno ha le idee chiare.
- Certo, può essere, specie se un’opinione non te la vuoi fare.
- Che vuoi dire?
- Ma niente, dai – mormora, scuotendo la testa – è una scemenza.
- Allora dimmelo, se non è niente.
- È che insomma, pure tu ieri ti sei messa a fare un po’ la difficile. In fondo era il mio compleanno, avrò avuto il diritto di decidere come passarlo, no?
- E non l’hai fatto?
- Sì, ma si vedeva che a te non andava di vedere il film, e alla fine mi hai guastato un po’ l’atmosfera. Era tanto che lo volevo vedere, credevo fossi contenta pure tu, e invece hai preferito addirittura addormentarti! Messaggio chiaro, no?
- Non l’ho fatto apposta! Ero solo stanca.
- O non volevi che il film ti portasse sulla cattiva strada … guarda che alla fine pure tu ieri hai rubato un lucidalabbra … e poi ti metti a fare quella che si fa problemi per vedere un film!
- Guarda che l’hai rubato anche tu!
- Certo, ma di chi è stata l’idea? Anche Tracy ruba nel film, ma solo per imitare Evie!
Altro cazzotto. Mi arriva bello forte allo stomaco. Forse è così potente perché è la verità. Erina smette un attimo di riordinare la stanza e mi guarda, attirata dal mio silenzio. Ha la faccia preoccupata e tesa. Capisco che le dispiace. Non voleva farmi male.
- Clizia … scusa. Mi sento uno schifo, scusa. È che non ho dormito bene stanotte: quando è finito il film ero agitata e ora sono un po’ nervosa – mormora. Si avvicina, mi abbraccia. Scusa, scusa, scusa, continua a mormorare sui miei capelli.
- Non fa niente. Hai ragione. Scusa tu. Ho fatto proprio una cavolata ieri. E l’ho fatta fare anche a te. Bell’amica che sono! E poi tu non avevi nemmeno bisogno di rubarlo. Scommetto che i soldi per comprarlo ce li avevi!
Mica è così che mi ero immaginata questo compleanno. Non è così che volevo che andasse.
- E Grazia? Gli altri? – chiedo, per rompere il silenzio. Erina sembra si sia ripresa e sia decisa a cambiare umore. Mi sorride.
- Massimo e mio fratello sono a fare colazione. Grazia è andata via: aveva da fare. Sono le nove, principessa! Anche i miei sono già usciti per andare al lavoro. Che fai, rimani con noi anche oggi? Ci mangiamo un panino a pranzo e andiamo in giro: ho giusto i soldi del regalo di compleanno dei nonni da spendere.
- No, mi dispiace, ma devo tornare a casa. La nonna partirà a breve e voglio stare un po’ con lei. Chissà poi quando la rivedrò!
- Salutala da parte mia. Dai, andiamo a fare colazione e poi chiami quel bel tipo.
Rotea gli occhi spazientita a vedere la mia faccia perplessa.
- Intendevo tuo zio!
- Erina! Ma è vecchio! Mica ti piace?
Lei sorride maliziosa e non risponde nulla.
A mezzogiorno, dopo esserci spalmate litri di latte detergente per togliere via tutto il mascara e il trucco, siamo giù in strada, e mentre aspettiamo lo zio il cielo si fa improvvisamente scuro. Poco dopo il classico temporale estivo ci costringe a rintanarci dentro al portone. Lo sapevo che Trappolino non sbaglia mai: se fa pipì in Arno vuol dire che piove. L’acqua picchia violenta sull’asfalto e schizza i passanti frettolosi e i poveretti in motorino. Ogni tanto mi affaccio a vedere se lo zio sta arrivando e infatti, dopo poco, lo scorgo all’angolo. Cammina frettoloso, a testa china, un grosso ombrellone nero lo ripara. Mentre si avvicina non è che abbia proprio l’espressione delle grandi occasioni, ma forse non dipende da noi, dipende dal tempo. Erina scuote la testa e fa ondeggiare i suoi capelli, gli sorride con un sorriso fra il timido e il festoso. Sembra un sorriso nato da labbra indecise.
- Buongiorno ragazze.
- Ciao – diciamo quasi in coro io e Erina.
- Andiamo?
Mi affretto ad abbracciare Erina, dandogli due bacini sulle guance.
- Ci vediamo presto – le bisbiglio. Mi sento un po’ stupida, perché fingo un’allegria che in realtà non provo. Ho il cuore stretto da un laccio che non fa troppo male, ma nemmeno bene. Mi piacerebbe poter dire qualcosa o vedere sul viso di Erina qualcosa di preciso, ma non so cosa. Non mi resta che sorriderle, e andare via così. A mezzo. Come una cosa lasciata a mezzo. Penso al DVD che ho finto di dimenticarmi sul tappeto. Che strano, in due giorni questa è la seconda volta che mi sento a disagio con due persone con le quali sono sempre stata affiatata. Prima con Erina, ora con lo zio. Non so cosa dire, come riallacciare la cosa, riafferrare quel filo che ieri mi è sfuggito di mano.
- Erina è cambiata – fa lo zio, rompendo il silenzio, con voce neutra, come constatasse che sta piovendo.
- Già! Hai visto come è cresciuta?
- Non intendevo quello … intendevo dire che mi sembra cambiata.
Aggrotto le sopracciglia.
- Figurati, zio! In tre secondi pensi di aver già capito tutto!
Mi lancia un’occhiata e rimane zitto.
- Forse era meglio se ti levavi tutto quel trucco dalla faccia con più attenzione, prima di uscire di casa … sono rimaste delle tracce qua e là.
Wow. Se fa così con i ragazzi ai quali insegna, immagino debba essere un prof. molto, molto amato!
Come torniamo a Fiesole, l’acquazzone finisce e spunta un sole promettente.
La mamma è andata al lavoro, il babbo è intento a riparare un rubinetto che perde e le nonne sembrano distrutte, mentre riordinano la cucina.
- La mamma ha voluto cucinare un po’ di tutto in questi giorni – mi fa la nonna, sorseggiando un digestivo - Abbiamo congelato un sacco di roba da mangiare, il che potrebbe essere anche una buona notizia, visto che stasera torna Cipolla, ma il fatto è: sarà davvero commestibile?
- Che esagerata, Annalena! Mais certainment!
- Il tuo solito ottimismo, Therese. Clizia, ti va una fetta di torta di pesche? Ti avviso che noi non l’abbiamo assaggiata … - mi fa la nonna, continuando a bere il digestivo.
- È andata proprio così male? – mormoro io, aggrottando le sopracciglia.
- Tesoro mio, non si diventa cuochi in due giorni! In più Gioia è vegetariana, e questo complica le cose: si tratta di gestire due menu differenziati. Mi spiego? – mi chiede la nonna, sollevando il sopracciglio in gesto d’intesa.
- Giorgia sera très bonne! Ah … ho una sorpresa per te, praline. Stasera andiamo a vedere un balletto al Teatro Romano. Sono riuscita a trovare tre biglietti: ho invitato Serena a venire con noi, così passate un po’ di tempo insieme e fate amicizia prima che inizi la scuola! A proposito, ma non dovevi andare con lei in segreteria per sapere in quale sezione sarai?
- Peccato che Serena sia sempre occupata con le lezioni di danza!
- Uhm … e com’è andata ieri sera?
- Bene – rispondo, lanciando furtive occhiate allo zio, che sta assaggiando la torta di pesche.
- Bien bien – risponde la nonna – e credo ci sia anche stata una seduta di manicure - conclude, prendendomi le mani per ammirare l’opera di Grazia. Lo zio mugugna e io ho una gran paura che abbia tutte le intenzioni di vuotare il sacco. Non so come chiedergli se spiattellerà tutta la faccenda. Meglio non pensarci e cercare di essere il più accomodante possibile.
- Che ne dite se apparecchio? Visto che avete lavorato in cucina fino a ora, sarete distrutte. Perché non vi riposate un po’? Nonna, pensi che potremo mangiare in giardino?
- Oh no, Clizia! Con tutta l’acqua che è venuta, meglio di no. Apparecchiamo in sala.
- Ok – e mi dirigo svelta alla piattaia, per impilare le scodelle necessarie e prendere la tovaglia dal cassetto.
- Aspetta, Clizia – mi dice nonna Annalena – vieni qui, aiutami a tirar fuori il servito dal mobile.
Aggrotto la fronte. Il servito, per la nonna, è il mitico Richard Ginori dell’anno del Signore 1960, come dico sempre io prendendola in giro. Il “servito buono”, quello che tira fuori per Natale e forse in qualche altra ricorrenza speciale per “pranzare in pezzi di antiquariato”, come sostiene la nonna. Cos’è questa idea di usarlo oggi? Mi porge i piatti con un’attenzione degna di un cerimoniale. Li appoggio sul mobile in attesa di istruzioni. Siamo davvero sicuri che li vorrà mettere in tavola?
- Eh, già, un’altra cosa … la tovaglia … la tovaglia del mio Augusto …
- Scusa nonna, mica cerchi la tovaglia ricamata, quella del fidanzamento?
- Quella, quella …
- Ma cosa festeggiamo? Mi sono persa qualcosa?
La nonna interrompe la sua ricerca e tira fuori la testa dall’anta del mobile. Mi guarda da sotto in su, prende un bel respiro ed espira rumorosamente.
- Festeggiamo che siamo insieme, in salute … e Therese … e il ritorno del mio Dario dalle vacanze … e il nuovo lavoro di Giorgia … quanto chiacchieri bambina, datti da fare! Mi è venuto in mente che è nell’armadio, in camera nostra. Via, sorti di torno, fammi passare.
Va via trotterellando e mi fa cenno di seguirla. Quando arriviamo in camera, si sofferma vicino al cassettone e passa una mano su una scatolina di lacca. Mi fermo dietro di lei. Non so cosa dire, perché sento che c’è qualcosa nell’aria. Si volta a guardarmi e apre la scatolina. Solleva delicatamente, fra due dita, una lunga catenina d’oro con un ciondolino a forma di coccinella. È d’oro bianco e giallo e la piccola coccinella smaltata sembra faccia l’altalena racchiusa in un cerchietto. Mi è sempre piaciuta e la nonna lo sa: quando ero piccola ogni tanto io e la nonna, quando venivo a trovarla d’estate, andavamo sul letto a riposarci dopo pranzo e lei mi mostrava il contenuto delle scatoline che teneva sul cassettone. Prima che possa aprire bocca, mi aggancia la catenina al collo. Sono sorpresa. Gliel’avevo chiesta più di una volta e non aveva mai voluto regalarmela.
- Ecco qui. Spero ti piaccia ancora. Ho pensato che fosse arrivato il momento di dartela.
- Ma nonna … - mormoro.
Sospirando fa un passo indietro per vedere come mi sta.
- Ti sta bene, Clizia, ma ricorda che è molto fine, la devi trattare con riguardo, altrimenti si romperà e la perderai. E sarebbe un vero peccato.
- Ma nonna … - ripeto, aggrottando la fronte, un po’ preoccupata – mi dici cosa sta succedendo? Prima il Richard Ginori, poi la tovaglia del nonno, ora la collanina …
- Lo zio mi ha detto che ieri hai rubato, Clizia.
Mi sento arrossire d’un botto dalla radice dei capelli e l’imbarazzo mi blocca la lingua. Lei abbassa gli occhi, che prima teneva fissi su di me: mi sta concedendo una tregua. Non c’è giudizio nel suo sguardo, ma nemmeno comprensione. È uno sguardo neutro, che mi spiazza.
- E siccome ho … - mi si inceppa la voce, ma poi continuo buttando giù un groppo di saliva - … rubato, tu tiri fuori il Richard Ginori e tutto il resto … - concludo, con un vago gesto della mano, non capendo.
- Sì. Ieri sera, quando Dario è tornato a casa, io ero sveglia e ho visto subito dalla sua faccia che aveva un rospo da sputare. Non credere sia stato facile farlo parlare, ma alla fine me l’ha detto … solo a me, però. E se posso levarti dalle spine, ti dico subito che non diremo niente a nessuno. A meno che tu non ci costringa, Clizia, se continuerai ad avere un comportamento stupido come quello di ieri. Però …
La nonna tiene quel “però” come una cantante virtuosa, lo fa durare un secolo.
- … però allo stesso modo ho capito che è stato un gesto di rabbia. O di paura. Non è un momento facile e stai vedendo tutto nero. Ti senti … Dio mi perdoni ... “povera” … è una vergogna anche pronunciare questa parola per rispetto a chi è povero davvero, ma è così che ti senti. E la serata dalle sorelle Felicità non è che ti abbia aiutato, anzi! Hai sentito ancora di più il divario fra te e loro. Questo mi ha fatto pensare che tutti noi abbiamo una scorta di “ricchezze” impensate e inutilizzate e stipandole in questo modo forse non facciamo che offendere il loro valore … a che pro, poi, mi domando – continua, quasi parlando a se stessa, e facendo una piccola pausa. - Ora quindi ho deciso che avrei tirato fuori quelle che sono le mie “ricchezze”, affinché tu potessi goderne e rasserenare il tuo cuore. Il bello intorno a noi eleva, in qualche modo, anche lo spirito. Ma quello che mi preme che tu scopra è il bello dentro di te, le infinite possibilità che hai dentro, la forza e il coraggio di lavorare duro per cambiare quello che non va nella tua vita. Senza che per forza siano babbino e mammina a “salvarti”. Hai quasi quattordici anni, Clizia! Forse dovresti svegliarti un po’. Fatti venire in mente qualcosa di meglio che rubare per ottenere quello che ti manca! Io alla tua età ero già apprendista da una sarta … oh, non fare quella faccia, so già quanto urtano, a voi giovani, questi discorsi …
- No, è solo che io e te, nonna, siamo poco paragonabili … insomma, hai tanti anni più di me e il mondo è cambiato parecchio.
- Sicuramente, ma forse non quanto pensi tu. Ora basta chiacchierare. Aiutami con la tovaglia del nonno: la fece cucire con una delle stoffe più belle che aveva in negozio.
- Ok nonna, ma come spiegherai tutti questi cambiamenti al babbo e alla mamma … e a nonna Therese …
- Alla mia età non ho bisogno di spiegare proprio niente a nessuno, cara mia. Andiamo.
Senza altri discorsi mi spinge fuori dalla camera con la tovaglia fra le braccia e capisco che oggi mi toccherà fare proprio la brava: apparecchiare, sparecchiare con la massima cura e poi aiutare a rimettere a posto il grande disordine che ha fatto la mamma in cucina. Già, la mamma … chissà come se la sta cavando?
Continua ...
"Clizia T. - Lo spessore dei sogni", di Daniela Darone
Foto di Mark Boss da unsplash.com
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